Uno sguardo così triste Wendy non l’ha visto mai. Il ragazzino che gli si para davanti all’improvviso, come spuntato dal nulla, non piange; ed è anche peggio. “Cosa c’è che non va, piccolo?”, chiede, cerca di avere un tono “normale” e al tempo stesso rassicurante, mentre allunga la mano per una carezza. I suoi vestiti gli cascano addosso, consumati ma puliti. Indizio di una dignità che vuole sopravvivere ad ogni costo. Il ragazzino la guarda. Esita. Poi, come un fiume in piena. Racconta che la mamma, è lassù, in quella baracca appollaiata nell’infimo quartiere di La Cruz; piange sempre, da giorni; e lui non sa proprio che cosa fare per consolarla, per aiutarla.
“Dille di venire qui da me in biblioteca”, propone Wendy; prende un piatto pieno di biscotti. Glieli porge. Lui ne afferra un paio. Chissà da quanto tempo non ne mangia, pensa Wendy. Il ragazzino scuote la testa: “Impossibile”. Tace. Poi si fa coraggio e sussurra: “Vieni tu…E per favore, porta con te un libro”.
Wendy è combattuta. È un brutto quartiere La Cruz. A Medellìn lo sanno tutti: vivere a La Cruz è come vivere ai confini del mondo. Ma come si fa a deludere quel ragazzino affamato e con gli occhi così tristi? “Va bene”, promette. “Oggi pomeriggio andiamo da tua madre”. Porta un libro, insiste. “Porterò un libro”.

Non piange più il ragazzino, quando si presenta il libreria alle tre in punto. “Andiamo”, dice Wendy, e mostra il libro che porterà con sé. Non si è dimenticata della promessa.
Arrivare a La Cruz è un’impresa. Si passa dar un sentiero stretto, pericoloso: a volte il passaggio è per una sola persona. Il ragazzino procede spedito, sicuro, evidentemente quella strada la fa spesso. Wendy è molto meno svelta. Alla fine arrivano alla baracca che il ragazzino chiama “casa”. Muretti a secco, lamiera, legno, come tante. Dentro però è pulita, tutto in ordine; lo stesso decoro del ragazzino. La donna sdraiata sul pagliericcio parla con voce flebile. Vorrebbe alzarsi, ma non ce la fa proprio. Con un gesto istintivo tira le lenzuola fin sopra il viso. Si vergogna per qualcosa di cui non ha nulla di che vergognarsi, ma è più forte di lei: una sorta di pudore, come se si sentisse colpevole, o sporca, brutta. Wendy capisce al volo cosa è accaduto, non c’è bisogno di chiedere. Si accosta alla donna, la accarezza con tutta la dolcezza di cui è capace, piange con lei. Il viso, le mani, intere parti del corpo della donna sono ustionati. Il suo compagno, folle di gelosia, le ha dato fuoco. Sospettava chissà quale tradimento, e l’ha punita in questo modo orribile. Poi se n’è andato, lasciando la donna e il bambino da soli. Di storie simili Wendy ne ha sentite tante. La donna non vuole più uscire dalla baracca: trema, ha paura. Piangono a lungo, un pianto liberatorio, Wendy, quella donna e il suo ragazzino. Poi Wendy si ricorda del libro: comincia a leggere. Tutto sembra più leggero; finalmente i singhiozzi si trasformano in timidi sorrisi.
Questa è la storia di Wendy Vera, che impara a leggere e scrivere a sei anni, in una biblioteca.
Wendy da piccola è sempre un passo indietro rispetto alle altre bambine della sua età: a scuola non va bene. I compagni di scuola, bene o male riescono a seguire i programmi scolastici. Lei no, rimane indietro. La madre non sa bene cosa fare. Un giorno porta Wendy nella biblioteca del quartiere El Raizal, a Comuna 13 di Medellín. Wendy, come la Tinker Bell di “Peter Pan”, trova le sue ali nei libri. A sei anni scopre l’universo costituito da vocaboli, numeri, punteggiatura: la vita, insomma. Un libro si trasforma in un universo fantastico. Da quel giorno Wendy non vede l’ora di uscire da scuola e quasi senza pranzare, si rifugia in biblioteca: luogo magico, pieno di storie fantastiche.
Libri, la letteratura; ma anche i giochi, i corsi, i cineforum, mille altre attività che formano il suo carattere, il suo “essere”; la biblioteca diventa una scelta di vita. Non è “solo” un luogo dove ci sono una quantità di libri allineati, tavoli di lettura, silenzio e studio. La biblioteca di Wendy è anche un luogo di incontro e socializzazione, dove ognuno può migliorare le sue capacità. Così, un giorno la madre di Wendy si sente fare una richiesta che mai si sarebbe sognata di sentire: la figlia vuole cambiare scuola: quella che frequenta ha dei programmi obsoleti, lei è molto più avanti dei suoi coetanei, molto più brava di loro. Wendy ancora non lo sa, ma ha già sviluppato un suo originale senso critico.
Wendy si trasferisce alla scuola “José Roberto Vásquez”, ma continua a frequentare la biblioteca di El Raizal: quello è il suo vero mondo. A scuola va benissimo, è tra le prime della classe. Il passaggio da ragazza a donna non è solo fisico: matura, acquista consapevolezza, è avida di nuovi saperi. Soprattutto ha ben chiaro cosa fare della sua vita. Decisiva la lettura di un libro di Margaret Mahy e Quentin Blake, “La bibliotecaria rapita”: racconta di una banda di feroci briganti che rapisce Serena Laburnum, affascinante bibliotecaria, per ricavarne un riscatto. I piani dei rapitori però vanno in fumo: tutti si ammalano di varicella, sono costretti a letto. Per passare il tempo, Serena legge loro delle storie; da quel giorno i briganti cominciano a cambiare. Una storia sul potere della lettura.
Wendy dà vita a un gruppo di lettura, fonda un cineforum, nel suo diario fantastica di una biblioteca itinerante. Ha quindici anni quando, con i suoi compagni di classe, visita la Eafit University. Quando la vede, quasi le manca il fiato: è incantata dai campus, dalle aule, dall’immensa biblioteca. Giura a se stessa: “Un giorno voglio studiare qui”.

Non è facile. L’università è molto selettiva, servono molti soldi. Wendy non si perde d’animo. L’università mette a disposizione una dozzina di borse di studio per i cento migliori studenti dell’area metropolitana di Medellín. Alla scuola “José Roberto Vásquez” sono riservati tre posti. Wendy decide di concorrere. Al primo esame, si qualificano in trenta. Poi altre selezioni, sempre più dure. Wendy per tre mesi frequenta i corsi pre-universitari, si impegna allo spasimo. Alla fine supera tutti gli esami, si qualifica ai primi posti, ottiene la borsa di studio. La sua gioia è incontenibile; ma c’è poco tempo per i festeggiamenti. Ci sono subito nuovi problemi, altre difficoltà. Ricorda: “Non sapevo proprio come avrei potuto pagare le altre spese necessarie per gli studi universitari. Quell’anno un centinaio di studenti erano entrati negli istituti di istruzione superiore, e la metà avevano dovuto abbandonare per mancanza di risorse”.
Wendy non si dà per vinta. Nella biblioteca El Raizal organizza corsi a pagamento. In questo modo copre parte delle spese; ogni mattina si presenta puntualissima alle lezioni all’università. Le piacerebbe seguire i corsi di letteratura, ma non se li può permettere. Ripiega su psicologia. E’ attratta dalle questioni sociali; sente di dover fare qualcosa per aiutare quel mondo sfortunato che la circonda. Lascia la biblioteca El Raizal, si impiega in quella dell’università. Appena mostra il curriculum la accolgono a braccia aperte. Diventa insegnante di statistica. L’Organizzazione studentesca le fornisce i crediti per il ristorante e l’uso delle fotocopiatrici. Il sogno di Wendy è realtà.
Deve però ancora completare il tirocinio: “L’aspetto sociale della psicologia era quello che sognavo, ma gli stage retribuiti in questo settore erano molto rari. Pazienza, mi sono detta. Troverò un altro modo per aiutare la mia comunità”.
I problemi economici tuttavia pesano; un fratello che l’aiuta economicamente, muore. Quasi neppure il tempo per piangerlo, subito al lavoro, impiegata in un tirocinio in psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Non è quello di cui si vorrebbe occupare, ma è un lavoro pagato, c’è poco da fare: a casa hanno bisogno anche del suo contributo.

Un paio di mesi dopo si presenta l’occasione tanto attesa. Un’amica le dice che all’università cercano volontari in psicologia sociale disposti a lavorare nel quartiere di La Cruz. Wendy afferra al volo l’occasione. In poco tempo diventa un personaggio familiare nella comunità: nel Barrio la conoscono tutti, tutti le vogliono bene: insegna a leggere e scrivere, e i primi rudimenti della matematica; procura libri ai ragazzini, proietta film, inventa dal nulla giochi e passatempi, ascolta i bambini, aiuta i loro genitori. Elabora personalissimi percorsi tra psicologia e letteratura. Il suo mondo che ha sognato da bambina diventa realtà.
Progetta il suo sogno di sempre: una biblioteca nel quartiere di La Cruz. Ne parla con una sua amica, Yesica Mazo; anche lei è un’assidua frequentatrice della biblioteca El Raizal. Yesica è entusiasta. Cominciano con quello che hanno: ogni fine settimana salgono a La Cruz, percorrono lo stretto sentiero che in alcuni punti è appena tracciato, un tornante con a lato un pauroso precipizio. Esauste, arrivano cariche di libri, e invitano i bambini ad ascoltare e leggere storie. I libri cominciano a passare di mano in mano. È così che nasce “Sueños de papel”, “Sogni di carta”.
Wendy e Yesica vogliono che gli abitanti di La Cruz considerino la biblioteca come un loro patrimonio. Affittano una casa; i vicini regalano gli scaffali, loro portano un po’ alla volta i libri, cominciano ad organizzare la biblioteca.
Si dice che sia stato Aristotele il primo ad organizzare una biblioteca suddivisa per autori e per volumi. Wendy e Yesica, senza saperlo, sono “figlie” di quella scuola. Affiggono volantini, distribuiscono fotocopie porta a porta; con il megafono annunciano che anche a La Cruz funziona una biblioteca, parlano con i ragazzini e i loro genitori; chiunque può venire. Fanno loro il motto dello scrittore e giornalista Norberto Vallejo: “Se leggi un libro, non sarai più quello di prima”. Già il primo giorno si presentano in trenta. I primi libri sono di Agatha Christie, Edgar Allan Poe, Gilbert K. Chesterton, Arthur Conan Doyle. Tanti romanzi polizieschi, quelli che leggevano Yesica e Wendy da ragazzine. Grazie a donazioni, ne arrivano altri. La Biblioteca dell’Università Eafit contribuisce e dona scaffali più adatti. Altri aiuti arrivano dalla Library Mouse Foundation e altre istituzioni. Ora la biblioteca di La Cruz possiede un migliaio di volumi.

Durante i mesi della pandemia la biblioteca deve chiudere. Sarebbe stato da irresponsabili esporre i ragazzi al pericolo del virus; e le risorse sono insufficienti a coprire le spese. Wendy e Yesica smantellano la biblioteca, enormi scatoloni si ammucchiano in una sala messa a disposizione dal comune. Solo all’inizio del 2021 riescono ad affittare un’altra casa, sono tre vani: la sala di letteratura per i più piccoli viene chiamata “Letras al carbon”, “Lettere dicarbone”, come un libro della scrittrice colombina Irene Vasco; anche lei gestisce una biblioteca comunitaria. La sala per i ragazzi si chiama “Cuore d’inchiostro”, come il romanzo della scrittrice tedesca Cornelia Funke; la sala per le donne prende il nome da un romanzo della cilena Marcela Serrano: “Nosotras que nos queremos tanto” (“Noi che ci vogliamo così bene”).
Wendy e Yesica per vivere si devono trovare altri impieghi, non possono dedicarsi a tempo pieno al loro “sogno di carta”. Per fortuna si sono aggregate altre collaboratrici. Nascono così “laboratori” contro la violenza e sull’empowerment femminile, in collaborazione con il comune di Medellin. Vincono un bando per la promozione di un collegamento con altre biblioteche comunitarie; possono così acquistare altri libri… Non operano solo a La Cruz, lavorano anche a La Honda, un quartiere che presenta caratteristiche simili: lettera dopo lettera, libro dopo libro, film dopo film, lezione dopo lezione, oggi quel “sogno di carta” coinvolge oltre duecento tra bambini e adolescenti.
Wendy, Yesica, Daniela Monsalve, Valentina Ruiz ora sono tornate sul fianco della montagna dove viveva quel ragazzino con la madre ustionata. Hanno adattato spazi nuovi per laboratori e corsi; hanno convinto scrittori a tenere incontri e conferenze; naturalmente hanno portato nuovi libri. Nasce così “La Montaña Mágica Community Book Festival”.
Un giorno un ragazzo chiama le quattro donne in disparte. Ha un’espressione preoccupata, inquieta. Una banda di criminali della zona ha un messaggio da recapitare: se vogliono fare quello che fanno devono avere prima la loro autorizzazione. Tutto quello che accade nel barrio deve avere il loro consenso; è la regola. Wendy e le altre si guardano in faccia: non c’è bisogno di consultarsi. “Dì a chi ti manda che li aspettiamo”, dice Wendy al ragazzo. “Gli leggeremo un racconto”.