Vi ricordate il Premio Nobel della Pace "preventivo" conferito a Barack Obama quando non era ancora neanche entrato nella Casa Bianca? Fu un gesto inconsulto che apparve innanzi tutto privo di ogni logica perché non c’erano stati da parte del premiato né atti concreti di qualche valore e né tanto meno "motivazioni" da stilare. E fu anche un gesto incauto, come si palesò molto rapidamente perché la brillantezza, la decisione e la passione che Obama aveva messo in mostra durante la campagna elettorale, furono spazzate via all’indomani della vittoria. Obama candidato sicuro di sé, presidente sempre incerto. Candidato determinato, presidente titubante. Candidato castigamatti dei delinquenti della finanza, presidente comprensivo con i delinquenti suddetti.
L’errore commesso dalla commissione di Oslo, colpevole di quel premio, fu probabilmente quello di ragionare "in negativo", nel senso che dopo gli otto orribili anni della Casa Bianca nelle mani di George Bush, il premio a Barack Obama finí per acquisire il sapore di un immenso, planetario sospiro di sollievo per la sua partenza. In pratica la commissione, più che dire "bravo" a Obama, stava dicendo "somaro" all’uomo che ancora oggi gli storici americani stanno disputando se sia stato lui il peggior presidente della storia degli Stati Uniti o il suo predecessore di un secolo e mezzo, Ulysses S. Grant, che aveva al suo attivo l’ubriachezza spalmata nelle intere giornate, ventiquattro ore su ventiquattro.
In Italia sta accadendo qualcosa di simile. Di fronte all’andata a casa degli improbabili ministri del governo Berlusconi (pensate a gente come la Maria Stella "Tunnel" Gelmini, il Renato "Fate tutti schifo" Brunetta, la Daniela "Parlo solo io" Santanché, l’Ignazio "Ferrari" La Russa, il Franco "se trovo chi mi ha pagato la casa…" Scajola e tanti altri ceffi che non hanno mai dato davvero l’impressione di capire esattamente in cosa consistessero i loro ministeri ma che hanno sempre capito prontamente che avevano il diritto di spostarsi con la comoda auto blu.
Anche se in questo venivano sistematicamente battuti dalla presidentessa del Lazio Renata Polverini, che per andare alla fiera del peperoncino preferisce l’elicottero, (e chi se ne frega se quel velivolo è destinato solo alle emergenze), i giornali italiani si sono tanto entusiasmati che hanno preso ad attribuire al nuovo capo del governo Mario Monti e ai suoi ministri "tecnici" tutte le doti possibili, tranne forse quella di saper volare.
Ma andiamoci piano con le similitudini. Le stupide e criminali malefatte del giovane Bush facevano soffrire sinceramente i membri della commissione di Oslo (e con loro tante altre persone per bene, negli Stati Uniti e nel mondo) e l’esagerazione della loro gioia si può capire.
Ma i giornali italiani (salvo qualche eccezione) non hanno mai sofferto del "regime" berlusconiano. La quarantina di leggi ad personam per evitare la giustizia? Nessuna obiezione. Le norme che facevano arricchire Mediaset? Legittime. Gli insulti quotidianamente rivolti ai magistrati? Nemici alla pari. Il mafioso "impiegato" come stalliere ad Arcore? Coincidenza. L’inverecondo voto del Parlamento sulla "nipote di Mubarak", sicuramente la pagina peggiore nella storia delle istituzioni italiane? Normale dinamica parlamentare. Scilipoti? Un’altra normale dinamica parlamentare.
Insomma, molti di quelli che adesso trattano Monti e i suoi ministri come super-eroi sono in gran parte gli stessi che prima facevano di tutto per farsi benvolere da Berlusconi.
Questa è la faccia peggiore degli italiani, che per duemila anni si sono tramandati di padre in figlio l’arte di far finta di pregare per compiacere il potere dei preti.
E di conseguenza è la faccia peggiore dei giornalisti italiani, che invece di essere i cancellini di quei duemila anni di infamia, corrono anche loro a leccare i piedi dei potenti, ché tanto sono tutti uguali, con le loro cinque dita ciascuno.
A volte, lontani dall’Italia, si sta proprio bene.