Oh! Che ricordo la visita di Mendoza! La prima cosa che sorprende è l'acqua, come a Parigi si osserva la Tour Eiffel o a Las Vegas si pensa al gioco.
Mendoza, a ovest di Buenos Aires e ai piedi delle Ande, è anche la città del sole e del vino, dove molti italiani hanno contribuito a svilupare una potente industria e probabilmente i migliori rossi del Sudamerica.
Sono stato invitato tre anni fa dalla Stampa Estera, in occasione della grande festa della Vendimia, che viene celebrata a marzo, quando in questa parte del mondo comincia l'autunno. Carrozze attrezzate con enormi bottiglie di vino, tanta uva e ovviamente molte ragazze bellissime. Perché si fa anche un concorso di bellezza che finirà con una Regina e due Principesse: e come al solito, in questi casi, lacrime di gioia, sorrisi e l'illusione di essere veramente "una reina" (forse queste ragazzine sognano della concittadina Maxima, ora diventata regina d'Olanda!).
Ci portano un po' di qua e po' di là, ma sopratutto alle "bodegas", dove il vero re è il vino. I miei colleghi esultano, bevono e comprano, comprano e bevono. Ma io, che non ho mai bevuto un goccio d'alcool – in Argentina nessuno crede che sia una mia scelta e tutti sorridono pensando che sono uno che frequenta gli Alcolisti Anonimi – me ne vado per conto mio a scoprire la città.
E trovo l'acqua. Ogni strada ha una sorta di piccolo canale dove circola l'acqua che scende dalla Cordigliera, purissima, cristallina e fredda. E da un marciapiedi all'altro si alzano enormi alberi le cui fronde si uniscono a metà strada, creando un gigantesco tunnel verde.
E poi, c'è il monumento al Libertador di Argentina, Cile e Peru, il generale San Martin, eroe dell'Indipendenza 200 anni fa. Il monumento è grande quanto il mito di questo militare che, malato e trasportato in barella, traversò Le Ande con le sue truppe, per sorprendere gli spagnoli tra le alte montagne e il Pacifico.
Il monumento domina il panorama e fa riflettere sul paradosso di questo generale che sognava la libertà e sui dittatori del ventesimo secolo, sia in Argentina che in Cile, da Pinochet a Videla, che per imporre il neoliberismo economico fecero scomparire uomini, donne e bambini.
Con questi pensieri ritorno al mio albergo, dove mi aspetta un'altra sorpresa: la presidente argentina peronista Cristina Kirchner, che traversa il salone come una vera regina.
La guardo – non molto giovane ma elegante e in forma – e mi faccio la domanda che si pongono tutti gli stranieri: ma… cos'è il peronismo? Perché questo partito – che molti definisco come "un sentimento" che include la destra, il centro e la sinistra – domina la politica argentina dagli anni '40?