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Italiani e irlandesi: storia d’amore e odio

Giulia CatanibyGiulia Catani
I Five Points, una zona di Manhattan ad alta densità di irlandesi, in un dipinto di George Catlin del 1827

I Five Points, una zona di Manhattan ad alta densità di irlandesi, in un dipinto di George Catlin del 1827

Time: 5 mins read

Martedi 22 Settembre, alla Casa Italiana Zerilli-Marinò della New York University, è stato presentato il nuovo libro del professore e giornalista Paul Moses, An Unlikely Union: The Love-hate Story of New York’s Irish and Italians (Un'unione insolita: la storia d'amore e odio tra Italiani e Irlandesi), in collaborazione con il dipartimento degli studi irlandesi Glucksman della New York University. A discutere del libro e di questa insolita unione, oltre all'autore del libro, erano presenti il direttore della Casa Italiana, Stefano Albertini, e la professoressa irlandese e docente di etnografia alla NYU, Miriam Nyhan.

Paul Moses è professore di giornalismo alla Brooklyn University, è stato capo redattore del giornale Newsday ed ha vinto, in collaborazione con un team di suoi cronisti, il prestigioso Premio Pulitzer nel 1992. Nel 2012, con il suo primo libro The Saint and the Sultan (Il Santo e il Sultano) ha vinto il premio alla Catholic Press Association, come miglior libro di storia.

libroIn questo ultimo lavoro Moses, affronta il tema della migrazione, circoscrivendo l'attenzione al flusso che spinse milioni di italiani e irlandesi a cercare fortuna negli Stati Uniti, alla fine del XIX secolo. Due comunità cattoliche e due popoli messi a dura prova dalla povertà, nella diaspora italiani e irlandesi si trovarono spesso a vivere fianco a fianco, nei quartieri poverissimi dei nuovi arrivati. "Le mie origini italo-irlandesi hanno spinto la mia curiosità ad effettuare una ricerca approfondita sul tema migrazione, che ha visto gli Stati Uniti, e specialmente la città di New York, meta di destinazione per coloro che cercavano fortuna a cavallo tra il 1800 e il 1900", ha detto l'autore del libro.

I primi a sbarcare a New York furono gli irlandesi intorno al 1840-1850. In quegli anni il numero di italiani nella metropoli risaliva a 850 e fu solo tra il 1880 e il 1920 che iniziarono i grandi flussi migratori dall'Italia. Fin dall'inizio, tuttavia, l'incontro tra queste due comunità non fu facile: le rivalità tra di esse si trasformavano in scontri di cui risentiva l'intera città. Ciò portò ad un decennio di odio che attaccò non solo l'aspetto politico o sociale ma anche l'aspetto della quotidianità: la Chiesa fu sicuramente l'istituzione che ne risentì maggiormente, anche a conseguenza della chiusura di molti punti religiosi presenti nelle aree popolate dalle due comunità. Sotto l'influenza di una gerarchia dominata dalla componente irlandese-americana, e secondo un punto di vista che risentiva dell'etica protestante, il cattolico ideale in America veniva definito come rispettoso e obbediente, assiduo nella partecipazione alla messa e generoso per quanto riguarda le donazioni. Secondo questi standard, gli italiani non apparivano affatto come dei buoni cattolici. Piuttosto, come ebbero a dichiarare alcuni preti irlandesi, la loro religiosità era tutta emotività e ostentazione. 

Un conflitto, quello tra italiani e irlandesi che coinvolse anche la malavita, la legge, lo sport, il mondo del lavoro, oltre alla vita di tutti i giorni, e che ha avuto come sfondo le strade di New York, la zona portuale, i cantieri, le sale da gioco, gli stadi e il mondo dello spettacolo. "La mia passione per questa parte della storia, nasce non solo dal fatto di essere cresciuto in un ambiente italo-irlandese, ma anche dalla conoscenza di tante altre storie come quelle della mia famiglia, che hanno vissuto in quegli anni, nella sofferenza, e  affrontando tutti quei sacrifici che il vivere in un nuovo paese presenta", ha spiegato Moses.

trio

Da sinistra: Miriam Nyhan, docente alla NYU, Paul Moses, scrittore e giornalista, e Stefano Albertini, drettore della Casa Itlaiana NYU

Lo scrittore ha raccontato le storie di alcuni personaggi famosi sulla scena newyorchese dell'epoca: una di questi è Madre Francesca Saverio Cabrini, la "Santa degli Emigrati", la quale si scontrò con l'Arcivescovo irlandese di New York, che tentava in tutti i modi di rimandarla in Italia. Il conflitto coinvolse anche la malavita, sia irlandese che italiana: il capo mafioso Al Capone  mise al sicuro la sua moglie irlandese prima di affrontare una sparatoria con i mafiosi irlandesi di Brooklyn.

Nel corso dell'incontro alla Casa Italiana sono stata poi raccontate tante altre storie che evidenziano quel rapporto di convivenza non sempre pacifica tra le due comunità: la storia d'amore tra la sindacalista Elizabeth Gurley Flynn e l'attivista ed editore Carlo Tresca; l'alleanza tra i gangster Paul Kelly (Paolo Antonio Vaccarelli, all’anagrafe di Napoli ) e il  boss della politica municipale “Big Timmy” Sullivan;  la sfida canora tra Frank Sinatra e Bing Crosby che si contendevano il premio di miglior cantante americano. Grande rilievo ha  la storia  del detective Joseph Petrosino e le sue frustrazioni prima di poter esser accettato dalla polizia newyorchese: all’epoca, infatti,  la polizia di New York era dominata dagli irlandesi, che consideravano i colleghi italiani inutili perché automaticamente venduti alla mafia. Petrosino però non si arrese,  fu promosso detective e  nel primo anno di servizio fece 98 arresti, diventando un personaggio ammirato e rispettato. 

Uno degli aspetti principali che caratterizzava la differenza tra  le due comunità, infatti, oltre a riguardare i vari aspetti culturali, comprendeva sicuramente le difficoltà linguistiche: gli irlandesi sotto questo punto di vista erano avvantaggiati rispetto agli italiani, i quali fecero il doppio sforzo di imparare un altro idioma, oltre che integrarsi con una nuova cultura. Quello della comunità Italiana a NY, fu uno sviluppo lento e doloroso: venivano discriminati, sottoposti a duri lavori e a condizioni igieniche e vitali limitate. Èd è anche per questo motivo che furono portati a coalizzarsi in associazioni criminali e mafiose, le quali raggiunsero un certo livello di importanza e di controllo nella città.

"È durante e dopo la Seconda Guerra mondiale che gli scontri tra italiani ed irlandesi iniziarono a diminuire. Una sorta di avvicinamento portò le due comunità a piacersi reciprocamente: essi iniziarono a frequentare le stesse istituzioni, scuole e attività sociali. E tutto ciò, trasformò radicalmente i rapporti, fino ad arrivare ad un diffuso numero di unioni matrimoniali, dalle quali provengono le successive generazioni italo-irlandesi", ha spiegato l'autore. 

Paul Moses ha poi intrattenuto il pubblico leggendo un passo tratto dal libro nel quale, ironicamente e in modo affettuoso, racconta alcuni aneddoti riguardanti la sua famiglia e le sue origini."È stato interessante studiare a fondo il movimento migratorio di quegli anni, soprattutto sotto il profilo sociologico, demografico e culturale.Vedere come due comunità, distanti tra loro in molti aspetti, si siano avvicinate ed unite è stato affascinante e molto istruttivo. E dovrebbe servire da esempio per i problemi sociali presenti nel nostro millennio", ha concluso lo scrittore.

Il libro sarà presentato di nuovo giovedì 1 ottobre alle 18.00 al Calandra Italian American Institute. 

 

 

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Giulia Catani

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