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September 11, 2011
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L’OPINIONE/Manovra e presa in c.

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 5 mins read

 

il Premier Silvio Berlusconi

In principio fu "Rivoluzione liberale". Senza Piero Gobetti, pero`, perche´ nel 1994, dalle parti della neonata Forza Italia, Giuliano Urbani e Antonio Martino a parte, non era facile trovarne uno che ne aveva sentito parlare. Allora a Silvio Berlusconi interessava il messaggio tipo la canzone di Renzo Rosso: "E adesso senti cosa fo’, soddisfazione non ti do, divento liberale: non pago piu` le tasse e giuro mi cascasse se adesso non lo fo’…". Allora il Cavaliere puntava a risvegliare gli istinti mai sopiti dell’italiano un po’ retrivo, grossolano, sinceramente immorale ma non per questo poco presente, se non maggioritario. Operazione perfetta, perche´ l’Italia abbocco` alla grande e il signore delle televisioni vinse persino le elezioni politiche.
Da allora ad oggi sono passati 17 anni. Tra una vittoria e una sconfitta, tra una promessa e l’altra, tra un condono e uno scudo fiscale, tra una legge ad personam e un "Porcellum" elettorale, nel bene e nel male (piu` nel male che nel bene, a dir la verita`) Berlusconi e` riuscito a mantenere almeno il 50 percento o giu` di li` delle promesse fiscali: quanto meno non ha massacrato gli italiani con il fisco come usava fare il ‘vampiro’ Vincenzo Visco.
Si badi: non e` che con Berlusconi sulla plancia di comando del Belpaese e` stata ridotta la pressione fiscale. Tutt’altro. Anche perche´, alla faccia dei minchioni che hanno creduto alla chimera della "Rivoluzione liberale", gia` nel 1994 Berlusconi affidava le sorti dell’economia italiana a socialista e tributarista Giulio Tremonti, facendo di fatto fuori il liberale – lui si` – Antonio Martino. Una garanzia, Tremonti, che la spesa pubblica non sarebbe mai stata ridotta. E che, anzi, sarebbe aumentata. Con il risultato finale che la pressione fiscale, come gia` accennato, sarebbe rimasta tale e quale o un po’ aumentata.
Grande venditore di biscotti e formaggini via etere, Berlusconi si e` dimostrato un mago nel prendere per i fondelli la gente. Ai milanesi – cioe` ai suoi concittadini – aveva promesso ‘immancabili destini’ economici e fiscali. Promesse da marinaio. Parola mantenuta, invece, con gli evasori fiscali ai quali ha consentito di riportare i soldi in Italia a prezzi stracciati (cioe` perdonandogli quasi tutto: alias scudi fiscali).
Ma la piu` grande presa in giro il Cavaliere l’ha messa in atto in Sicilia. Nel 1994 ha rilanciato l’idea del ponte sullo Stretto di Messina. Mossa gniale. Su tale opera, si sa, il 50 per cento della popolazione e` contro e l’altro 50 per cento e` a favore. Pronto accomodo, il leader di Forza Italia si e` guadagnato la stima e i voti di imprenditori, appaltasti, affaristi e, in generale, di tutto il sotto- bosco che, tra Scilla e Cariddi, vive di appalti pubblici. Per la gioia di mafia e ‘ndrangheta che aspettano il ponte come l’acqua gli assetati.
Promessa ripetuta nel 1996, nel 2001, nel 2006 e nel 2008. Oggi scopriamo che lavori per il collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria cominceranno a ridosso delle prossime elezioni politiche. E inizieranno (ma inizieranno?) quando l’Unione Europea ha gia` cassato il ‘corridoio’ Berlino-Palermo dirottando treni e merci dall’altra parte dell’Adriatico. Una farsa. In quale Paese del mondo un politico promette il ponte piu` lungo del mondo per 17 anni di fila, producendo solo chiacchiere e scartoffie, con la gente che ancora gli va dietro? In Italia, naturalmente.
Ai siciliani, poi, oltre il ponte, ha promesso i casino`. Anzi, li ha promessi a tutto il Sud d’Italia. Lo ha fatto nel 1996 (ha perso le elezioni e si e` giustificato dicendo: "Non e` colpa mia se non apriranno i casino` nel Sud perche´ non governo io"). Ha ribadito la promessa nel 2001: in quel caso ha vinto le elezioni ma, un anno dopo, ha incaricato un suo tirapiedi di dire che "in Sicilia i casino` non si possono aprire perche´ c’e` la mafia". Un anno prima, pero`, in campagna elettorale, diceva l’esatto contrario.
In Sicilia c’e` un modo di dire che descrive perfettamente chi non mantiene le promesse: prendere per il culo. E questo ha fatto Berlusconi: ha preso per il culo i siciliani sui casino`, sul ponte sullo Stretto di Messina, sulle grandi opere pubbliche e via continuando. L’unica opera pubblica che il governo Berlusconi ha completato in Sicilia – peraltro male – e` stata l’autostrada Palermo-Messina. Ma si e` trattato di un completamento non voluto, ma subito. La Regione siciliana ha completato l’opera annunciando che avrebbe pagato con i fondi europei. Ma Bruxelles ha contestato l’operazione. Spiegando – regolamenti comunitari alla mano – che i fondi europei non possono essere utilizzati per realizzare opere di competenza di uno Stato. A questo punto, almeno in parte, il governo nazionale e` stato  costretto a pagare.
Dal 2008, cioe` da quando e` tornato al governo, Berlusconi non ha fatto altro che continuare a prendere per il culo tutte le regioni del Sud Italia. Un esempio? Eccolo servito su un piatto d’argento: l’85 per cento del Fondi per le aree sottoutilizzate – e si tratta di quasi 70 miliardi di euro – dovrebbe essere speso nel Sud del Paese. Invece, finora, l’80 per cento di questi fondi e` stato speso nel Centro Nord Italia tra abbattimento dell’Ici sulla prima casa, aiuti alle industrie di tutti i tipi, cassa integrazione e altro ancora.
Per il Sud il governo ha annunciato una "riprogrammazione" dei fondi che non ci sono piu` perche´, come gia` detto, spesi altrove. Di fatto, e` una riprogrammazione del nulla mescolato con il niente: un’altra presa per il culo che questa volta non riguarda la Sicilia, ma tutto il Sud. Una manovra-fiction alla quale ha prestato la faccia il ministro delle Regioni, Raffaele Fitto, che, da meridionale (e` nato in Puglia), avrebbe fatto bene ad evitare. Ma tant’e`.
Ora e` arrivata la manovra sulle tasse. Imposta da Bruxelles e dai mercati internazionali. E qui e` cominciata la sceneggiata che va avanti da settimane. Colpire le pensioni? La Lega dice no. Aumentare l’Iva? Tremonti e` contrario. Un’imposta sui grandi patrimoni? Berlusconi salta dalla sedia perche´, alla fine, dovrebbe tassare se stesso e la sua famigliuola: e la cosa, ovviamente, non puo` funzionare.
Che fare? Tira di qua, stira di la`, ecco un prelievo sui cittadini con redditi superiori a 90 mila euro: grande annuncio e successiva ritirata. Poi un altro tira e molla sulle pensioni. Magari per abolire quelle di anzianita`. Quindi un altro ripensamento. Poi la trovata di genio: nel calcolo delle pensioni non si terra` conto degli anni dell’universita` e del servizio militare. E chi ha gia` riscattato gli anni, pagando fior di quattrini? Cavoli loro. Salvo accorgersi che, forse, questo provvedimento era un po’ incostituzionale, nel senso che si metteva sotto i piedi la Costituzione. Da qui il precipitoso ritiro.
E adesso? Sotto scacco vanno di nuovo le pensioni. Una botta alle donne (alle anziane, ovviamente: perche´ per le giovani Berlusconi ha altri programmi…) che andranno in pensione a 65 anni: ole`! Poi l’aumento di un punto dell’Iva (dal 20 al 21 per cento: ma non penalizzera` i consumi, soprat- tutto nel Sud?). Poi il prelievo del 3 per cento per i redditi superiori a 300 mila euro (una delle poche cose sensate di questa manovra). E, ancora, una ‘botta’ ai Comuni (6 miliardi di euro in meno: con la certezza che i sindaci si rifaranno sui cittadini aumentando le tasse locali: ma Berlusconi, come i farisei di evangelica memoria, potra` sempre dire che non e` stato il suo governo ad aumentare le tasse).
Poi una altra ‘strizzatina’ alle cooperative tanto detestate dal Cavaliere. E un bel ‘regalo’ ai dipendenti pubblici che andranno in pensione anticipatamente: questi ultimi, per incassare la buonuscita, dovranno aspettare due anni.
Infine, il grande regalo alle imprese: la liberta` di licenziare. Con la ‘benedizione’ di Cisl e Uil (la Cigl, a differenza di Massimo D’Alema nel celebre film di Nanni Moretti "ha detto qualcosa di sinistra" e si e` dissociata: almeno questo). Con tale manovra, voluta da "Bruxelles e dai mercati", l’Italia di Berlusconi ha calpestato lo statuto dei lavoratori in perfetto stile fascista. Peggio di cosi` non poteva finire.

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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