Per l’ultima missione da presidente della regione Emilia-Romagna, prima di volare a Strasburgo, Stefano Bonaccini è atterrato a New York per partecipare al Summer Fancy Food 2024, la fiera dell’agroalimentare più importante del Nord America. Un rapporto che diverse volte ha visto impegnato il governatore sul campo per aprire la regione del Centro-Nord a un panorama il più internazionale possibile legandola a doppio filo con gli Stati Uniti. “Bologna è un centro nevralgico – ha cominciato Bonaccini. – Fra poco ospiterà il G7 sull’Intelligenza Artificiale a Bologna. Poi siamo riusciti a portare il supercomputer Leonardo grazie alla collaborazione con l’Unione Europea. Rinnoveremo il tecnopolo, ormai in disuso, per aprire il primo centro meteorologico di riferimento dei 27 Paesi. E comincerà il prossimo autunno il primo corso sullo studio dei cambiamenti climatici inaugurando la 14esima sede dell’università delle Nazioni Unite. Tutto questo significa: grandi investimenti”.
Che tipo di rapporto ha con il Summer Fancy Food?
“Questo è il terzo anno consecutivo personalmente, ma noi veniamo qui da tanto tempo. Innanzitutto è la più grande fiera dell’agroalimentare del Nord America. Con noi vengono consorzi e imprese dei prodotti IGP e DOP, di cui siamo la regione in Europa che ha il più alto numero – ben 44. Peraltro i primi quattro italiani più venduti al mondo sono quattro IGP e DOP e sono tutti emiliano-romagnoli: il Parmigiano Reggiano, l’aceto balsamico di Modena, il prosciutto di Parma e il Grana Padano. Siamo anche coloro che esportiamo più prodotti complessivamente come manifatturieri nel mondo: nel 2023 questo settore è fruttato all’Emilia-Romagna circa 10 miliardi di euro. Per ogni dollaro di cibo che importiamo dagli Stati Uniti ne esportiamo cinque e sono il secondo Paese di destinazione solo dopo la Germania per quantità di export. Quindi è indispensabile essere qui per avere nuove opportunità e promozione e allacciare rapporti commerciali e istituzionali”.
Lei citava IGP e DOP. Il fenomeno dell’Italian Sounding riproduce packaging e articoli simili a quelli italiani più famosi ed rappresenta una minaccia per il Made in Italy. Come combatterlo?
“Su questo, una regione può fare molto poco perché, invece, devono muoversi i governi, se non l’Unione Europea. Bisogna battersi per evitare che ci sia un danno economico, a volte persino drammatico, frutto di una vera e propria frode perché attraverso un nome o un suono vengono venduti articoli che non hanno alcunché di simile agli originali. Tutto ai danni di persone che, con fatica e competenze, sviluppano prodotti che hanno una lavorazione e un impegno molto rilevanti. La loro specificità, in questo caso degli emiliano-romagnoli, ma in generale di quelli italiani, a marchio certificato dall’Unione Europea, devono essere tutelati e garantiti dalle istituzioni internazionali.
Fra i temi più caldi c’è il cambiamento climatico, andando dalle alluvioni (come quella drammatica dello scorso anno) alle secche del Po ad agosto. Quali sono le misure che la Regione applica nel settore agroalimentare per favorire sostenibilità e resilienza?
“Bisogna consumare sempre meno suolo, passare il più velocemente possibile a energie rinnovabili da fossili, lavorare perché nel complesso ci siano incentivi che permettano a chi deve cambiare l’auto o la caldaia di avere dall’Unione Europea, quando non ha sufficienti risorse, degli strumenti per contribuire a una transizione ecologica che sia la più rapida possibile. Al momento abbiamo un partito, la Lega, che persino li nega”.