Di tragici errori giudiziari è piena la storia dei tribunali di tutto il mondo, Stati Uniti inclusi. Ma nel paese di Machiavelli, il paese che ha il record delle leggi (più di 10mila, spesso in contrasto tra loro), si ha l’impressione che ci sia dell’altro. Passano gli anni, anzi i decenni, ed è chiaro che nessuno saprà mai la totale verità sul sanguinoso attentato di piazza Fontana o sul “misterioso” incidente all’aereo dell’Itavia sui cieli di Ustica per non parlare del “delitto dei delitti”, l’uccisione del leader democristiano Aldo Moro.
Adesso alla lista si aggiunge il delitto di via Poma a Roma. Ricordate Simonetta Cesaroni, vero? La povera impiegata venne uccisa più di venti anni fa, per la precisione nell’agosto del 1990, nell’ufficio dove lavorava. Due anni fa, a sorpresa e quando ormai il delitto sembrava archiviato tra i casi irrisolti, viene imputato il fidanzato dell’epoca, Raniero Busco. Nonostante i dubbi dell’opinione pubblica, la giustizia non ebbe esitazioni: colpevole e condannato a 24 anni. Ora spunta una nuova perizia, per di più indipendente cioè non di parte. Grazie ai continui progressi delle tecnologie, oggi si riesce a far “parlare” il DNA quasi in diretta. E le analisi di questa nuova perizia rivelano che sul corpo della Cesaroni ci sarebbero le tracce di ben tre uomini. Vero? Falso? Ovviamente non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che questa storia infinita aggiunge un piccolo tassello, assolutamente non necessario, alla diffusa disistima che spesso si è costretti a provare verso il sistema giudiziario.
DEL RESTO, UN EX MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ha in questi giorni dato una pessima prova di sé. Oliviero Diliberto è stato fotografato accanto a una sorridente e matura signora bionda che indossava la scritta: “La Fornero al cimitero”. Diliberto si è scusato successivamente con la titolare del Lavoro, al centro di una dura battaglia con il sindacato di sinistra per l’articolo 18. «Non avevo visto la scritta». Gli crediamo, perché non dovremmo? Anche se magari ci viene da suggerire che un personaggio pubblico dovrebbe fare più attenzione quando si mette davanti ad un obiettivo.
Ma Diliberto, che non è più parlamentare perché il suo partito non esiste più, spazzato via dagli elettori, ha approfittato per l’insperata occasione mediatica che lo ha brevemente rimesso sotto gli occhi dei riflettori, per accusare proprio la Fornero. Poteva evitarselo. Ma certe persone sono fatte così: non si rassegnano a capire che se il consenso popolare li ha definitivamente bocciati, ci dovrà pur essere un motivo. Vox populi…
NON SONO FEMMINISTA ma penso che Marta Dassù abbia ragione e spero che la sua iniziativa abbia un seguito. L’attuale e battagliera sottosegretaria agli Esteri ha un curriculum di tutto rispetto, macchiato secondo una mia personalissima e opinabile opinione da un solo neo: è stata “consigliere” di Massimo D’Alema (un giorno, se qualcuno me lo chiederà, spiegherò perché considero “Baffino” tra le cause dei mali d’Italia compreso il ventennio berlusconiano). Ma, per il resto, la Dassù ha sempre dato ottime prove di sé. Ora si sta meritoriamente facendo portavoce dell’iniziativa di un’altra donna di carattere: Hillary Clinton. The Women in the Public Service Project punta a rafforzare la leadership femminile nelle varie strutture politiche, nazionali e internazionali.
Alla base del progetto, c’è una cifra inconfutabile: tre. «Metà degli accordi di pace fallisce nel primo decennio, ma soltanto il tre per cento di questi accordi è stato mediato o negoziato dalle donne» spiega. Di questo sono davvero convinta: se più governi fossero guidati dalle donne, ci sarebbero meno guerre e si vivrebbe meglio, basta vedere i paesi del Nord Europa.
Non lo sapevo ma pare che il governo americano stia organizzando un seminario estivo di formazione a cui parteciperanno decine di donne, soprattutto dal Nord Africa. La Dassù vorrebbe che l’Italia, attraverso il proprio Ministero degli Esteri, facesse da ponte europeo a questa iniziativa. Non so se ci riuscirà, ma mi sembra una buona idea.