Nella foto Alassane Ouattara, presidente eletto della Costa d’Avorio
Anche mercoledì, come già accade da una settimana, al Palazzo di Vetro era la situazione in Costa d’Avorio a tenere alta la tensione tra i diplomatici. Ad Abdjan lunedì c’era stato un inedito attacco degli elicotteri dell’ONU, spalleggiati da quelli francesi, che hanno attaccato le basi dell’ex presidente Laureant Gbagbo, colui che dopo non aver voluto riconoscere la sua sconfitta elettorale lo scorso novembre contro il rivale Alassane Ouattara, si é rifiutato di lasciare il potere e da quattro mesi terrorizzava con le sue truppe la città di Abdjan tenendo in scacco l’intero paese.
Per le Nazioni Unite, che avevano monitorato il processo elettorale e alla fine riconosciuto la vittoria di Ouattara, era in gioco la credibilità che l’organizzazione internazionale, attraverso la risoluzione del Consiglio di Sicurezza, fosse in grado alla fine di far rispettare il responso elettorale e assicurare la continuazione dello sviluppo della democrazia nel continente africano.
La scorsa settimana, il 30 marzo, il Consiglio di Sicurezza aveva emanato la risoluzione 1975, votata ad unanimità, una risoluzione che riaffermava già quella precedente votata sulla Costa d’Avorio, la 1962, ribadendo il chiaro mandato dell’Onu per prendere tutte le “necessary measures”, tutte le misure necessarie, per proteggere i civili.
Eppure lunedì, quando gli elicotteri dell’Onu si sono alzati in volo per cominciare ad attaccare le forze di Gagbo, allo stake out fuori de Consiglio di sicurezza, davanti ai giornalisti, il responsabile per le missioni di pace dell’Onu, Alain Le Roy, ha dovuto difendere l’azione dei militari dell’UNOCI (la missine Onu in Costa d’Avorio) da chi invece gli domandava se quelle azioni militari non stessero andando ben oltre il mandato del Consiglio di Sicurezza.
“Il mandato é chiaro” ha ripetuto più volte Le Roy, dicendo che l’obiettivo non era di uccidere l’ex presidente Gagbo, ma distruggere le postazioni d’artiglieria dei suo soldati che negli ultimi giorni avevano preso di mira sia i soldati dell’Onu che i civili. E quindi si doveva intervenire, e tutti i paesi del Consiglio di Sicurezza avevano acconsentito all’unanimità.
Intanto, mentre vi parliamo dal Palazzo di Vetro, Gbagbo ormai avrebbe le ore contate. Asserragliato in un bunker, difeso da una manciata di soldati ancora fedeli, fino alla mattina di mercoledì il presidente che non vuole accettare la sconfitta elettorale, aveva mediato con l’ambasciatore francese la resa che sembrava ormai prossima. Ma poi qualcosa é andato storto e la trattativa si é nuovamente interrotta.
A quel punto il presidente eletto Outtara ha deciso di lanciare le sue truppe, ormai entrate da tre giorni ad Abdjan, all’assalto del bunker per stanare Gagbo. Per ucciderlo? Ouattara nega, dicendo che ha dato ordini di catturare l’ex presidente della Costa d’Avorio vivo, perché dovrà poi rispondere dei crimini commessi contro i civili ed essere quindi processato. Ma proprio sulla sorte di Gbagbo ieri qui al Palazzo di Vetro rimbalzavano le domande dei giornalisti ai funzionari dell’Onu, perché la risoluzione del Consiglio di Sicurezza infatti afferma che i soldati Onu devono proteggere tutti i maggiori protagonisti politici della contesa elettorale. E se fino a qualche giorno fa l’Onu proteggeva all’interno del Golf Hotel il presidente eletto Ouattara, che é rimasto asserragliato li dentro per quattro mesi circondato dai soldati di Gbagbo, ieri alcuni giornalisti chiedevano all’ONU se, per rispettare la risoluzione, ora fosse giunto il momento di proteggere Gagbo dai soldati di Outtara prima che fosse ucciso.
Insomma la situazione nelle prossime ore potrebbe completamente ribaltarsi, e infatti all’Onu girava la voce che Gagbo avesse già chiesto la protezione dei soldati Onu. Ma le truppe francesi presenti ad Abdjan, circa 1500 soldati che anno parte della cosiddetta missione Leocorno, e che controllano le parti piú importanti della città, come l’aeroporto, si muoveranno insieme ai soldati dell’ONU per salvare Gagbo dalla resa dei conti con Outtara?
Ma inoltre, negli ultimi giorni, c’é stato un accavallamento delle notizie dalla Costa d’Avorio che potrebbe mettere in discussione addirittura anche la legittimità a governare del presidente eletto Ouattara, finora riconosciuto dalla comunità internazionale come il legittimo successore alla presidenza del paese.
Parliamo delle sempre più certe atrocità commesse dai soldati sostenitori di Ouattara durante l’avvicinamento ad Abjan dall’ovest e dal nord del paese, in quella conquista dei territori finora controllati dalle forze di Gagbo.
La scorsa settimana é avvenuto infatti un massacro di civili nella città di Duekoue, uccisioni che sarebbero avvenute dopo che la città era caduta nelle mani delle truppe di Ouattara. I primi a dare notizia del massacro é stata la Caritas, e l’associazione umanitaria cattolica avrebbe parlato addirittura di 1000 morti. La croce rossa parla di 800 civili uccisi, le Nazioni Unite hanno ridimensionato la cifra a 350. Insomma non c’é ancora certezza sul numero di vittime, ma che il massacro ci sia stato non ci sono più dubbi.
La questione su chi sia legittimato a governare la Costa d’Avorio, quindi potrebbe di colpo ritorcesi anche contro Ouattara. Il suo ambasciatore all’Onu, Yousoufou Bamba, ha detto che i morti civili sarebbero stati “solo” 150 e che ancora non si sapeva chi fossero stati i colpevoli. Per questo, il presidente Ouattara aveva inviato subito un magistrato per iniziare le indagini. Poi Bamba ha attaccato la Caritas, e il diplomatico di Outtara ha risposto in un modo che ha destato stupore: “Quello che dice la Caritas in questa circostanza non può essere preso seriamente, si sa che loro sono vicini al regime di Gbagbo”.
Ma la notizia data per prima dalla Caritas sulla strage di civili nella città di Duekuoe é stata confermata da organizzazioni umanitarie come Human Rights Watch, e tutti accusano i soldati che sostengono il presidente Outtara. Fino a qualche giorno fa, il presidente eletto aveva ribadito che l’ex presidente Gagbo sarebbe dovuto essere processato per i suoi crimini contro l’umanità, e infatti, proprio due giorni fa, il tribunale internazionale guidato dal procuratore Ocampo aveva confermato che é pronto a far partire le indagini.
Ma adesso, dopo la strage di civili a Duekuoe, il tribunale internazionale alla fine delle sue indagini potrebbe arrivare alla conclusione che ambedue i pretendenti al potere della Costa d’Avorio sono responsabili di essersi macchiati di crimini contro l’umanità.
A questa conclusione sembrava essere giunto ieri anche l‘ex presidente americano Jimmy Carter, che con il suo Carter Center aveva monitorato le elezioni in Costa d’Avorio. Intervistato dalla “Cnn”, alla domanda su cosa ne pensasse sulla situazione in Costa d’Avorio, Carter ha risposto che la popolazione civile era diventata vittima di entrambe le fazioni in Guerra e aveva concluso: “Tra Gagbo e Ouattara l’unica differenza che vedo é nel fatto che uno ha preso piú voti dell’altro”. Anche questa volta la Francia, come sta accadendo per altro in Libia, é il paese che più ha premuto per l’intervento della comunità internazionale per venire in soccorso della popolazione civile, ma favorendo in questo caso il presidente eletto Outtara.
La trattativa per la resa di Gagbo, nelle ultime ore, sarebbe naufragata quando i francesi avrebbero imposto a Gbagbo, e secondo il ministro degli Esteri francese Alain Juppé d’accordo con il segretario delle Nazioni Unite Ban ki Moon (ma il suo portavoce non ha voluto confermare né smentire), una lettera in cui doveva riconoscere Outtara come il legittimo presidente del paese. É a questo punto che la sua resa, ormai data per certa, sarebbe naufragata. Da qui a poche ore, Gagbo quindi potrebbe essere ucciso o diventare prigioniero del rivale Ouattara. Oppure, e sarebbe un vero colpo di scena, Gagbo potrebbe approfittare di quello che detta la risoluzione votata dal Consiglio di Sicurezza, e potrebbe farsi proteggere dai soldati col casco blu e ribaltare le parti avute finora: cioè da persecutore a perseguito protetto dall’Onu. Probabilmente entro giovedì sapremo come gli é andata a finire.
* Dal Palazzo di Vetro dell’ONU, per “Radio Radicale”