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Non ci voleva un pozzo di scienza per capire che anche in Libia si sarebbe combinato un pasticcio. Il pasticcio è davanti agli occhi di tutti noi. A combinarlo sono stati gli americani, i francesi, gli inglesi riuniti sotto il vessillo della Nato. Ora sembra che anche l’Italia possa partecipare a quest’altra guerra “finta” la quale, in quanto tale, cronicizzerà, anziché risolvere, il problema. Se questi Presidenti, Primi Ministri, Generali si trovassero, per assurdo, ad avere a che fare con lo Sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, con El Alamein, Montecassino, Stalingrado, non saprebbero da che parte cominciare…
Guerra “finta” è, sissignori. Ci risiamo con la solita musica: si fanno decollare i bombardieri e si sganciano tonnellate di bombe, nell’illusione, “pacifistico-dilettantesca”, che la sola arma aerea possa decidere le sorti d’un conflitto. Nel caso della Libia, la sola Aviazione potrebbe determinare il corso degli eventi desiderato: con l’eccezione del Gebel cirenaico, relativamente montuoso, il territorio libico è piatto, è fatto di deserto e di pietraie. Arduo, se non impossibile, nascondervisi. Nemeno le “uadi” (avvallamenti di terreno) offrono buon riparo. Il Deserto mette davvero a nudo il combattente. Il Deserto è fatto per la guerra in velocità, a ritmo sostenuto: ne furono campioni i tedeschi e gli inglesi nella Seconda Guerra Mondiale e anche noi italiani col Battaglione Sahariano, coi Bersaglieri del IX e XII Reggimento, coi Guastatori del Genio e la divisione corazzata “Ariete”, demmo una prova piuttosto buona, scolpita nella Storia. Ma la Storia ci sembra che nessuno la voglia più consultare… Che nessuno intenda cercarvi gli insegnamenti, gli indirizzi necessari. In altre parole, all’azione dell’arma aerea deve seguire la spinta della fanteria e dei mezzi corazzati, altrimenti è inutile anche l’impiego di cento o mille tonnellate di bombe: il nemico trova sempre il modo di riorganizzarsi, lo trovano di certo le forze governative aiutate dalla natura rudimentale delle apparecchiature militari. Può sembrare un paradosso, ma così è: il rudimentale è ben più riadattabile dell’ultrasofisticato.
La questione si pone in termini molto semplici. La Nato deve decidersi. Vuole, o non vuole, che il regime di Gheddafi venga abbattuto e che il Colonnello venga quindi privato per sempre del proprio potere? Se lo scopo è quello di distruggere la “Jahamaryia” tripolina, allora, dopo i soliti bombardamenti, bisogna mandare in campo fanti e carristi. Se, viceversa, si vuole soltanto impartire una lezione al Colonnello Gheddafi, allora bastano i “raids” aerei, che nella circostanza sono quanto di più immorale e anche di vile, esista a questo mondo. I “raids” il problema infatti non lo risolvono e varie volte fanno a pezzi la gente stessa che si vorrebbe soccorrere, liberare in nome del Bene e della Giustizia. Così, venendo a sapere in queste ore dei numerosi civili stecchiti dalle bombe della Nato, ci rattristiamo, ci indigniamo, ma non ci meravigliamo per nulla. Non ci meravigliamo che la scorsa settimana l’Alleanza Atlantica abbia fatto finire nel tritacarne anche diversi ribelli libici…
Non ci meraviglia nemmeno l’ipotesi, che a Roma circola da giovedì scorso, di un nostro intervento armato in Libia, ma affidato ai soli aerei “Tornado”. Magari colpiremmo qualche obiettivo governativo, ma sbaglieremmo poi mira anche noi e alla fine in Libia tornerà la calma: Gheddafi rimarrà al suo posto, le ultime sacche ribelli verranno sommerse, Tripoli probabilmente si metterà a vendere petrolio alla Russia, che ne ha già tanto di per sé, o alla Cina, al Giappone, all’India. Ancora una volta l’Occidente avrà fatto morire esseri umani invano. Tanto, poi nessuno si ricorda più di nulla… C’è ancora qualcuno in giro che ricordi con sdegno i bombardamenti aerei Nato su Belgrado del marzo 1999, compiuti in nome di una fogna chiamata Kossovo?