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September 21, 2017
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I complici del liberismo e del dissesto ambientale

La vendita al dettaglio scompare per essere sostituita dall'acquisto on line: le drammatiche conseguenze

Francesco ErspamerbyFrancesco Erspamer
I complici del liberismo e del dissesto ambientale

Uno dei punti di raccolta di Amazon per lo smistamento dei prodotti

Time: 3 mins read

Wall Street sta scommettendo sul completo disfacimento del settore della vendita al dettaglio, in altre parole sulla scomparsa dei negozi, processo già molto avanzato negli Stati Uniti: dall’inizio dell’anno il numero di esercizi che hanno dovuto chiudere è triplicato  e il processo continua ad accelerare. Rendono troppo poco, i negozi: meglio investire in azioni di Amazon, spiega CNN, anche se ciò inevitabilmente comporterà la rovina di milioni di commercianti e piccoli imprenditori e in sostanza la rapida sparizione della classe media. Per non parlare dell’eliminazione dei luoghi d’incontro e interazione sociale: sempre più americani ormai fanno tutto da casa (lavoro, shopping, ginnastica, intrattenimento, religione, amicizie o pseudo tali), pienamente realizzando il delirio individualista che da sempre ha caratterizzato l’ideologia protestante e capitalista. Le conseguenze saranno devastanti, già lo mostrano le epidemie di obesità e droghe pesanti e l’abuso di antidepressivi e ansiolitici; ma cosa volete che gliene freghi agli speculatori internazionali? Loro non vivono in comunità reali bensì in bolle globali di privilegio e comunque l’ideologia dominante afferma che solo chi ha successo se lo merita, gli altri sono degli sfigati ed è giusto che non abbiano nulla. A cominciare dal lavoro: nel commercio online la mano d’opera necessaria per ogni milione di dollari di ricavi è una frazione di quella necessaria nel commercio al dettaglio e con robot e drone la situazione peggiorerà ulteriormente. Ovvio che buona parte dei giovani non potrà ambire che a un precariato sottopagato o alla carità dei benestanti.

Però le vere vittime saranno poche: quelli che cercano di resistere, di organizzarsi, di ribellarsi; è per loro che soffro e che scrivo. Gli altri, la maggioranza, hanno di fatto accettato il loro destino di miseria e ne sono complici. Perché il liberismo globalista non si regge solo su una minuscola casta di psicopatici che vogliono guadagnare sempre di più; anche su un’immensa massa di consumatori compulsivi che vogliono spendere sempre meno. Entrambi appiattiti sul presente e sui loro desideri immediati, per lo più indotti, e del tutto incuranti delle conseguenze di medio e lungo termine della loro avidità. Usate Uber? Fate gli acquisti su internet e in particolare su Amazon? Leggete solo i giornali online perché sono gratis? Siete favorevoli alla sostituzione dei lavoratori con computer e smartphone o comunque la considerate inevitabile? Comprate regolarmente merci fabbricate in Asia o in Africa perché quelle fabbricate in Italia costano di più, indifferenti al fatto che la differenza di prezzo dipende dai diritti e dalle tutele conquistate nel secolo scorso dai lavoratori occidentali e dai loro sindacati? Pensate che se qualcuno guadagna decine di milioni di euro all’anno, come Marchionne, o abbia accumulato un patrimonio di decine di miliardi, come Mark Zuckerberg, quei soldi se li sia meritati, che sia giusto che li riceva perché è più abile e fortunato degli altri e comunque così va il mondo e chiunque farebbe lo stesso? Se siete ricchi e sicuri che i vostri figli vivranno anche loro di rendita o nel lusso, allora avete ragione; altrimenti siete dei folli che si stanno svendendo alle multinazionali e rinunciando, in cambio di servizi e prodotti per lo più inutili, non solo a qualsiasi potere di controllo e di programmazione ma anche ai loro diritti e al loro benessere.

Non si tratta di rifiutare ogni innovazione e tecnologia. Si tratta di indirizzarle al miglioramento della qualità della vita di tutti, non solo al profitto degli investitori. Basterebbe pretendere per gli autisti di Uber gli stessi permessi dei tassisti, basterebbe imporre un’imposta su ogni prodotto importato o venduto online e una Tobin tax su ogni operazione finanziaria, basterebbe dare vero potere all’antitrust e fare a pezzi ogni corporation troppo potente in un singolo paese o con attività in più paesi, basterebbe tassare al 90% ogni introito individuale superiore, mettiamo, al milione di euro, come negli Stati Uniti, mica nell’URSS, nel dopoguerra. Utopie? No, semplicemente idee di sinistra. Che certamente non possono essere realizzate sùbito e facilmente; ma devono restare vive, continuare a circolare: per quando il tracollo ambientale e sociale diventerà evidente anche a tanti che oggi partecipano con rassegnazione, indifferenza o addirittura entusiasmo alla deriva liberista.

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Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

Nato a Bari, cresciuto a Parma e in Trentino, laureato a Roma, professore a Harvard. Mi interesso di letteratura, politica, storia delle idee e cambiamenti culturali. Insegno corsi su estetica, romanzo moderno e contemporaneo, Rinascimento, calcio. Di recente ho scritto: La creazione del passato, Sulla modernità culturale e paura di cambiare, Crisi e critica del concetto di cultura. Come Gramsci, penso che al pessimismo della ragione occorra accompagnare l’ottimismo della volontà, e come James Baldwin, che la libertà non la si possa ricevere in dono: bisogna prendersela.

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