Borderless: sarà la prima volta per l’edizione annuale della capitale europea della cultura, protagoniste Gorizia e Nova Gorica (Friuli Venezia Giulia e Slovenia), nel 2025, insieme alla tedesca Chemnitz, anch’essa cittadina situata a poca distanza da un confine, quello con la Repubblica Ceca.
La presentazione ufficiale di GO 2025! – scattante titolo – si è tenuta nel contesto del 56° Vinitaly, il Salone internazionale del vino e dei distillati ospitato da Veronafiere, dal 14 al 17 aprile 2024, con oltre 4.000 cantine da tutta Italia e da 30 nazioni. L’annuncio più emozionante, tuttavia, è stato quello in loco, Gorizia e Nova Gorica, precisamente in piazza della Transalpina, significativa poiché un tempo oppressa da un muro come a Berlino.
Un po’ di storia, per capire meglio questa inedita elezione a capitale culturale per la città a doppia faccia: Gorizia si trova all’estrema periferia orientale della pianura friulana, al limitare fra Italia e Slovenia, nella confluenza delle valli dei fiumi Isonzo e Vipacco. Il nome italiano deriva dallo sloveno gorica che significa “collina”, diminutivo di gora, che significa “monte” e comparve per la prima volta nell’anno 1001 su un atto di donazione imperiale. Dal 1424 appartenne di fatto alla Repubblica di Venezia, ma il 12 aprile 1500 Leonardo di Gorizia, ultimo conte reggente, morì senza discendenti, lasciando in eredità la contea a Massimiliano I d’Asburgo, con grave disappunto dei veneziani, che cercarono di riprendersi la proprietà, invano. Dal 1509 fu terra asburgica e il titolo di conte di Gorizia passò ai sovrani d’Austria fino al 1918.
La terza guerra d’indipendenza italiana (1866) portò il Veneto nel Regno d’Italia e l’amministrazione imperiale austriaca aumentò il controllo sul gruppo etnico italiano, temendo correnti irredentiste. Nel 1909 la lingua italiana venne vietata in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni, favorendo il gruppo etnico slavo, ritenuto dall’impero più fedele. E fu presto tempo di guerra: per Gorizia iniziò nell’estate 1914, data la sua appartenenza all’impero austro-ungarico, mentre il regno d’Italia scese in campo nel maggio 1915. Le truppe italiane entrarono per la prima volta in città nell’agosto 1916. Sangue, morte, devastazione su entrambi i fronti. Su questo scenario d’orrore furono scritte le note di una canzone dall’autore anonimo, ma divenuta inno antimilitarista, tant’è che chi la intonava veniva accusato di disfattismo e fucilato: “(…) O, Gorizia, tu sei maledetta, per ogni cuore che sente coscienza; dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu (…)”.
Ripreso dagli austriaci dopo Caporetto (ottobre 1917), il sito venne definitivamente occupato dal Regio Esercito italiano solo a conflitto terminato, il 7 novembre 1918.
La seconda guerra mondiale riportò sangue, morte e devastazione. I partigiani del 9º corpo sloveno occuparono Gorizia nel maggio del 1945 e iniziarono le epurazioni degli oppositori – o presunti tali – al regime, italiani o sloveni che fossero. La maggior parte dei deportati fu trucidata in Jugoslavia, alla quale l’Italia, con il trattato di Parigi siglato davanti alle potenze vincitrici a cessazione delle ostilità nel 1947, lasciò poi circa i tre quinti del territorio cittadino (oltre che Istria e gran parte della Venezia Giulia).
Lungo il fiume Isonzo, di fronte, è situata la città slovena di Nova Gorica, il cui territorio fu parte integrante del comune di Gorizia fino a quel 1947, quando fu eretto il “Muro di Gorizia”, a dividere piazza della Transalpina e l’abitato rimasto italiano, dai quartieri periferici e dalla stazione ferroviaria, annessi appunto alla Jugoslavia; si sviluppò così Nova Gorica, come baricentro amministrativo a colmare il ruolo che fino a quel momento era stato svolto da Gorizia. Il mondo socialista e quello capitalista trovarono la loro contrapposizione nel taglio urbano.
Il primo maggio 2004, a seguito dell’ingresso della Slovenia nell’Unione europea, è stata smantellata la porzione muraria della piazza e il luogo ha ribaltato prospettiva, diventando amalgama sociale.
GO!2025 suggella concretamente e positivamente il concetto di cultura transfrontaliera, che si tradurrà in concerti di star internazionali e band emergenti, esibizioni interdisciplinari, festival enogastronomici, progetti architettonici e urbanistici. L’area di interesse sarà coerentemente focalizzata a Nord-Est, dall’italiana Venezia alla slovena Lubiana, cominciando con i brindisi di Eno-Satira e del Festival Malvasia in Porto, che si estenderà da Venezia a Muggia alla valle del Vipacco, e proseguendo con Gusti di Frontiera a Gorizia, affollato appuntamento triveneto dei sapori, progettato senza confini per i suoi primi 20 anni, nel settembre 2025, dopo un’edizione-ponte, dal 26 al 29 settembre 2024 con oltre 50 Paesi dei 5 continenti.
La programmazione del progetto fa capo ad un unicum a livello europeo, l’ente di gestione GECT GO fondato dai Comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba (comune contiguo), che opera sul territorio, affinché residenti e turisti possano vivere esperienze interculturali.
La direttrice, Romina Kocina, illustra i traguardi effettivi finora raggiunti, in un quadro molto articolato e sicuramente complesso:
“Il GECT GO, Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale, nel corso degli ultimi anni ha portato a termine importanti obiettivi: due progetti finanziati da fondi Interreg Italia-Slovenia del valore di 5 milioni di euro ciascuno, che hanno permesso di realizzare piste ciclabili ed una passerella sul fiume Isonzo al confine tra Italia e Slovenia. Ed importanti attività in ambito sanitario con le strutture pubbliche slovene e italiane. Questi traguardi hanno portato anche riconoscimenti da parte della stessa Commissione Europea, che ha premiato GECT GO nel 2022 come migliore GECT d’Europa (in Europa esistono attualmente più di 70 Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale – NdA). Iniziative, quindi, che hanno fatto da “palestra” e hanno portato il GECT ad essere poi individuato anche come ente gestore della Capitale Europea della Cultura nella fase di candidatura e nomina 2025”.
-GECT si può definire una cerniera fra culture: si è mai inceppata?
“GECT GO ci ha messo 10 anni per farsi conoscere, quindi indubbiamente alcune difficoltà ci sono state. I nostri fondatori sono pur sempre tre Comuni di due Paesi diversi – Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba – e non ci sono stati molti casi simili, in passato, ai quali fare riferimento per crescere: per molti versi siamo stati degli apripista. Siamo un ente pubblico che si confronta con la pubblica amministrazione, la parte più critica dell’attività, perché deve sempre tenere conto della legislazione di due Stati. A questo si aggiunge la diversità linguistica. Il personale del GECT è quasi interamente bilingue, ha personale sia italiano che sloveno, questo in parte ha aiutato a superare taluni ostacoli”.
Il ruolo di capitale europea della cultura, aldilà degli eventi 2025, che eredità prevedete possa lasciare?
“La legacy è un tema molto importante e su cui stiamo già facendo dei ragionamenti. Possiamo dire che stiamo già lavorando al dopo 2025. Al di là del programma artistico-culturale, per il quale contiamo comunque su produzioni transfrontaliere che possano mantenersi anche in futuro, quello che ci preme soprattutto è creare un cambiamento positivo in termini di convivenza; ci sembra importante che l’assenza di confine sia percepita non solo fisicamente, ma anche mentalmente, quindi la possibilità di vivere davvero in un’unica città, e non in due città sul confine. Riuscire ad implementare o almeno innescare un processo di integrazione di servizi si prospetta come un ottimo ed esemplare risultato e lo stesso vale per il bilinguismo: puntiamo perlomeno al bilinguismo passivo, perché riuscire a comprendersi parlando ciascuno nella propria lingua aiuterebbe nel quotidiano e stimolerebbe ulteriormente la collaborazione. Importante è lavorare su e con le giovani generazioni, ascoltarle, e questo è il processo che abbiamo avviato con le scuole e le università: un confronto per raccogliere idee e farle sentire ai “decisori””.
GECT GO è una struttura che lavora nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite, i 17 Sustainable Development Goals dell’Agenda europea 2030, che, presentati nel 2015, a dirla tutta stentano ancora ad imporsi come necessari e prioritari sulla scena globale.
“GECT GO – spiega Kocina – si impegna quotidianamente, a cominciare dall’obiettivo 5 sulla parità di genere, visto che buona parte del nostro personale è donna e in prima linea per le funzioni primarie dell’ente. Perseguiamo ogni punto e la nostra mission coincide in particolare con l’obiettivo 17, fare rete e implementare le partnership per il conseguimento dei goals. Siamo orgogliosi dell’azione pionieristica condotta da Gect e ci auguriamo che GO! 2025 sia il primo “caso” di Capitale Europea della Cultura a cavallo delle frontiere di stati nazionali, ma non certo l’ultimo. Speriamo di fare da battistrada nella attivazione di modalità concrete di integrazione fra città, comunità e stati europei, e di essere presto imitati da altre comunità, che insieme a noi lavorino per un’Europa integrata e portatrice dei valori di pace e sviluppo”.
A chiosa, i versi scelti nel 1991 come inno nazionale della neonata repubblica di Slovenia e tratti da Zdravljica (“Brindisi”), opera del poeta France Prešeren scritta nel 1844 e pubblicata nel ‘48: le parole formano il disegno di un calice di vino e l’auspicio è quanto mai universale