A volte le leggi studiate con le migliori intenzioni si rivelano dannose. Ne sanno qualcosa i pescatori di Comacchio e Codigoro. Un’ordinanza della locale Capitaneria di Porto li ha fatti infuriare.
Loro lavorano in quel tratto di mare dove il Po finisce in Adriatico; acque rinomate per le anguille e altri pesci più pregiati ma sempre più scarsi. Si fa fatica a sbarcare il lunario in uno. Figuriamoci in due.
Già, perché per sacrosante ragioni di sicurezza, la Capitaneria vorrebbe che d’ora in poi sulle imbarcazioni, dove solitamente ci va un solo pescatore, ce ne siano due: il secondo pescatore a bordo dovrebbe rappresentare una sicurezza in caso di malore o altri problemi. Giusto. Solo che, oltre al fatto che di marinai – mestiere difficile e poco pagato – se ne trovano sempre di meno, come la mettiamo con i costi aggiuntivi? Se il guadagno è minimo per uno solo, diviso per due diventa una miseria. I pescatori stanno cercando di far ragionare la Capitaneria. Tra l’altro, dicono, i pescatori anche uno per barca escono sempre in gruppo: le barche in alto mare sono comunque vicina una all’altra, in caso di necessità i soccorsi non dovrebbero essere un problema.
Ma non li invidio: far ragionare una burocrazia è impresa improba. È più facile acchiappare una sgusciante anguilla.
Altro esempio di legge astrusa, seppur dettata anche in questo caso da ragionevoli motivazioni. La sezione lavoro del tribunale di Milano ha dato l’alt a 10mila volontari del servizio civile pronti ad operare in Italia e all’estero. Il bando di reclutamento precisava, chissà perché, che è necessaria la cittadinanza italiana. E il tribunale ha sentenziato che si tratta di discriminazione nei confronti degli stranieri.
Giusto, per carità. Solo che in questo modo, anziché disporre la semplice abolizione del paragrafo incriminato e discriminatorio, è stato bloccato l’intero reclutamento. Risultato: tantissime persone a cui i volontari si apprestavano a portare il loro aiuto – anziani, ammalati, persone sole necessitanti di assistenza – ne resteranno privi.
Fine ingloriosa per i ministeri padani. Ricordate le polemiche della scorsa estate quando i leghisti di Umberto Bossi diedero vita ai ministeri del Nord in un tripudio di fanfare anti-italiane e anti romane? Era illegale ma i vari Calderoli, Borghezio e compagnia bella si fecero fotografare esultanti nella Villa Reale di Monza, mentre tagliavano il nastro davanti a targhe d’ottone nuove fiammanti. I ministeri, per la verità, non hanno mai funzionato, né mai avrebbero potuto. Una carnevalata, insomma.
Ma politicamente la carta era spendibile con gli elettori padani, alcuni dei quali ancora abboccano.
Ora, però, tutto è finito in una bolla di sapone, come prevedibile. Locali chiusi e chiavi restituite alla Presidenza del Consiglio da un assistente di Calderoli. In silenzio, cercando di non dare nell’occhio. Ma i giornalisti se ne sono accorti. Qualcuno ha ironizzato. Ma tutto sommato se ne è parlato poco. In questi tempi in cui c’è da pensare a cose ben più serie, non c’è né spazio né tempo per le buffonate.