Si respira Italia nella Fifth Avenue. Ci si inebria di verde, bianco e rosso e non solo per le tante bandiere che un gelido vento autunnale sventola senza sosta, ma anche per i costumi elaborati e gli originali make up che sulla pelle espongono il tricolore. Scende poi la commozione davanti a quei sei bersaglieri che reggono con orgoglio lo stemma italiano. Mentre la Lamborghini della polizia e diverse Maserati celebrano con il rombo dei loro motori l’eleganza e la creatività di un popolo che pur nella diaspora ha mantenuto una sua cultura e una sua eredità. Alla parata ha infatti partecipato anche la Polizia Italiana che ha sfilato al fianco della “supercar” Lamborghini Huracan, in dotazione alle forze per trasporto urgente di organi e sangue su tutto il territorio nazionale e di pattugliamento autostradale sull’A1.
Ci si diverte a sentire le rielaborazioni italo-americane dei Ricchi e Poveri e di Toto Cutugno, mentre per Andrea Bocelli e Lady Gaga la venerazione è quasi sacra: i loro testi e la loro musica non hanno arrangiamenti. La parata del Columbus day è una festa della memoria e dell’orgoglio italiano negli States. Le polemiche sul ruolo di Cristoforo Colombo nella colonizzazione del Nuovo Mondo e nelle ferite procurate ai nativi americani, sembrano non trovare posto. La consapevolezza della storia e delle responsabilità storiche verso chi le Americhe le viveva già senza necessità di “scoperte” hanno altri luoghi di confronto e di studio. La parata è una festa. La festa degli italo-americani e non tanto della colonizzazione. E’ anche vero che all’alba, i capi delle tribù che vivevano anticamente a Manhattan si sono dati appuntamento per una cerimonia religiosa in cui hanno sparso tabacco sul fiume Harlem in memoria degli antenati.
Non possiamo definirlo un vero e proprio culto, quello che Angela Maria ha per i suoi nonni, i suoi antenati italiani che all’inizio del secolo arrivarono a New York, ma la venerazione per quei due giovani partiti dalle montagne di Borgetto nel palermitano è incontenibile, perché a questa sfilata partecipa per loro, per mantenerne viva la memoria e i sacrifici e persino un po’ della loro lingua. Infatti si presenta orgogliosamente in italiano, ma la conversazione vira subito sull’inglese, lingua a lei più congeniale. Vic invece lavora ai sistemi di aerazione delle case. Sventola la sua bandiera assieme alla sua bambina di otto anni: lui moro e lei invece biondissima. “Sono qui con mia figlia perché voglio che capisca le nostre radici e sappia da dove veniamo. E’ vero che per molti la ‘scoperta’ di Colombo è un fatto di cui vergognarsi, ma se sapessimo andare oltre, vedremmo il reale contributo che gli italiani hanno dato a questo Paese nell’architettura, nei palazzi, nel cibo e anche nella politica. Io non ho un buon feeling con Di Blasio, ma è comunque un sindaco italo-americano, anche se non è riuscito a prendere il meglio della cultura italiana”.
La politica non poteva non irrompere anche nella parata. Siamo nel day after il dibattito Clinton-Trump e tra la folla assiepata contro le transenne c’è qualche cartello che inneggia al miliardario newyorkese e uno addirittura sorretto dalle donne. Al microfono di uno dei carri invece vengono scanditi i nomi dei senatori e degli amministratori pubblici che vantano origini italo-americane e per alcuni di loro, la sfilata diventa un’originale forma di campagna elettorale. Non sono pochi i cartelli di chi inneggia “Io sto con Cuomo”.
Ma la festa prevale. Robert LaPenta, presidente della Columbus Citizens Foundation e Grand Marshal della sfilata, accompagnato da Federica Marchionni, guida i 35mila marciatori tra cui si mescolano studenti delle scuole, membri delle associazioni degli italo-americani.
Non mancano gli agenti di polizia, le bande musicali e i suonatori di cornamuse, assieme a sbandieratori e carri allegorici dove il profilo di Colombo in cartapesta spicca per il suo candore. Tra gli ospiti anche Maria Bartiromo, Joe Piscopo, Ken Rosato, Diana Rocco e Mario Batali e Simona Rodano che si è esibita in un originale e festoso girotondo.
Le celebrazioni si erano aperte già la settimana scorsa, con una serie di eventi dedicati alla cultura italiana, la tradizionale serata di gala al Waldorf Astoria della Columbus Citizen Foundation, dove quest’anno si è esibita la cantante Arianna, e il consueto ricevimento del sindaco a Gracie Mansion rivolto alla comunità italiana. Nel suo discorso, De Blasio ha richiamato l’attenzione sulla lingua italiana: “Please keep this language alive. La lingua più bella del mondo. Se conoscete una lingua più bella, ditelo, ma io no…”.

Quest’anno il sindaco ha poi voluto fare una sorpresa ai suoi ospiti: sul palco allestito nel parco della residenza del primo cittadino di New York è salito l’attore John Turturro a cui il sindaco ha letto la proclamazione ufficiale del John Turturro Day, 6 ottobre 2016, da parte della Città di New York. Di origini baresi e agrigentine, cresciuto a Brooklyn, Turturro, che ha spesso lavorato in Italia (di recente con Nanni Moretti ) e ha firmato un documentario sulla musica napoletana (Passione, 2010), ha da tempo riscoperto il suo amore per l’Italia e un forte legame con le sue radici. Lo ha ricordato nel suo discorso agli ospiti di Gracie Mansion: “Per capire chi sei devi capire da dove vieni. Essere italo americano significa tante cose, perché siamo un complicato mix di ingredienti, soprattutto sei del Sud. […] Un Melting pot che è l’America e che già esisteva in tanti di noi che sono partiti per arrivare qui. […] Attraverso il cinema ho imparato meglio a conoscere e ad amare l’Italia. Andare in Italia e lavorare lì tra amici, per me è come andare a casa. Eppure sono americano, un paese che non do per scontato. Siamo un paese di immigrati e la mescolanza di culture è quello che rende questo paese unico e forte. Siamo un grande esperimento. Diventare un americano è un lungo viaggio, ma allo stesso tempo non dobbiamo dimenticarci i grandi sacrifici che i nostri antenati hanno fatto per farci arrivare qui”.
Un momento solenne della giornata di lunedì è stato l’incontro in cattedrale con il cardinale di New York, Timothy Dolan che prima di unirsi alla sfilata ha voluto ricordare il contributo degli italiani anche alla fede degli Stati Uniti: “Ci hanno donato molto, in termini di famiglie, sacerdoti, suore, scuole cattoliche, ospedali, organizzazioni caritatevoli. Non avevano molto quando sono arrivati, ma hanno portato una sola cosa: la fede”. Il cardinale ha sottolineato che questa è una festa degli immigrati di ieri e di oggi e delle ricchezze che posso portare con il loro arrivo. Quando chiedo a Roseanne, italo-americana e impiegata di un’agenzia finanziaria quale sia il migliore contributo che la cultura italiana può offrire ad un’America lacerata risponde sventolando il Tricolore: “L’eleganza e la concordia. Agli Usa serve quel senso di comunità che gli italiani non hanno mai smarrito”. E’ l’augurio migliore di questo Columbus day.
La giornata si è conclusa con un ricevimento al Consolato Italiano cui hanno partecipato anche Pecoraro Scanio e Gianni Rivera che in questi giorni presenta in anteprima la sua autobiografia, a breve in uscita in America. Per il console generale Francesco Genuardi è stato il primo Columbus Day a New York: “Una giornata splendida – ha commentato a La Voce di New York – Vedere sfilare alla parata così tante realtà italiane e americane insieme, è una grande dimostrazione della fratellanza tra l’Italia e gli Stati Uniti. È l’espressione più bella del riconoscimento della città di New York verso la grande comunità italoamericana che così tanto ha fatto e fa per la crescita di questa città. E per noi istituzioni italiane è anche il riconoscimento di quanto questa comunità abbia fatto e farà per l’Italia”.
Nonostante le polemiche su una celebrazione associata al personaggio di Cristoforo Colombo, controverso perché considerato colonialista e responsabile del genocidio dei nativi americani, il Columbus Day è ancora sentito come un momento fortemente identitario. “Ogni occasione di confronto e dibattito è importante e ogni tesi ha la sua dignità – ha detto ancora Genuardi – ma io credo che lasciare questo spazio del Columbus Day agli italoamericani sia una cosa giusta, attuale e doverosa”.
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