Trasformare i rifiuti in arte: non è più una novità assoluta, un po’ di esempi in giro ce ne sono e anche di ottima fattura. Ma se gli artisti sono dei detenuti e se a organizzare una mostra delle loro opere nate dal riciclo c’è anche un’organizzazione che si chiama molto appropriatamente Recuperiamoci, allora vale la pena di andare a dare una guardata. Per scoprire, per esempio, una giostra, un pesce e un settimino realizzati con rifiuti elettronici. Esposti nei giorni scorsi, assieme ad oltre 250 lavori, alla fiera di Rimini nel corso della quindicesima edizione di Ecomondo. Gli artisti sono alcuni degli ospiti delle case circondariali di Forlì e Bologna, inseriti nei laboratori RAEE in carcere (la sigla sta per: rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) gestiti dalle cooperative sociali Gulliver e IT2, in collaborazione appunto con l’associazione Recuperiamoci. L’invito ufficiale viene dal Museo del Riciclo (www.museodelriciclo.it) del consorzio Ecolight specializzato nella gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, pile e accumulatori. Il cui presidente, Walter Camarda, spiega che si tratta di un’iniziativa importante sotto il profilo sociale e ambientale perché «attraverso il disassemblaggio dei rifiuti elettronici viene data una solida opportunità di lavoro alle persone in esecuzione penale». Insomma: l’arte che nasce dai rifiuti diventa occasione per una rieducazione, nel rispetto dell’ambiente e nel rispetto della legalità.
Gli oggetti e i gadget elettronici sono ormai parte quotidiana e preponderante della vita di tutti. E quando non sono più appetibili perché superati da nuovi modelli si buttano, senza pensare che in questo modo si aggrava la situazione ambientale. «Diventa quindi necessario raccoglierli e riciclarli: non solamente per fornire importanti materie prime e seconde, ma anche per limitare la dispersione di sostanze inquinanti» spiega a sua volta il direttore generale di Ecolight, Giancarlo Dezio. Con il laboratorio RAEE in carcere, accanto a queste finalità, si aggiunge lo scopo sociale: permettere il reinserimento lavorativo delle persone in esecuzione penale. Mi è sembrata una buona cosa.
In questa settimana di passione, in cui il baratro in cui sta precipitando l’Italia mi sembra meno fosco per via della notizia che forse (il dubitativo nel nostro Paese è d’obbligo) avremo finalmente un nuovo governo “bunga-bunga free”, vorrei segnalare anche un’altra inziativa positiva: l’appuntamento annuale della Cooperativa Capodarco, che nella cittadina in provincia di Fermo (Marche) si occupa da tempo di disabili. Il loro convegno, al quale ogni volta mi impegno ad andare senza mai riuscirci, è di quelli che ricreano la mente e ridanno fiducia. Merce che serve proprio. Quest’anno, da venerdì 25 a domenica 27, il tema di discussione sarà particolarmente … azzeccato: Bulimie, dalle abbuffate virtuali alla sobrietà dell’informazione. A spiegare che «le molte moderne bulimie legate all’informazione intasano il cervello, provocano sazietà illusorie e sono difficili da curare» e «pongono un problema gravissimo ai giornalisti» ci saranno alcune delle voci più interessanti da ascoltare: da Ennio Remondino che parlerà in ricordo di Roberto Morrione, compianto e lungimirante ma inascoltato direttore di Rai International, a Goffredo Fofi, Massimo Raffaelli, Mario Dondero, Paolo Di Stefano, Angelo Ferracuti, Bianca Stancanelli,, Andrea Bajani, Federica Margaritora, Angelo Perrino, Pino Rea, Frieda Brioschi, Francesca Fanciullacci, Lorella Zanardo, Roberto Natale, Renato Soru, Enzo Jacopino, padre Vinicio Albanese, Marco Tarquinio. Gli americani direbbero: «Food for thought».