Sebbene sia scaturito da una manovra strana, contorta, poco chiara ed anche ai limiti della costituzionalità, il cambio del governo Berlusconi con il governo "tecnico" di Mario Monti è stato una benedizione. La differenza fra le due compagini è abissale. Se l’Italia fosse un circo (non lo è ma ci manca poco), il governo che se n’è andato sarebbe il pagliaccio e quello che c’è adesso sarebbe l’acrobata che si muove in modo impeccabile, anche perché ne va della sua stessa vita. Se fosse una squadra di calcio Berlusconi e i suoi farfalloni (Brunetta, Scajola, la Gelmini, la Brambilla) sarebbero quelli che non passano mai la palla, che fanno molti falli e che assalgono l’arbitro ogni due minuti. Monti sarebbe invece il portiere che, mentre l’altra squadra si prepara a tirare un calcio di punizione, organizza la posizione della barriera sperando di avere chiuso ogni possibile spiraglio all’avversario.
Se poi vogliamo uscire dalla metafora e andare direttamente sulla realtà, quella in cui l’Italia deve vedersela con la concorrenza degli altri Paesi, con i convulsi mercati internazionali e con la finanza mondiale, la differenza risulta ancora più grande. Basta ricordare il famoso viaggio che Berlusconi fece negli Stati Uniti con il preciso intento di convincere le grandi corporation di Wall Street a prendere in considerazione l’Italia per i loro investimenti in altri Paesi. Tutti sapevano che aveva preparato con cura le cose da dire, c’era chi pensava che avesse perfino messo insieme una sorta di "brain trust" capace di elencare un bel po’ di argomenti da sfoggiare nel discorso destinato a fare davanti agli "executives" del capitalismo americano, ma al momento essenziale l’unico argomento che la sua testolina riuscì a produrre fu che "investire in Italia è bello perché le segretarie sono molto carine".
Un’assoluta stupidagine resa ancora più stupida dal fatto che l’aveva pronunciata con il tono di chi ha avuto la più geniale idea del mondo.
E la differenza? Beh, basta osservare come sono andate le cose sul "rischio Italia", quando Mario Monti ha dovuto affrontare gli interlocutori internazionali con in testa un solo, chiaro, preciso obiettivo che doveva essere il primo punto da cui cominciare per ottenere un minimo di credibilità e discutere dello spread, della bilancia dei pagamenti, del debito pubblico. Quell’obiettivo era molto semplicemente: si trattava di mettere in chiaro presso amici e nemici che ora alla guida dell’Italia non c’era più Berlusconi con le sue stupidaggini e al suo posto c’era un signore di nome Mario Monti, già noto a tutti i potenziali interlocutori. Non era detto che funzionasse, considerando la profondità del baratro in cui l’Italia era finita, ma almeno a partire da quel momento si era autorizzati a pensare che ci si prova seriamente. In sostanza, anzi, la differenza si può sintetizzare così: da una parte un saltimbanco, dall’altra una persona seria. Da una parte uno che vendeva fumo, dall’altra parte uno che ragiona con i conti alla mano.
Sembra la vittoria dello scienzato contro lo stregone. Ma non mettiamoci a saltare di gioia. Il potere logora, Andreotti e il suo cinico "il potere logora chi non ce l’ha" ha torto e la prova è proprio Mario Monti. E’ arrivato al potere come uomo dai conti alla mano, semplice, preciso, accurato e razionale. Ma non ha impiegato molto a farsi avvolgere dal fumo. Il primo segnale è stato il buffo "che noia il posto fisso!". Il secondo, più importante, è quello della No Tav, cioè la disputa della ferrovia che deve attraversare la Val di Susa. Si vuole fare una strada ferrata dove ce n’è già un’altra. I piani sono stati approvati, ma da chi non si sa. La quantità di fumo è tanto grande che si parla di "corridoi" dei quali la Tav dovrebbe far parte, ma sono barzellette. Un cosiddetto corridoio unisce Lisbona e Kiev. Un altro, addirittura, dovrebbe partire da Helsinki e arrivare a Malta, e nelfrattempo imbarca anche la Sicilia. L’uomo dei conti alla mano ora parla come un bambino. La Tav, dice, "si deve fare perché si deve fare". Qualcuno, cercando di essere meno infantile, dice che la Tav si deve fare perché "ce lo chiede l’Europa", ma l’Unione Europea dispone di 35 miliardi di euro, mentre i progetti in discussione costano 133 miliardi. Mister Monti, che ne è stato dei conti?