La cena ecumenica per i settant’anni dell’Accademia Italiana della Cucina la aspettavano in molti. Era il 1953 quando all’Hotel “Diana” di Milano Orio Vergani, Dino Buzzati, Luigi Bertett e Marino Parenti fondarono il gruppo davanti a un piatto di risotto allo zafferano.
Settant’anni dopo, mentre le delegazioni di tutto il mondo hanno organizzato nella stessa sera un evento per celebrare il loro anniversario, a New York gli accademici guidati da Roberta Marini si sono dati appuntamento nell’Upper West Side, tra i tavoli del ristorante Lucciola dello Chef Michele Casadei Massari.
All’evento, in rappresentanza delle istituzioni, era presente anche la Vice Console Marta Mammana, che nei saluti iniziali ha ricordato l’importante ruolo dell’Accademia nella scoperta e la valorizzazione delle eccellenze culinarie italiane a New York.
Da Lucciola, la cena è ruotata attorno al tema “Il riso, il mais e gli altri cereali (grano, farro, orzo, avena, segale) nella cucina della tradizione regionale” e su cui chef Massari, al comando di un locale noto per le sperimentazioni gastronomiche, ha costruito un menù capace di fondere la tradizione alle innovazioni dell’alta cucina.
Il tutto partendo da due pinse romane arricchite da tartufo e caviale Adamas (It Takes Two to Tango), abbinate a un Gavi di Gavi Rovereto Chiarlo 2022. Si è poi passati al farro, servito con merluzzo e caviale e abbinato a un rosso Animardente dell’Etna. “Sentite la consistenza?”, chiede Massari agli ospiti durante l’assaggio. “Questo è un piatto che va masticato. Vi ricordate quando la mamma da piccoli ci diceva ‘mastica bene prima di mandare giù?’. Con questo primo abbiamo voluto riportarvi indietro nel tempo, a come si cucinava negli anni ’50 e ’60”.
È stato poi il turno del protagonista della serata, il risotto alla milanese servito insieme a un Barbera La Court Chiarlo del 2019. Il piatto simbolo dell’Accademia che Massari ha voluto proporre “alla Lucciola”, utilizzando un metodo di cottura molto specifico durante il quale l’acqua non viene mai portata ad ebollizione. Una tecnica che ha incuriosito gli ospiti della serata, ma che non è stata l’unica sorpresa di una cena costruita sulle emozioni.
Dopo pochi minuti dal risotto, infatti, dalla cucina è uscito un piatto inaspettato. “È il ghost dish!”, ha annunciato lo chef, che restando in clima autunnale ha voluto proporre uno speciale gnocco di zucca immerso in una crema di gorgonzola dall’incredibile sapidità. “Questo è un fuori menù, un piatto speciale pensato solo per voi”, diceva sorridendo a chi gli chiedeva di riproporlo in altre serate.
I cuochi di Lucciola hanno poi proposto un pregiatissimo taglio di Wagyu accostato a una polenta al Parmigiano Reggiano Vacche Rosse 24 mesi con aromi di tartufo e porcini freschi, prima di coccolare i palati con gli zuccheri della “Barozzi Style Cake” al cioccolato.
Sei portate che hanno accompagnato gli ospiti in un viaggio rimasto leggero e sfizioso nonostante la grande presenza di carboidrati necessari per rispettare il tema della serata. Una scommessa vinta da Lucciola e dallo chef Massari, che in chiusura cita un verso del brano “Se stasera sono qui” di Luigi Tenco: “Per me venire qui è stato come scalare la montagna più alta del mondo, e ora che son qui voglio dimenticare i ricordi più tristi giù in fondo”.
“La ragione della frase – spiega lo chef – è che l’impegno e le sfide che ci siamo preposti prima e durante la pandemia hanno portato il ristorante, che ha 18 coperti ed di proprietà mia, del mio compagno di scuola Alberto Ghezzi e di Luca Filicori, ad essere un locale di qualità pur senza grandi investitori e senza reti, ma solo grazie a coraggio, passione e ingredienti eccezionali di altrettanti piccoli ed eccezionali produttori. Per noi ieri sera è stato come laurearci all’Accademia Della Cucina Italiana e ne siamo grati, oltre che orgogliosi. Ne faremo tesoro per continuare a scalare senza scorciatoie la montagna più alta che c’è: New York”.