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March 25, 2012
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March 25, 2012
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OPINIONI/ Perché ci chiamiamo siciliani?

Agostino SpatarobyAgostino Spataro
Time: 5 mins read

Sarà capitato anche a voi domandarsi: perché ci chiamiamo siciliani? O, perché la nostra Isola si chiama Sicilia e non Trinacria o Sicania? Le risposte sono facili a darsi. “Sicilia” e “siciliani” derivano da “siculi” ossia dal nome di  un popolo del nord che, circa tredici secoli prima di Cristo, si sarebbe insediato nella parte orientale dell’Isola e, dopo aver sconfitto e, in qualche modo, integrato i preesistenti sicani (di probabile origine iberica) e gli elimi, impose i suoi costumi e le sue leggi all’Isola intera e quindi anche il nome.

Questa, in estrema sintesi, la “storia”. Tuttavia, nessuno ha mai chiarito, con nettezza, l’origine geo-etnica di questo popolo che ha imposto il suo nome alla Sicilia e ai suoi abitatori. Un nome dimostratosi forte, affascinante visto che è riuscito ad abolire il precedente (Trinacria?) e a sopravvivere alle successive dominazioni, talune molto potenti e longeve come furono quelle dei greci, romani, bizantini, arabi, normanno-svevi, francesi, spagnoli, ecc.; fino ai nostri giorni. Stranamente, conosciamo origini e storia dei principali popoli dominatori sopravvenuti in Sicilia, ma non, esattamente, quelle dei siculi che ci hanno dato il nome. La storiografia, antica e moderna, concorda sul fatto che i “siculi” giunsero nell’Isola, provenienti dal nord. Ma da quale regione del Nord? Dal nord cis o trans alpino? Su questi interrogativi le ipotesi si biforcano: una sostiene che siano “liguri”, ossia provenienti dalle regioni del nord-ovest, un’altra popolazioni illiriche. Altre ancora ampliano il campo delle supposizioni, addirittura, alle regioni caucasiche e ai popoli del mare.

Ipotesi suggestive, complesse che auspichiamo gli storici vogliano indagare, sperando che giungano ad una conclusione univoca ed esaustiva. A noi, che storici non siamo, non resta che affidarci alle fonti note (da Tucidide a Diodoro Siculo, da Ignazio Scaturro a Lorenzo Braccesi, ecc.) le quali, grosso modo, concordano sul fatto che i “siculi” provengano dall’area illirica-balcanica e giunsero in Trinacria perché sospinti da altri popoli insediati nelle regioni del centro-nord della penisola. Come dire: in fondo c’è posto!

Un tourbillon d’ipotesi e congetture riaffacciatosi alla mia mente recentemente, mentre leggevo sul web una notizia, a dir poco, sorprendente : “Il Consiglio nazionale dei Siculi in visita a Bolzano… per conoscere il modello dell’autonomia altoatesina…”. Confesso che quel titolo mi fece sobbalzare sulla sedia del cafe-internet di Budapest. Di fronte ad un annuncio così chiaro e inatteso non sapevo che cosa pensare. Vuoi vedere – mi dissi – che, in mia assenza, in Sicilia hanno fatto la rivoluzione? Che a Palermo è arrivata l’onda della “primavera araba” e sbaraccato l’Ars e la Regione e instaurato un comando transitorio, il “Consiglio nazionale dei siculi”, per l’appunto? La rivoluzione in Sicilia? Sapendo quel che avevo lasciato, rimasi fortemente perplesso. Forse, poteva trattarsi di un gruppo di volenterosi politici siciliani recatisi a Bolzano per apprendere l’arte del buon governo. Anche questa mi parve un’improbabile eventualità: difficilmente il ceto dominante siciliano andrebbe a Bolzano per far tesoro di quella virtuosa gestione dell’Autonomia che ha fatto dell’Alto Adige una delle regioni più ricche e progredite d’Europa. Andare a Bolzano, sarebbe un’umiliazione, un’ammissione del fallimento in cui hanno trascinato la nostra regione.

Continuando la lettura, scoprii che i “siculi” di cui l’articolo parlava non erano quelli di Sicilia, ma i rappresentanti di una consistente minoranza ungherese che, da molti secoli, vive in Transilvania, nel nord della Romania. Una singolare omonimia mai veramente indagata, ai più sconosciuta. Le due comunità, infatti, non hanno alcuna relazione anche se – come vedremo – potrebbero avere una comune origine etnica, antropologica. Ed è su questo punto che desidero soffermarmi, senza pretendere di dimostrare alcunché, ma solo per mostrare, raccontare gli esiti di alcuni rinvenimenti bibliografici che rafforzano l’ipotesi della probabile comunanza fra i siculi di Transilvania e quelli di Sicilia. Nulla di sensazionale, dunque. Anche perché la ricostruzione di tali rapporti è inficiata dalle accennate lacune sulle origini dei “siculi” nostrani e dall’oscurità che avvolge l’esistenza di quegli altri “siculi”. Da tutto ciò, taluni deducono, erroneamente, che gli unici siculi al mondo siamo noi: i siciliani. Invece, così non è. Non solo perché, oggi, leggiamo di un “consiglio nazionale dei Siculi” di Transilvania, ma per una serie d’indizi che taluni autori hanno segnalato. Infatti, qualche sentore della loro presenza in quella montuosa regione rumena l’avevo riscontrato anch’io durante una ricerca mirata a conoscere il significato del cognome della mia compianta suocera ungherese: Ilona Szekely la cui famiglia è originaria dalla città di Torda, in Transilvania.. Successe mesi addietro, in una libreria antiquaria di Budapest, quando ebbi fra le mani un antico tomo in latino “Geographica globi terracquei Synopsis” del celeberrum geographo Hubnerom (edizione: Cassovlae Typis Academicis Soc. Iesus…) dove l’autore afferma, senza indugio, che Skekely vuol dire “Siculi”. Scrive, infatti: “In Transilvania Siculorum, seu Szekelorum… à Szekely comitiorum loco habetur Warfalea castellum….” In famiglia, la scoperta un po’ diverte, giacché mia moglie, calata in Sicilia come fiera discendente degli unni di Attila, in realtà si è ritrovata in una comunità di lontani consanguinei. Insomma, cercavo il significato del cognome di una congiunta e trovai un’indiretta conferma dell’esistenza di un popolo che ha lo stesso nome del nostro

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