Uno dei grandi piaceri di passare un po’ dell’estate a Bozzolo è la possibilità di fare lunghe passeggiate in bicicletta su strade pianeggianti poco trafficate nel mezzo di una campagna verdissima. Uno dei piaceri aggiuntivi di queste passeggiate a zig zag tra il reticolo di stradine, fossi, fiumi ed argini che decora come un ricamo questo angolo di una delle pianure più fertili e meglio coltivate d’Europa, è la possibilità di ammirare vestigia sia umili che imponenti che ricordano secoli di una storia complessa e sofferta.
Ogni giorno, a pochi chilometri da casa, si scopre o si riscopre una piccola pieve romanica, una rocca rinascimentale, un brandello di mura cinquecentesche, una corte perfettamente conservata, il torrione di un castello. È la piccola bellezza di cui vi avevo parlato, sempre per questa rubrica, un po’ di tempo fa. Anzi direi che questa è la piccola, umile, rurale bellezza che sopravvive qua e là in questa pianura deturpata da capannoni dismessi, fantasmi di un recente passato industriale ormai esaurito e assediata da centri commerciali che spuntano come funghi lungo le arterie principali.
Qualche volta, questa bellezza è così deturpata dalle ferite e dalle cicatrici del tempo e dell’incuria che solo l’occhio dell’innamorato riesce ancora a intravederla tra le crepe nel muro, l’intonaco caduto e i lacerti di affresco. Beauty is indeed in the eye of the beholder. La bellezza è veramente negli occhi di chi guarda. Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di partecipare a un sopralluogo a una di queste bellezze sfigurate: Villa Galvagnina, un’elegante costruzione rinascimentale nella campagna del comune di Moglia, ultimo avamposto mantovano al confine con l’Emilia. La Villa di cui fino al mese scorso non conoscevo l’esistenza, e di cui ho sentito parlare per la prima volta dal collega Bruce Edelstein, storico dell’arte presso NYU in Florence, mi ha colpito per tanti motivi, che vi spiegherò brevemente, ma la cosa che ho più ammirato è stata la sua bellezza sfigurata, riflessa e trasfigurata nello sguardo delle persone che stanno cercando di curarla e di darle una nuova vita.

Della Villa e della sua storia si hanno poche notizie certe, come ci hanno ricordato le nostre guide usando un onesto condizionale e tanti punti di domanda nella loro esposizione. Fondazione quattrocentesca, forse casino di caccia dei Gonzaga successivamente donato alla famiglia Galvagni (i loro ‘ministri delle finanze’) come ricompensa per i servigi e la fedeltà ricevuta. Una lunga ed inesorabile decadenza parallela alle sorti della dinastia mantovana e del suo contado la vide nei secoli adibita a casa colonica, stalla, pollaio fino a quando non fu sgomberata nel 1963 per ordine delle autorità che temevano potesse crollare. Qualche anno dopo la Villa viene acquistata dal Comune di Mantova e ne 1989 in occasione delle iniziative per Giulio Romano viene aperta al pubblico visto che gli storici dell’arte ritengono che o lo stesso maestro o qualche suo bravo discepolo abbia affrescato parte della villa. Il terremoto del 2012 che ebbe il suo epicentro a pochissima distanza diede un ultimo strattone alla già fragile struttura. La Galvagnina si presenta dall’esterno con una struttura rinascimentale semplice ed elegante, ora completamente puntellata, mentre all’interno, cumuli di mattoni e intonaco non impediscono di ammirare la raffinatezza dell’impianto decorativo superstite. Scene mitologiche o campestri oggi di difficile lettura erano i soggetti principali che allietavano i suoi abitanti e i loro illustri ospiti (tra i quali forse anche l’imperatore Carlo V nel 1530).
Ma come ho detto la bellezza della Villa la vedete forse di più negli occhi di Fausto Corini e dei suoi amici che qualche mese fa hanno iniziato su Facebook la campagna Save Galvagnina (iscrivetevi, per favore) che verrà presto seguita da un’iniziativa di crowdfunding. Il loro progetto bellissimo e ambizioso prevede non solo il restauro della struttura e degli affreschi, ma anche di convertire, grazie a finanziamenti pubblici e privati, la Villa in una residenza per giovani artisti e studiosi.

Vedendo le condizioni attuali della Galvagnina viene da pensare che la loro è un’impresa disperata ai limiti del possibile, ma non è così: ho chiesto infatti di accompagnarmi a Moglia a un mio caro amico, il Prof. William Ottolini che con la moglie Giuliana Bini e un gruppo di amici, promosse parecchi anni fa un’ impresa che agli inizi sembrava ancora più disperata di questa: il recupero della Rocca-Villa Medici del Vascello a S. Giovanni in Croce, in provincia di Cremona. La Villa, circondata da uno splendido parco, fu la residenza di Cecilia Gallerani, la dama con l’ermellino ritratta da Leonardo, ma alla fine degli anni ’90 era ancora proprietà privata e, sembrava, avviata alla demolizione dopo essere stata depredata di tutti i più pregevoli manufatti. Oggi è proprietà del comune e dopo essere stata completamente e intelligentemente restaurata è tornata a splendere nella nostra pianura.
Un paese come il nostro, che vanta la più alta concentrazione di beni artistici e architettonici al mondo non può pensare che sia lo stato solo a doversi occupare della nostra risorsa più preziosa. Il miracolo italiano che mi piace celebrare con voi è che continuano ad esserci persone come Fausto per Galvagnina e come William per la Rocca di S. Giovanni che vedono la bellezza anche quando noi non la vediamo e che lottano perché questa bellezza venga svelata e conservata per il futuro. Aiutiamoli!