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April 1, 2012
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Monti come Obama?

Franco PantarellibyFranco Pantarelli
Time: 4 mins read

Un accostamento di Barak Obama e Mario Monti suona subito un po’ osceno, mi rendo conto. Che potrebbero mai avere da spartire il brillante primo presidente americano nero e il sobrio primo capo del governo italiano "nominato"? Ma l’accostamento che intendo fare non si riferisce alle loro personalità, ai loro modi di agire, ai loro caratteri, alle storie delle loro vite, ai risultati che ottengono o magari al consenso che riescono o no a suscitare. Quelle sono tutte cose che riguardano esclusivamente ciò che quei due uomini sono e sarebbe difficile trovare somiglianze o analogie, ammesso che valesse la pena cercarle.

L’accostamento che intendo fare, invece, si riferisce esclusivamente al modo in cui sono stati accolti i loro rispettivi ingressi alla Casa Bianca e a Palazzo Chigi. Obama – lo ricorderete – ottenne perfino il Premio Nobel per la pace, senza che avesse ancora avuto il tempo né di compiere un gesto, né di pronunciare una parola di pace.

E quanto a Monti, il giorno in cui il presidente Napolitano lo designò, la Piazza del Quirinale si riempì di gente festante che non abbandonò i canti e i balli fino all’alba.

Ma il loro trionfo era – come dire? – in negativo. Il Premio Nobel a Obama era scaturito dalla gioia che alla Casa Bianca non c’era più George Bush, il presidente che aveva "inventato" una guerra priva di qualsiasi senso, condannando a morte migliaia di persone; che aveva serenamente ignorato la tragedia di New Orleans finita sotto l’acqua; che non mostrava nessun interesse per la vita dei suoi concittadini; che non risultava aver mai letto un libro; che a un certo punto cominciò addirittura a pretendere che era stata "la volontà di Dio" a mandarlo alla Casa Bianca e che ancora oggi è oggetto di studio degli storici americani per stabilire se meriti il titolo di peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto. Come non gioire che un presidente del genere sia diventato "ex"?

Anche la gioia "in negativo" che ha accolto Mario Monti è fin troppo ovvia, visto che a uscire da Palazzo Chigi era Silvio Berlusconi, quello che The Economist definiva "unfit"; quello che nelle foto di gruppo degli incontri internazionali faceva le corna; quello che un gruppo della Finanza andò a controllare i suoi conti e lui comprò l’ufficiale che guidava il gruppo; quello per il quale i gemelli della leggenda di Roma allattati dalla lupa si chiamavano Romolo e "Remolo"; quello che ufficialmente non si sapeva da dove venissero i suoi soldi ma i suoi contatti con la Mafia erano evidenti, chiedere a Dell’Utri e Mangano; quello delle "cene eleganti" che in realtà erano festini miserabili e volgari; quello che era diventato lo zimbello dei corrispondenti stranieri in Italia: loro si divertivano, i loro lettori si stupivano e gli italiani si vergognavano; quello che si era fatto votare una quarantina di leggi speciali per impedire alla giustizia di funzionare: senza quelle leggi lui sarebbe in galera da un pezzo. Come non gioire vedendolo traformato in "ex", anche se in Italia mai nulla davvero finisce e mai nulla davvero comincia?

Ma è durata poco, quella gioia. Obama non è stato capace di chiudere Guantanamo; la tortura che Bush aveva legittimato non è stata cancellata; l’embargo a Cuba, che rende gli Stati Uniti ridicoli da oltre 50 anni, non è stato tolto; i colpevoli delle frodi che hanno provocato la crisi finanziaria non sono stati puniti, anzi hanno ricevuto soldi dallo Stato.

Oggi, difficilmente Obama otterrebbe il Premio Nobel. E Monti? Poveretto! Nei primi giorni lo si era sentito dire cose piene di buon senso, dettate dalla "forza della realtà", e lo stesso facevano i suoi ministri, tutti esperti dei settori che andavano a "coprire", a differenza dei ministri politici che di solito non sanno nulla di che cosa si tratta. Ma è bastato poco perché a fiorire fosse la "forza della chiacchiera". Una ministra decreta licenziamenti di migliaia di persone, ma piange.

Un sottosegretario particolarmente stupido se n’esce con un "chi si laurea a 28 anni è uno sfigato". Un altro sottosegretario all’Economia, non fa nulla se non intervenire in vari programmi radio e tv per dire che Berlusconi è buono, bravo, bello e deve diventare Presidente della Repubblica (toccate ferro!). E lo stesso Monti si fa scappare la scemenza che avere un posto fisso "è una noia". Quelli della notte di Piazza del Quirinale sono tutti andati a dormire, che è meglio.

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Franco Pantarelli

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