Silvio Berlusconi ha paura. Sente che la pacchia sta per finire. Per anni si è sentito al sicuro, protetto dagli arzigogoli dei suoi avvocati che riuscivano sempre a rallentare il corso della giustizia e quando loro non bastavano più arrivava la cavalleria dei "suoi" parlamentari pronti a votare le leggi e leggine che lui si faceva fare su misura. Il massimo del suo splendore fu la sentenza umiliante che il presidente del tribunale fu costretto a pronunciare alla fine del processo cui Berlusconi era stato sottoposto per falso in bilancio, che nel frattempo il Parlamento aveva dichiarato non essere più legale: "L’imputato è assolto perché i fatti acclarati dal processo non costituiscono più reato". Quello fu considerato il momento più disonorevole che gli eletti dal popolo abbiano mai compiuto dal 1861, ma ancora non si sapeva che poi, qualche anno più tardi, al Parlamento sarebbe stata inflitta un’umiliazione ancora più cocente con il voto che va sotto il titolo di "Ruby nipote di Mubarak".
Ora, si diceva, l’uomo finto (la faccia è di cerone, i capelli sono di catrame) si sente mancare il terreno sotto i piedi. La sentenza Mills (quella dell’avvocato inglese che dichiarò il falso in tribunale dietro pagamento di Berlusconi) lo sta incalzando e nella sua "banda" trapela l’idea che Ghedini (l’avvocato numero uno di Al Capone… pardon, Silvio Berlusconi) si dice "pessimista" e anche tutte le altre sue cause in sospeso sembrano prossime ad arrivare al dunque, come se di colpo tutti i suoi nodi stiano arivando al pettine. A spaventarlo – si sente dire da quei pochi dei suoi accoliti che ogni tanto si lasciano sfuggire qualche parola – è la diminuzione di potere che non gli consente di "interverire", come ha sempre fatto, sui processi in corso. Pare che alcuni suoi devoti gli abbiano consigliato di chiedere l’aiuto del presidente della Repubblica, ma Giorgio Napolitano ha già detto una cosa ("i magistrati parlino solo attraverso i processi") che è proprio ciò che lui non vuole. Altri gli hanno suggerito di organizzare una manifestazione per pretendere "la riforma della giustizia", ma una cosa del genere avrebbe l’unico risultato di spargere fetore.
Che fare? Con tutto quel "lecca tu che lecco anch’io" che lo ha circondato per anni (lui parlava e tutti ascoltavano e annuivano, lui raccontava le barzellette e tutti già sapevano che dovevano ridere), deve essersi convinto che per risolvere il problema tutto ciò che serve è un suo intervento personale. Ed eccolo, l’intervento personale, sotto forma di un suo scritto uscito sabato sul "Giornale", cioè il quotidiano che a suo tempo lui "scippò" a Indro Montanelli. Non vale molto, quello scritto, ma il suo "marchio" personale ce l’ha: è quello che difficilmente passano tre o quattro righe senza dire una bugia. Vogliamo verificare? Vediamo cosa dice.
"Ho la coscienza di aver servito in questi anni con tutte le mie forze il mio Paese e ne sono ripagato con un accanimento da parte di alcuni magistrati di Milano che non ha eguali nella storia". Più che una bugia, questa è solo un’iperbole ridicola. I magistrati fanno semplicemente il loro lavoro. "Sono trattato peggio di un delinquente, con accuse che non trovano corrispondenza nei fatti e che sono state smentite nel corso del processo dibattimentale". E chi dice che non c’è corrispondenza nei fatti? Solo i suoi avvocati, come è ovvio. "La decisione di impegnarmi nella vita pubblica, cercando di trasformare e di cambiare l’Italia, non mi è stata perdonata". Ricordiamo ancora una volta che Berlusconi spiegò a Indro Montanelli ed Enzo Biagi che il suo "impegnarsi nella vita pubblica" era l’unico modo per evitare la galera. Parole sue.
"Quello che più mi amareggia è di constatare fino a che punto la giustizia può essere piegata". Già, le sue famose leggi ad personam sono state una quarantina. "Spero ancora che giudici integerrimi e devoti unicamente alla legge e alla verità, decidano in piena coscienza e nel pieno rispetto della realtà dei fatti". Oh sì, lo speriamo tutti, caro Cavaliere, anche se sappiamo benissimo che Lei non ama i "giudici integerrimi" e che la "realtà dei fatti" è una sua acerrima nemica.