A due passi da Red Hook e dal canale di Gowanus, nel cuore industriale di Brooklyn si erge una palazzina di vetro che da un paio d’anni ospita La Trafila, il pastificio di Luigi Speranza e della moglie Jiselle.
Il vulcanico trentenne di Torre del Greco che da poco ha avuto un secondo bambino, facendo di necessità virtù trasformò il periodo di lockdown e quello seguente di restrizioni cittadine in una fase di gestazione e realizzazione di un suo business, un pastificio che ha finito per rifornire alcuni tra i migliori ristoranti italiani della città.
“Il nostro prodotto è unico e artigianale, e per questo produciamo solo su ordinazione”. Nel lavoro di Speranza – che ha ideato il concetto assieme alla moglie, specializzata in Business, Media & Communication e con una doppia certificazione in Culinary Arts e Culinary Management – non c’è nulla di improvvisato.
“La mia passione per la cucina e gli ingredienti viene da mia madre, e giovanissimo sono andato alla scuola alberghiera di Roccaraso in Abruzzo. Durante le estati lavoravo in giro per l’Italia, e una volta diplomato ho deciso di imparare l’inglese e ho lavorato per anni ad Amsterdam al ristorante l’Incanto. Dall’Olanda ho preso il volo quattro anni fa e a New York ho lavorato anni come consulente e arrivando a essere Executive Chef del Sola Hospitality Group. A un certo punto volevo prendermi un periodo di riflessione ed è arrivata la pandemia”.
Come hai fatto ad affermarti in quel periodo?
Il periodo è stato funzionale alla nascita della mia impresa. I contatti con i ristoranti ce li avevo: nel momento in cui tutti hanno chiuso, cominciando a lavorare solo da asporto, io ho cominciato a piazzare il mio prodotto ed era così unico e in quel momento necessario che i ristoranti che hanno iniziato a lavorare con me se ne sono innamorati. Questo per il wholesale. Per il retail invece ho cominciato a lavorare nei mercati di quartiere, da quello di Park Slope a quello di Larchmont, da Huntington a Long Island a McGolrick Park a Greenpoint.
Adesso La Trafila continua a crescere, un prodotto e concetto molto apprezzato sia dai ristoranti che dal consumatore normale.
Qual è la differenza tra i prodotti per ristoranti e quelli per i mercati?
Con il consumatore diretto abbiamo più padronanza di scegliere cosa offrire al mercato di quartiere. Lo chef invece ha esigenze molto più particolari, la competizione a New York è altissima e quindi se non offri qualcosa che pochissimi o forse nessuno ha, ti metti solo in coda agli altri.
Quali sono le novità di questo periodo?
Oltre a lavorare con prodotti stagionali, come ad esempio: gemelli al pomodoro, linguine al nero di seppia, bucatini al limone… non può mancare il nostro cavallo di battaglia ovvero lo gnocco ripieno quest’anno con il pesto di basilico.
Oltre agli ingredienti stagionali stiamo collaborando con una azienda agricola a circa 100 miglia, ma per ora non posso svelarvi altro!