Se da oggi i neutrini cosmici sono oggetti un po’ meno misteriosi, lo si deve anche a lei: Sara Buson, astrofisica italiana in forze al Goddard Space Flight Center della NASA, insieme alla collega tedesca Anna Franckowiak ha analizzato i dati inediti registrati dal telescopio spaziale Fermi Large Area Telescope il 22 settembre 2017. Quel giorno il satellite-telescopio in orbita attorno alla terra ha intercettato dei raggi gamma che viaggiavano da un lontano buco nero verso la terra, mentre nelle stesse ore l’osservatorio IceCube, al Polo Sud, intercettava un neutrino di alta energia proveniente dalla stessa regione di cielo. Proprio l’incrocio di questi due dati ha consentito di fare un deciso passo avanti nella comprensione dell’origine dei neutrini cosmici.
Sara Buson è stata finalista agli ISSNAF Awards 2017, il premio messo in palio dalla fondazione che riunisce 4 mila scienziati italiani in Nord America, concorrendo nella categoria Young Investigators – Environmental Sciences, Astrophysics and Chemistry. Ma chiediamo a lei stessa di spiegarci con parole chiare il senso di questa scoperta, annunciata dalla National Science Foundation (NSF) con una conferenza stampa il 12 luglio 2018, in concomitanza con press release di NASA e dei vari maggiori centri di ricerca internazionali, tra cui anche quelli italiani: l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale AstroFisica (INAF).
In che cosa consiste la novità emersa oggi?
“Il 22 settembre 2017 IceCube, un detector di neutrini che si trova al Polo Sud, ha rilevato un neutrino di altissima energia, cioè una particella di massa quasi nulla che raramente interagisce con la materia. L’elevata energia del neutrino è indice della sua probabile origine cosmica, cioè del fatto che il neutrino non proveniva dalla Terra, né dalle prossimità del nostro sistema solare. IceCube è in grado di “trovare” tracce di neutrini usando il ghiaccio dell’Antartide come un grande bersaglio: quando i neutrini attraversano il ghiaccio possono collidere con le molecole d’acqua, creando cascate di altre particelle che a loro volta producono un segnale di luce Cherenkov osservabile nel detector IceCube”.
Fin qui, nulla di nuovo, giusto?
“L’osservatorio IceCube è costituito da 5000 detector seppelliti in un kilometro cubo di ghiaccio nell’Antartico. Operativo dal 2010, da allora ha osservato circa 80 eventi come questo ma nessuno di tali eventi ha dato prova di una sicura ed indiscutibile controparte astrofisica, cioè per nessuno di quei neutrini era stato possibile identificare la sorgente che l’aveva prodotto nell’Universo. Sebbene sia oramai una certezza che almeno una parte di questi neutrini osservati da IceCube siano di origine extra-terreste, quali sorgenti siano effettivamente responsabili della loro creazione resta un mistero. Ed il mistero si fa ancora più fitto dato che per creare questi neutrini è necessario accelerare particelle dette “raggi cosmici” ad energie irraggiungibili sulla Terra. Per alcuni raggi cosmici è come concentrare la quantità di energia di una palla da tennis colpita da un professionista (oltre 100 km/h) in una sola particella microscopica, solitamente un protone. Oltre ai neutrini, i raggi cosmici producono raggi gamma. Proprio combinando le informazioni di neutrini e raggi gamma raccolti il 22 Settembre 2017 è stato possibile fare un significativo passo in avanti in questo mistero che dura da oramai cent’anni”.
Che cosa è accaduto di così speciale quel 22 settembre?
“Il 22 settembre 2017, alle 4:54 p.m. (costa Est Usa), un neutrino di alta energia ha fatto brillare i rivelatori dell’osservatorio IceCube. Pochi secondi dopo l’osservazione del neutrino, IceCube ha avvertito l’intera comunità astronomica dell’eccezionale rilevazione, fornendo le coordinate di cielo da cui il neutrino proveniva. Di fatto, vari team di astronomi di tutto il mondo si sono subito mobilitati per puntare i loro telescopi sia terrestri che spaziali in direzione della porzione di cielo da cui si presumeva che quel neutrino arrivasse, alla caccia della sorgente che l’avesse emesso. Ebbene, il satellite Fermi-LAT, capace di monitorare l’intero cielo in sole poche ore, ha intercettato un fascio di raggi gamma che colpivano la terra, emessi da una nota sorgente gamma la cui posizione è coerente con quella del neutrino. Il primo ad accorgersene è stato un ricercatore all’Università di Hiroshima, Yasuyuki Tanaka e, dopo la verifica da parte mia del segnale gamma, insieme abbiamo allertato il resto degli altri telescopi. La repentina allerta ha in seguito permesso al telescopio delle Canarie MAGIC (Major Atmospheric Gamma Imaging Cherenkov) di confermare il segnale gamma. I raggi gamma provengono da un noto Nucleo Galattico Attivo, TXS 0506+056, una galassia, il cui nucleo è estremamente brillante. Al suo centro ospita un buco nero supermassiccio capace di inghiottire il materiale circostante. Il materiale, cadendo verso il buco nero, grazie al campo gravitazionale acquista una grande energia, ed una parte di essa viene liberata sotto forma di onde elettromagnetiche, formando un enorme jet di plasma. In questo jet il materiale viaggia a velocità prossime a quelle della luce e si propaga nello spazio, fino a distanze anche superiori a quelli delle dimensioni della galassia ospite”.
Quindi è stato provato per la prima volta un collegamento fra raggi gamma e neutrini cosmici?
“Esatto! Lanciato dalla NASA nel 2008, nei suoi dieci anni di osservazioni il telescopio Fermi-LAT ha già scoperto più di 5000 sorgenti di raggi gamma nel nostro Universo. Ma sino ad ora nessuna di queste era stata collegata in modo inconfutabile con i neutrini di alta energia visti da IceCube. Oggi, per la prima volta, abbiamo potuto collegare i neutrini cosmici e i raggi gamma ad una comune origine: il Nucleo Galattico Attivo TXS 0506+056. Questo AGN è peculiare in quanto il suo jet punta diritto verso la Terra, e proprio all’interno di questo jet si pensa abbiano avuto origine i neutrini ed i raggi gamma osservati da IceCube e Fermi-LAT”.
Perché i neutrini sono così interessanti?
“I neutrini sono particelle con massa quasi nulla, che raramente interagiscono con la materia e perciò sono molto difficili da rilevare. Per questo vengono spesso definiti anche “ghost particles”, cioè particelle fantasma. I neutrini ed i raggi gamma astrofisici sono sotto-prodotti dei raggi cosmici e, in quanto tali, preziosi messaggeri. I raggi cosmici sono particelle subatomiche provenienti dal profondo spazio che trafiggono in continuazione la Terra. Possono avere un’energia 45 volte più grande di quella raggiungibile dal più potente acceleratore esistente sulla Terra, il Large Hadron Collider al CERN. Come e quali meccanismi siano capaci in natura di accelerare i raggi cosmici a tali energie è un mistero che durava oramai da cent’anni, e cioè sin dalla prima evidenza sperimentale della loro esistenza”.
A che cosa si deve questo mistero?
“Una volta catturati, non è semplice tracciare il percorso dei raggi cosmici nello spazio, in quanto essendo particelle elettricamente cariche vengono deflesse nel loro tragitto verso la Terra dai campi magnetici presenti nel nostro Universo (come ad esempio quello del Sole e della Terra). Tuttavia, i raggi cosmici producono neutrini e raggi gamma che al contrario essendo neutri, cioè privi di carica elettrica, viaggiano per lo più indisturbati attraverso l’Universo. E proprio qui entra in gioco la forza dell’astrofisica “multi-messaggera”. Utilizzando neutrini e raggi gamma come “tracciatori” dei raggi cosmici, possiamo ricostruire il percorso che questi messaggeri hanno fatto, puntando diritto nella direzione della sorgente che li ha emessi. Da lungo tempo si era tentato invano di utilizzare questi messaggeri per svelare la misteriosa origine dei raggi cosmici. Il fascio di raggi gamma osservati dal Fermi-LAT insieme ai neutrini di alta energia di IceCube hanno oggi permesso di indentificare la prima sorgente di raggi cosmici extragalattica, situata a ben oltre 3,7 bilioni di anni luce dalla nostra galassia, il Nucleo Galattico Attivo TXS 0506+056. Similmente alla scoperta della prima sorgente astrofisica di onde gravitazionali, legata alle più estreme esplosioni cosmiche, questa scoperta del primo acceleratore di raggi cosmici marca un’altra importante, fondamentale pietra miliare nella nostra conoscenza dell’Universo estremo”.