“Pantelleria è un campo magnetico” mi confida Asterix, un’amico d’oltralpe che, più d’ogni altro esprime il genio e la sregolatezza dell’isola.

Asterix, “free spirit” per eccellenza, sbarcò a Pantelleria all’inizio degli anni ’90.
“Il segreto di quest’isola” – mi racconta – “è l’energia straordinaria sprigionata dal magnetismo di questo campo, un fenomeno generato dalle attività vulcaniche del sottosuolo”.
Adoro i segreti e ancor più gli individui e i fenomeni straordinari, e Pantelleria è ricca di entrambi.

Ho incontrato per la prima volta “Asterix” trent’anni fà, quando mi chiese se poteva alloggiare con la sua compagna nella mia casa nei periodi in cui rimaneva vuota.
Premesse che aveva esperienza in materia, avendo vissuto a Malta in un vecchio faro convertito in abitazione, e abbandonato per 11 mesi all’anno.
Questa referenza a un approccio di ”adaptive re-use” sposava la mia filosofia, per cui acconsentii con entusiasmo.

A quei tempi Asterix stava scrivendo un libro sull’immortalità, convinto di avere la chiave per beffare la morte. Era un soggetto affascinante che meritava di essere approfondito, per cui passai molte serate con lui per cercare di capire la sua strategia. Le nostre serate erano sempre accompagnate da abbondanti libagioni, per cui succedeva sempre che la mia mente si intorpidisse prima della conclusione. Fu così che non riuscii mai a captare la sua “ dritta” per diventare immortale.
Asterix è uno degli individui intellettualmente più brillanti che io abbia mai incontrato e, a questa qualità, aggiunge un’assoluta padronanza dei settori manuali, meccanici ed elettronici.
Da giovane, verso la fine degli anni ‘70, a Parigi, aveva creato una società che interpretava i sogni, estraendone i numeri da giocare al lotto via Minitel, il servizio telefonico francese precursore di Internet. Era un business vincente (anche se già praticato a Napoli da molte generazioni senza tecnologie particolari), e quest’attività lo aveva reso popolare e improvvisamente ricco.
Ma Minitel era gestito in regime di monopolio da France Télécom, e questa società non gradiva l’iniziativa imprenditoriale del nostro.
“Mi intimarono di chiudere – mi racconta sdegnato, Asterix -“ma io rifiutai!”.
Il risultato fu che, in pochi mesi, Telecom fece fallire la sua società e, da un giorno all’altro, Asterix smise di essere “independently rich” per diventare “independently poor”.
Questa esperienza lo convinse che la sua vita fosse troppo importante per sprecarla facendo soldi!

Dalla Francia si trasferì a Malta dove cominciò ad abitare le seconde case nei periodi di inattività, e da qui a Pantelleria, dove ancora risiede.
Oltre ad essere un brillante pensatore, Asterix è anche un designer raffinato di lampade e oggetti riciclati. Queste attività vengono svolte su una base non-profit, in quanto il nostro rifiuta sdegnosamente, per principio, qualsiasi compenso.
Campare perennemente “off-the-system” è complicato in quanto controcorrente alla nostra società capitalista; nel caso di Asterix la situazione divenne ancor più difficile quando, con la sua compagna mise al mondo un meraviglioso bambino biondo (forse questa era la sua soluzione per diventare immortale).
Ma Asterix non era tipo da sgomentarsi e, sempre all’avanguardia, dieci anni prima della nascita di Airbnb, creò il primo sito internet dell’isola che consentiva ai privati di subaffittare direttamente i dammusi ai turisti. Da allora il sito si e’ espanso per promuovere tutte le attività turistiche dell’isola e Asterix beneficia dei contributi dei suoi clienti.
Il quartiere generale di Asterix è un padiglione completamente “off-the-grid”, realizzato totalmente con materiali riciclati. Genera elettricità grazie a un impianto di pannelli solari ed un piccolo mulino a vento, e si approvvigiona d’acqua pescando nella cisterna di un vicino con un lungo tubo di gomma.
A chi gli fa notare che questo padiglione potrebbe essere considerata illegale in quanto situato in una zona agricola, risponde – “ma non è un’abitazione, è un ‘osservatorio’!”- e, così dicendo preme un pulsante che attiva due pistoni azionati da un motorino riciclato dal tergicristallo di una vecchia Citroen 2CV e, come per incanto, il tetto si apre per osservare il cielo e le stelle.

Due anni fà incontrai Asterix in un bar, già campo di bocce. Puntava minacciosamente una cinepresa contro il gestore del locale, uno dei tanti personaggi pittoreschi dell’isola.
“Salvatore” – gli tuonava fissandolo con i suoi penetranti occhi neri sovrastati dalle foltissime sopracciglia – “Che cos’è per te l’universo?”

Salvatore, dopo una breve esitazione rispose: “L’universo sono io!”.
In questo scambio si rivela il conflitto tra il globalismo universale e il localismo isolano. Salvatore rispondeva come un newyorkese, entrambi vittime di un complesso insulare che li rafforzava nella convinzione di essere sempre al centro del mondo.
A Pantelleria, tutti si conoscono grazie ai soprannomi che vengono loro affibbiati per caratterizzare meglio la loro personalità, carattere e abitudini.
Tra questi c’è “Mangiaforte”, un individuo di dimensioni “extra large” da cui compriamo i deliziosi ravioli di menta e ricotta; “Fatutto”, un personaggio poliedrico dai mille mestieri, dalla gestione di una pizzeria alla vendita di real estate; “Paneduro”, un coriaceo pescatore abituato a sgranocchiare il pane vecchio durante le interminabili sedute di pesca;“Gricchianespole” un forzuto che tritura i noccioli delle nespole con le sue mani possenti; “Stoccavacca”, un contadino che, da giovane, spezzo’ con una manata di incoraggiamento la colonna vertebrale di una mucca; “Saitune” (l’equivalente di scintille in dialetto pantesco), un folletto che si muove nervosamente a scatti, come una scossa elettrica; “Terremoto”, il proprietario del panificio dove ci approviggioniamo quotidianamente, passato alla storia per sua irrequietezza infantile; “la Cafuncella”, una “Bocca di Rosa” del posto che ci ricorda la canzone di Fabrizio De Andre’;“Carnevale”, un signore che durante le feste di Carnevale parla a nome del nonno, incapacitato ad esprimersi a causa di una pallottola che gli ha neutralizzato le corde vocali; “Manciaricotta”, un golosone che impazzisce per i cannoli siciliani; “La Filusera”, una signora che si lamenta senza interruzione; “U ienco” (vitello in Pantesco), un contadino che da bambino mangiava solo quando i genitori lo portavano a vedere i vitelli… Una sfilza di personaggi “in cerca di autore” che sembra uscita da un film di Fellini, tutti animati dall’energia di un’isola il cui segreto è di vivere in un campo magnetico naturale.

Mentre mi avvio verso casa ci sorpassa un corpulento individuo a cavallo di uno scooter che sembra scomparire sotto il suo peso.
“Chi è?” – Chiedo.
“E’ il ‘Cileno’”- mi rispondono.
“E perché?”.
“Perché da giovane si imbarcò su una nave diretta in Cile, dove trovò lavoro in un grande vigneto che produceva un vino famoso. La fattoria era lontana centinaia di chilometri dalla capitale, per cui il nostro venne trasportato sul posto di lavoro con un piccolo aereo. Il ‘padrone’ poi, se ne tornò a Santiago lasciandolo solo con i vigneti a cui accudire durante l’inverno.
Il nostro potò dunque le vigne come era abituato a fare a Pantelleria, un metodo drastico necessario per irrobustire le piante e difenderle dal vento.
Quando, in primavera, il padrone tornò a ispezionare la sua campagna, restò sconvolto nel constatare che i suoi vigneti non esistevano quasi più, e licenziò in tronco il Pantesco.
Quattro mesi dopo, però le viti rifiorirono e, quell’anno, produssero la migliore uva degli ultimi dieci anni. Il padrone si pentì di aver licenziato il Pantesco e lo andrò a ripescare nei bassifondi di Santiago, dove stava ancora cercando lavoro.
In seguito il nostro fece fortuna e quando, anni dopo, tornò a Pantelleria, fu soprannominato “il Cileno”.
(Segue)