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April 10, 2011
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Storiella nostra

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

 

 

 

Perché Silvio Berlusconi non riesce a contenersi e deve raccontarne sempre una delle sue? Storielle le chiama, le barzelette spinte che fanno ridere chi le racconta ma imbarazzano chi gli sta accanto e che sarebbero inimmaginabili in bocca di un qualunque altro capo di governo europeo.

Abbiamo giá scritto in questa colonna che il Premier italiano, quando vuol dare l’impressione di un "improvvisatore", di colui che la battuta gli scappa, é invece un preciso pianificatore di tutto quello che dice e fa in pubblico. Quelle di Berlusconi non sono gaffe, non gli scappa nulla. Infatti non si pente, mai. Se poi mettono in imbarazzo il suo interlocutore o creano imbarazzo tra chi lo ascolta, come é accaduto addirittura alla regina Elisabetta d’Inghilterra ("Ma perché deve urlare in quel modo!") non importa: il suo messaggio ha comunque raggiunto il target, che sono i suoi elettori, cioé la maggioranza relativa degli italiani.

Quando durante una sessione per la foto ufficiale di un vertice mondiale a Londra gridó "Mr. Obama! Mr. Obama!" facendo arrabbiare la regina, e facendo ridere tutti gli altri leader, ottenne un preciso risultato: che giornali e tv parlassero di lui invece che uscire nella prima pagina con una foto in cui il premier italiano sarebbe rimasto relegato dietro tutti gli altri, praticamente invisibile. Ricordate il caso quando fece aspettare in piedi la cancelliera Angela Merkel perché occupato a parlare al cellulare, con le telecamere che inquadravano la leader tedesca molto seccata, mentre lui a gesti indicava che avrebbe dovuto aspettare, aveva una chiamata importante… Ecco che quel gesto da "cafone", si sarebbe poi trasformato nello spot dell’instancabile premier  chiamato a risolvere le grandi questioni internazionali e che non aveva tempo per cerimoniali inutili.

Cosí la incredibile barzelletta raccontata venerdí davanti le telecamere ad un pubblico di giovani laureati da premiare, in cui Silvio racconta di un italiano che insegna ad un tedesco a come conquistare una bella donna, non é una gaffe, anche se era evidente l’imbarazzo dei presenti, soprattutto della ministra Meloni. Il premier italiano Berlusconi che fa il gesto di versarsi dello champagne "dove non si puó dire" e imitando l’accento tedesco chiede "se funziona anche con la birra", per concludere che "non viene cosí romantico….". Provate solo a immaginarlo un altro leader di qualunque paese che faccia la stessa cosa e sia filmato…

Gaffe? Non ci crediamo. Berlusconi proprio questa settimana era atteso alla prima udienza del processo (poi rinviato a maggio) per il caso "Ruby Rubacuori". C’erano le principali televisioni del mondo. Quando il processo veramente inizierá, se ne sentiranno di tutti i colori. La barzelletta dello champagne da versarsi davanti, é il chiaro messaggio agli italiani che lui non ha nulla di cui vergognarsi. Anzi, come avrebbe giá detto ad una delle ragazze invitate per il bunga bunga, "io rappresento il sogno degli italiani", quello che loro vorrebbero essere.

Il fatto che Berlusconi, nonostante i suoi scandali e processi, in cui viene accusato di reati gravissimi come la corruzione, sia ancora il capo del governo italiano, conferma che l’Italia é un paese dove il rispettare le regole nei posti di grande responsabilitá é visto come un segno di debolezza. Nella lotta per il dominio della societá italiana,  l’onestá ti fa perdere. Come nel Palio di Siena, il fantino scelto dalla nostra contrada ancor prima di correre per vincere, deve escogitare il trucco per far perdere la contrada "nemica".

Sull’ultimo New Yorker é chiarissimo l’articolo di Tim Parks, "Booted", in cui lo scrittore inglese che vive in Italia si basa sul libro di Manlio Graziano "The Failure of Italian Nationhood" (Palgrave 2010), politologo della Sorbonne che i lettori di Oggi7 hanno il privilegio di conoscere giá. Cosí viene spiegato anche agli americani. Berlusconi non é una barzelletta, purtroppo é ancora la nostra storia.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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