Sono tornata in Italia per qualche giorno durante le feste. È paradossale, ma non mi sono mai sentita così vicina alla mia famiglia e ai miei amici di una vita come adesso che di base sono così lontana. Ho vissuto come un privilegio il tempo passato insieme alle persone che amo. Ho provato gioia per tante piccole cose che probabilmente in altri momenti avrei considerato insopportabilmente noiose e avrei rifuggito, inventandomi vacanze nei posti più improbabili o accettando qualsiasi lavoro pur di evitarle. Questo, invece, è stato l’anno dell’entusiasmo per la scala quaranta con la mamma, per la tombola coi regalini riciclati, per tutti i giochi di società in generale, per i disegni con il mio nipotino acquisito (che sarebbe il nipote della mia migliore amica, ma ci consideriamo un’unica famiglia allargata), per l’ozio attorno al camino e per le lunghe passeggiate in mezzo alla nebbia con il mio Lupo. È così, quest’anno ho apprezzato persino la nebbia. Mi sentivo calata dentro all’atmosfera di un film di Fellini. In effetti, ho vissuto il mio personalissimo Amarcord.
In questi giorni ho maturato l’impressione che la distanza aiuti certi tipi di rapporti, quelli che si logorano facilmente con la quotidianità. O forse me ne voglio semplicemente convincere per sentirmi meno oppressa dal senso di nostalgia che mi assale prima ancora di partire. È così, non ho fatto in tempo ad arrivare e ambientarmi che già riparto.
Che cosa porto con me oltre a tanti bei ricordi? Non è una domanda retorica, è la domanda per eccellenza. È il momento di preparare la valigia ed è una cosa piuttosto seria. Per natura io sarei per prenderla piuttosto alla leggera. Getterei cose alla rinfusa dentro alla valigia più grande che ho con la filosofia del “poi eventualmente compro quello che mi manca”, ma l’esperienza mi ha insegnato che quando si tratta di andare a New York per qualche mese è meglio preparare un bagaglio molto ragionato. Ve lo dico perché mi è capitato più volte di trovarmi in situazioni tragicomiche dovute alla superficialità con cui avevo fatto le valigie quando sono partita.
Per esempio, sembra scontato, ma non lo è affatto: ci sono cose che è bene avere immediatamente a portata di mano, nel bagaglio a mano. Tipo un paio di guanti, un berretto e una sciarpa. Voi vi chiederete chi è che parte in questa stagione senza un paio di guanti, un berretto e una sciarpa. Ecco, a me è capitato. Non esattamente in questa stagione. Mi è successo verso la fine dello scorso inverno, quando in Italia non faceva più molto freddo, mentre a New York si gelava. Sono partita tenendo in considerazione solo la temperatura del posto che stavo lasciando e non quella di dove stavo arrivando. New York non è Milano, devo ripetermelo più spesso quando faccio i bagagli. Quella volta sono partita con un cappottino leggerissimo e non avevo né guanti né una sciarpetta. Certamente finché si tratta di un paio di guanti e di una sciarpa, la filosofia del “poi eventualmente compro quello che mi manca” a New York funziona benissimo. Solo che bisogna arrivarci a comprarli i guanti e la sciarpetta e nel frattempo si rischia una broncopolmonite.
Sì, perché non è esattamente così semplice trovare degli articoli invernali verso la fine della stagione. I negozi di New York sono avanti. I saldi iniziano molto presto e nel frattempo i negozi si riempiono delle collezioni primaverili ed estive. Il contrasto tra il clima gelido e i sandaletti che sono esposti nella maggior parte delle vetrine è fortissimo. Questo scarto tra la stagione effettiva e quelle della moda va tenuto in alta considerazione prima della partenza. Sempre meglio mettere un maglioncino in più in valigia. Anche d’estate è consigliabilissimo portare sciarpe, giubbottini e maglie, viste le temperature glaciali di certe arie condizionate.
Un’altra cosa che sembra scontata, ma non lo è affatto: gli adattatori. Ok, a New York è pieno di Duane Reade e altri negozi aperti 24 ore su 24 in cui trovare veramente di tutto, però non è così scontato sapere esattamente dove si trovano e avere voglia di uscire dopo il lungo viaggio solo per comprare un adattatore.
Per non dimenticarmene, ho assegnato ai carica batterie e agli adattatori una specifica bustina. Questo è il rimedio al mio disordine: ho una bustina per tutto e ho anche una regola che mi ha insegnato un film maker con cui ho lavorato qualche anno fa. Lui di carattere sarebbe disordinato e con la testa tra le nuvole quanto me, ma per lavoro viaggia spesso con attrezzatura molto costosa, per questo ha ideato il “metodo dei colli”. In pratica, prima di uscire di casa, conti quanti “colli” hai e quel numero te lo devi ricordare nel corso della giornata e ti deve poi tornare quando rientri. In pratica, ogni volta che scendi da un taxi o da un treno dovresti ripeterti mentalmente il numero delle cose che hai addosso per poi verificare se effettivamente non stai dimenticando niente. Nonostante le bustine e nonostante il metodo, riesco sempre comunque a dimenticare qualcosa.
Ci sono cose, però, che è molto più impegnativo dimenticare rispetto ad altre. Un conto è una sciarpa o un adattatore, altra cosa è dimenticare gli occhiali da vista o le lenti a contatto. Negli Stati Uniti non funziona come da noi. Anche se sapete benissimo quanto vi manca, non potete presentarvi da un ottico e cercare di comprare delle lenti senza avere un certificato di un oculista e per averlo, dovete sottoporvi a una vera e propria visita. Dimenticare le lenti o gli occhiali, può costare decisamente caro in termini economici e di tempo perso.
Altra cosa da non sottovalutare: le medicine. Bisogna calcolare bene quante e quali medicine servono per il periodo in cui si sta negli Stati Uniti, altrimenti si finisce come quella volta che mi sono ritrovata senza pillola. Quante volte in Italia mi è capitato di non trovare più la ricetta e in farmacia hanno fatto uno strappo alla regola, dandomela lo stesso. Questo in America non succederà mai. Non vi daranno mai e poi mai una medicina senza la ricetta. Quella volta io mi sono fatta inviare la ricetta dalla mia ginecologa via fax e via mail, ma non è servito a niente. Occorre una ricetta di un medico americano con le spese e la perdita di tempo che ne consegue. A quel punto, ho chiesto ai miei genitori se potevano spedirmene una confezione e sono stati così premurosi da inviarla con allegata la ricetta. Solo che quella confezione non è mai arrivata.
Altro insegnamento: non si possono spedire medicinali negli Stati Uniti. Nel frattempo, però, ero convinta di avere un asso nella manica: un amico del mio ex stava per partire per New York. Gli ho inviato la foto della scatola e la foto della ricetta. Ero convinta di essere a posto, ma non avevo calcolato che essendo amico del mio ex, avesse il suo stesso grado di affidabilità. Così, si è presentato a New York senza pillola perché contava di comprarla in aeroporto, peccato che nell’aeroporto da cui è partito non ci fosse una farmacia, ma solo una parafarmacia. Ho deciso di prendere la cosa in modo zen e trarne due ulteriori insegnamenti: mai ridursi a comprare delle medicine importanti in aeroporto che se poi non le trovi sei nei guai e soprattutto bisogna preparare sempre un piano B, un piano C e un piano D quando si ha a che fare con personaggi del genere.
Così, come sempre, ho risolto grazie ai sei gradi di separazione. Ho lanciato un appello ai miei amici di Facebook, chiedendo se qualcuno di loro avesse in programma a breve un viaggio a New York o se conoscessero qualcuno che stava per farlo o comunque di fare girare il mio messaggio. In neanche un’ora avevo trovato una soluzione: la mia pillola è arrivata il giorno dopo con il fratello del fidanzato di una mia amica che vive a Londra. Quanto amo essere nata in un’epoca in cui quasi tutto si può risolvere con pochi clic! Mia nonna diceva sempre “chi non ha testa abbia gambe”…o una connessione internet, aggiungerei io!
Comunque tutto questo era per spiegarvi come e perché sono diventata piuttosto organizzata. Spero che anche voi possiate fare tesoro delle mie esperienze, anche se magari non ne avreste comunque bisogno. Non è detto che siate sconclusionati come me.
Però qualche consiglio non fa mai male, soprattutto perché New York trae in inganno. Si pensa che ci si possa trovare qualsiasi cosa e invece non è così. Affatto. Bisogna fare i conti con il fatto che è vero che a New York ci sono un milione di cose che non si trovano nel resto del mondo, viceversa esistono pochissimi oggetti di uso comune che per motivi culturali o vai a capire perché, sorprendentemente, non si trovano o sono molto rari.
Per esempio, provate a cercare un accappatoio a New York. Ora sorridete, ma in realtà ho lanciato una vera e propria caccia al tesoro. Gli accappatoi esisteranno forse in alcuni grandi alberghi che si rivolgono a una clientela internazionale, ma i newyorchesi non usano gli accappatoi. Pensateci bene: avete mai visto un film ambientato a New York in cui i protagonisti indossino degli accappatoi? No. Categoricamente no. È impossibile. L’accappatoio è proprio un concetto che per loro non esiste. Lo so bene perché quando ero appena arrivata, ho girato un’intera giornata, come una trottola, avanti e indietro per Manhattan, alla ricerca di un accappatoio e non ce l’ho fatta. Ho camminato per più di 14 km, così dice il contapassi del mio iphone, entrando in grandi magazzini, negozi di intimo, casalinghi, persino vintage perché a un certo punto me lo sarei fatto andare bene pure usato, ma non ho trovato neanche l’ombra di un accappatoio. Alla fine, ho iniziato a chiedere alla gente per strada: “Do you know where I can buy a bathrobe?” ed evidentemente pure la parola bathrobe non era familiare alla maggior parte delle persone, visto che mi rispondevano tutti indicandomi il bagno più vicino. Quando io obiettavo che no, non stavo cercando un bathroom, ma un accappatoio ovvero quella cosa di spugna che si mette dopo la doccia, tutti mi guardavano come se fossi stata un alieno. Qualcuno mi ha anche risposto chiedendomi perché non potevo usare una towel come tutti. Io non la volevo la towel, accidenti!
Quando si arriva a New York, bisogna entrare nell’ordine di idee che andare in bagno sarà un’esperienza piuttosto traumatica. Un bagno con una finestra è una rarità, il bidet non esiste e la lavatrice in casa è un’utopia. Non avevo voglia di rinunciare persino al comfort di avere un bell’accappatoio con cappuccio. Persino questo no. A fine giornata, sono rientrata a casa stremata e ho deciso di chiedere consiglio alle uniche due persone che conoscevo a New York. Entrambi mi hanno dato la stessa risposta: se proprio volevo un accappatoio e da bravi newyorchesi non riuscivano a spiegarsi il perché, dovevo andare da Bed bath and beyond. Il giorno dopo l’ho fatto e ho comprato l’unico modello disponibile: senza cappuccio e di una spugna che ci mette settimane ad asciugarsi. Non esattamente il massimo. Poi col tempo ho iniziato ad avere l’occhio per gli accappatoi e ho scoperto altri due posti in cui si possono comprare: l’Ikea e Macy’s. Detto questo, non ho mai trovato un accappatoio con cappuccio. Mai. In realtà, poi chiacchierando con altri italiani ho scoperto che non sono l’unica ad avere avuto quest’esigenza. Anzi, chi vive qua da tanti anni mi ha detto che l’accappatoio è proprio il tipico regalo che i familiari degli emigranti tuttora portano dall’Italia quando vengono a trovarli. Insomma, se state per venire a trovare qualcuno negli Stati Uniti, sapete cosa portare in regalo.
E dire che io non sono di quelle italiane che riempiono le valigie con i prodotti locali. Per me non c’è niente di irrinunciabile e comunque dal punto di vista alimentare a New York si trova davvero di tutto. Eppure conosco persone che si portano scorte di Pandistelle. Cosa che trovo stupidissima perché quei biscotti come quasi tutti gli altri prodotti italiani di uso comune si trovano facilmente da Eataly, da Citarella e in tantissimi altri posticini. Ci sono alcune cose un po’ più difficili da scovare, tipo la pancetta (e non il bacon!) per cucinare carbonara o amatriciana, ma una volta individuati i posti in cui comprarle (la pancetta, per esempio, si trova al Chelsea Market), è fatta. Prima o poi vi parlerò delle meraviglie del fare la spesa a New York, ora però torno a preparare la valigia.
Tra una bustina e l’altra, sono quasi pronta. Stavolta spero proprio di non avere dimenticato niente, vi saprò dire. Ci si rivede a New York la settimana prossima!