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Bagel newyorchesi in Italia? “Beehive Bagels” ci prova col gusto made in New York

Steve Brenner, ebreo americano, racconta come è riuscito a unire due culture e conquistare i cuori degli italiani con le soffici ciambelle della sua infanzia

Maria Sole AngelettibyMaria Sole Angeletti
Bagel newyorchesi in Italia? “Beehive Bagels” ci prova col gusto made in New York

Steve, realizza la sua versione ideale di un bagel di New York, ispirato dalla sua infanzia. (Credit Pic: Scott Allen Wilson)

Time: 5 mins read

Steve e Linda sono una coppia americana che dal ’99 vivono a Roma, dove gestiscono The Beehive Hostel, ma l’anno scorso, quando il mondo è stato bloccato dalla pandemia, hanno iniziato a produrre bagel. È nato tutto come un gioco, con la volontà di infondere gioia in quei giorni terrificanti e oggi continua a procedere nella sua missione con notevole successo. Chiunque abbia mai gustato un bagel di New York tende ad andare alla ricerca di quella dolce delizia anche quando è lontano dalla città. E così Steve, quasi per caso, ha fatto scoprire agli italiani i suoi soffici bagel, tanto che sono diventati una sorta di poesia culinaria che approda in tutta Italia grazie al servizio delivery. De Beehive Bagels è una di quelle storie di coraggio, tutto americano, e mentre Steve Brenner la racconta, dalle sue parole emerge quanto l’amore e il rispetto delle proprie tradizioni può arrivare a nutrire una moltitudine di cuori. 

Com’è nata l’idea di Beehive Bagels ?

Da Beehive Bagels, i gusti più amati sono cinnamon-raisin ed Everithing. (Credit Pic: Scott Allen Wilson)

“Per necessità e per un’idea di mia moglie, quando a ottobre dell’anno scorso in pieno lockdown mi ha proposto di cucinare i bagel, quelli che un tempo offrivamo nelle colazioni del nostro ostello. Una serie di coincidenze fortunate che si sono unite al momento giusto, i bagel sono un cibo pratico e soprattutto per i molti americani bloccati in Italia è stato un cibo amico e così sono entrati nelle case in punta di piedi diventando un conforto anche per gli italiani”. 

Fornite un servizio di delivery e take away nella città di Roma e in tutta Italia. Sono tanti i consumatori italiani che preferiscono i bagel al cornetto e cappuccino?

“No, il mercato italiano è ancora da conquistare, non è semplice soprattutto perché i bagel che esistono in commercio in Italia non sono di qualità e così vengono scartati dalla spesa quotidiana. Tutto a causa della cattiva esperienza che può creare un’idea distorta. Tanti sono gli italiani che non sanno cosa sia un buon bagel oltre al fatto che la colazione salata è un’abitudine molto americana”. 

I bagel prima di diventare cibo alla moda e associato a New York erano mangiati solo dalle comunità ebraiche. Porta con se il senso di questa tradizione e li associa alla sua infanzia? 

“Si, io sono americano ed ebreo quindi per me rientra nella quotidianità, è il pane della mia infanzia. Quando la mia famiglia si trasferì per un periodo in Colorado, mi ricordo che non c’erano buoni bagel e tutte le volte che qualche parente veniva a farci visita, riempivano le valigie di bagel freschi perché non desideravamo altro”.

Una serie di coincidenze fortunate che si sono unite al momento giusto, i bagels per i molti sono un cibo amico” Steve (Credit Pic: Federica Valabrega)

Negli anni Venti i bagel venivano fatti a mano a Manhattan da ebrei immigrati dall’Europa Orientale. Le condizioni di lavoro erano tremende tanto che si diceva “Dormi a terra e cuoci bagel”. Quanti bagel sforna ogni giorno e quali sono le difficoltà che ha dovuto affrontare?

“Entro le dieci del mattino sforno tra i 100 e i 400 bagel, sopratutto se abbiamo molte spedizioni, durante il lockdown ne sfornavo 1200 a settimana. Le difficoltà ci sono, sopratutto perché non ho un locale tutto mio ma inforno i bagel nella pizzeria Mr Crunch. Deve sapere che quando la richiesta durante la pandemia è diventata tanta, la cucina dell’ostello che gestisco non ce la faceva a sopperirla così sono stato ospitato. Certo i tempi che ho a disposizione sono stretti così come gli spazi e la temperatura del forno è adatta per le pizze ma non per i bagel, tanto che  devo continuamente controllarla. Ma la difficoltà più grande è la lievitazione, se l’impasto ha troppa o poca aria al suo interno, sa cosa succede? Una volta che lo metti nell’acqua in ebolizione, collassa e si appiattisce oppure diventa un sasso. Quanto è difficile trovare l’equilibrio magico!”.

Mi racconti le soddisfazioni. 

“Il loro profumo non stanca mai, si sente dall’angolo della strada, è così intenso e poi quanto sono carini, mettono allegria. Mi emoziono quando un newyorkese mi dice che non sente la differenza con quelli che mangia in città”.

Pane a forma di ciambella, bollito brevemente in acqua e poi cotto al vapore. Si dice che le ricette semplici sono quelle più difficili da cucinare. La sua le è stata tramandata ? 

“No, non mi è stata tramandata, nella mia famiglia erano più le volte che si mangiavano quelli in scatola, buttati nel forno a microonde, che quelli freschi. La ricetta viene dalla mie memorie sensoriali ed è tutta farina del mio sacco”.

Negli anni Venti i bagels venivano fatti a mano a Manhattan da ebrei immigrati dall’Europa Orientale. ( Credit Pic: Federica Valabrega)

Tra le tante varianti il più newyorkese che avete è decisamente il Pumpernickel, con impasto a base di segale e cumino. Un sapore impossibile da trovare in Italia che catapulta oltreoceano. Quali sono i gusti più gettonati?

“La mia sorpresa è che tanti sono amanti del gusto cannella e uvetta che io trovo il  meno interessante, il migliore è quello alla cipolla, mentre quelli ai semi di papavero e sesamo sono deliziosi. Il Pumpernickel ha un posto speciale nel mio cuore e nella mia infanzia. Molti mi chiedono quello ai mirtilli, ma sono troppo costosi e poco tradizionali così abbiamo deciso di non inserirli”.

Come si deve mangiare un bagel? 

“Ci sono i puristi che non li tostano, ma io consiglio anche se sono freschi di scaldarli, sono più buoni. Il problema è che molti italiani non hanno il tostapane, l’elettrodomestico fondamentale per rendere un bagel perfetto, perchè lo lascia morbido dentro e dorato all’esterno, così il burro rigorosamente salato, si spalma velocemente. Ho scoperto che è un ingrediente che fa storcere il naso a molti italiani anche se quelle poche volte che sono riuscito a convincerli sono rimasti a bocca a porta. Che soddisfazione!”  

“Il loro profumo non stanca mai, si sente dall’angolo della strada, è così intenso e poi quanto sono carini, mettono allegria”. Steve (Credit Pic: Scott Allen Wilson)

Nel 1951, il New York Times, in un articolo sullo sciopero dei panettieri di bagel, ritenne necessario fornire una guida alla pronuncia (“baygle”) e definirlo come un “rotolo con superficie smaltata con pasta bianca soda”. Si trova spesso nella condizione di dover spiegare cosa sono ? 

“Si, mi chiedono soprattutto come si pronuncia, ma per gli italiani noto che dopo diversi tentativi tornano a sbagliare, ho capito che è un suono strano per loro. Tante volte mi trovo a spiegare cosa sono, li confondono in molti per ciambelle dolci e per tanti è una vera e propria scoperta”.

Di solito ci si avvicina ai cibi di paesi esteri per curiosità e spesso è difficile che si tramuti in abitudine. È impegnativo mantenere viva una tradizione culinaria lontana dal suo paese d’origine ? 

“Dipende, consideri che la farina italiana è migliore di quella americana, sia economicamente che per la qualità, unire le culture rende le cose più semplici a volte. Negli Stati Uniti avrei troppa competizione”. 

La forma ad anello simboleggia il ciclo della vita e rappresentava un augurio di buona sorte. Cosa si augura di realizzare in questo nuovo tempo post pandemico? 

“Il nostro sogno è di aprire un laboratorio per solo bagel e concentrarci soprattutto sul delivery in tutta Europa. Vorrei anche introdurre i cookies americani e il venerdì il pane ebraico. Un grande spazio per cucinare tutto mio e una piccola finestra che affaccia sul mondo, ecco si questo è il mio sogno”. 

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Maria Sole Angeletti

Maria Sole Angeletti

Tra i libri di diritto ha capito che la sua vera passione sono le parole. Si occupa di New York, cultura e fa interviste. Content creator, social media director e autrice di podcast.

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