In questi ultimi giorni d’estate, mentre il Parlamento italiano è alle prese coi temi caldi della conversione in legge del decreto-legge recante misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti, nonché delle disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2021, torna prepotentemente al centro del dibattito pubblico il Ddl Zan. Dopo esser stato approvato alla Camera dei Deputati nel novembre del 2020, e in attesa di passare ai voti in Senato, il disegno di legge contro l’omotransfobia, che andrebbe a modificare alcuni articoli del codice penale e un decreto legge già esistente, la cosiddetta “legge Mancino”, aggiungendovi le discriminazioni e le violenze per l’orientamento sessuale, il genere, l’identità di genere e le disabilità, rinfocola le contrapposizioni ideologiche dei principali leader politici.
Mentre il segretario del Partito Democratico Enrico Letta promette che “le nuove battaglie sui diritti troveranno risultati” e che si arriverà all’approvazione finale del Ddl Zan, il leader della Lega Salvini rassicura il suo elettorato che il disegno di legge non passerà mai finché la Lega sarà al Governo. Fiducioso invece il primo firmatario del testo, il deputato del Pd Alessandro Zan, sicuro che passerà così com’è, senza alcuna modifica. Nel libro Nessuno può definirci. A futura memoria (Il tempo del coraggio). Analisi e riflessioni giuridiche sul Ddl Zan” (Aracne Editrice), gli autori Suor Anna Monia Alfieri, giurista economista e saggista, e Angelo Lucarella, avvocato, saggista, editorialista, analista di questioni politiche e giuridiche e collaboratore della Voce di New York, cercano di offrire punti di vista giuridici per poter aiutare i cittadini comuni a riflettere su un tema che appare ancora oggi controverso e incandescente.
L’ex magistrato Carlo Nordio, prefatore del libro, considera il Ddl Zan un inno alla tolleranza ma, allo stesso tempo, fonte di antinomie, e persino causa, esso stesso, di intolleranza, oltre a precisare che, dal punto di vista giuridico, sarebbe formulato in modo tecnicamente imperfetto. E’ d’accordo?
Anna Monia Alfieri: “Credo che la pluridecennale esperienza del dott. Nordio non lasci campo ad alcun dubbio. E difatti, come io stessa ebbi a dire nel corso dell’audizione in commissione giustizia, il Ddl Zan – benché nasca dall’intendimento del legislatore di voler contrastare la discriminazione – di fatto la alimenta e la cristallizza, ricorrendo a “definizioni” e a “categorie”.
Quanto conta l’orientamento sessuale nella considerazione e nella tutela della persona attraverso l’ordinamento giuridico?
Angelo Lucarella: “L’ordinamento giuridico italiano ha il dono di essere uno dei più ammirati al mondo, considerando la portata della Carta Costituzionale. L’art. 3 di quest’ultima enuncia espressamente che non sono consentite discriminazioni sessuali di alcun tipo. Principio, quest’ultimo, che anche a livello euro-unitario è stato elevato a sacralità con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e con la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Più chiaramente di così non può esprimersi un sistema basato sullo Stato di diritto. La risposta alla domanda è che la considerazione dell’orientamento sessuale ha altissimi livelli di tutela giuridica, che i nostri Costituenti vollero negli anni quaranta del secolo scorso”.
Perché c’è bisogno di normare ciò che è già sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dalla Convenzione europea dei Diritti Umani nonché dalla Costituzione Italiana?
Anna Monia Alfieri: “Qui emerge la nostra incapacità di applicare la legge, garantendo i diritti riconosciuti, e dunque si rimedia con una soluzione peggiore del danno e cioè si produce un eccesso normativo. A che cosa serve riconoscere un diritto se non lo si garantisce? È questa la domanda fondamentale. Ma per garantire un diritto sono necessari metodo, volontà, libertà rispetto alle collusioni con il sistema. Insomma, è scomodo. Per questa ragione si produce un eccesso normativo facendo credere che l’abbondanza della norma assicuri il riconoscimento del diritto non garantito. Di fatto, invece, non solo non intervenendo al cuore del problema, e cioè la garanzia, non si risolve nulla ma, peggio, si alimenta la discriminazione, e l’appesantimento burocratico che ne consegue legittima l’inerzia. Basti pensare che l’art. 3 della Costituzione, come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e il Codice di Diritto Penale giungono in nostro soccorso. Ma nel delirio ideologico di stravincere dividendo, spaccando il Paese, si emanano leggi divisive e peraltro in contrasto proprio con i diritti fondamentali dell’uomo e i principi della Costituzione (Art 21, 30 e 33)”.
Quali diritti lederebbe in particolare il Ddl Zan?
Anna Monia Alfieri: “È stato ampiamente dimostrato che mortificherebbe la libertà di espressione, il diritto di educazione dei genitori e il diritto della libertà di insegnamento dei docenti. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la garanzia e la tutela della persona affinché non sia discriminata, bensì è indirizzato alla diffusione del pensiero unico, anzitutto attraverso l’indottrinamento di massa nelle scuole e contemporaneamente bloccando qualsiasi rigurgito di buon senso con la minaccia di essere incorsi in un reato”.
Il confine fra discriminazione e libertà di pensiero e di opinione talvolta può essere labile. Può essere esattamente delimitato da una legge?
Angelo Lucarella: “Come direbbe uno dei Padri della nostra Costituzione, Luigi Einaudi, “libertà è responsabilità”; lo stesso concetto, in modo più drastico, è espresso dal premio Nobel Mario Vargas Llosa: “libertà o è integrale o non funziona”. Chiaramente non si tratta di fomentare l’anarchia, ma di cogliere la libertà come massima espressione della persona, per la sua piena realizzazione. La libertà, infatti, implica il reciproco riconoscimento in termini di eguaglianza e di eguale responsabilità dell’individuo verso l’altro, in una dimensione di solidarietà del bene. Ecco perché, mi piace richiamare le parole di Suor Anna Monia Alfieri, “la libertà è corresponsabilità”, che bene esprimono la dimensione com-unitaria (quindi il “cum”) verso lo stato del bene reciproco. Ora, per rispondere più precisamente, la legge penale non vieta in sé la libera espressione, semmai ne sanziona la conseguenza, cioè ciò che è reato (cioè che offende, lede, ecc.). In un deserto, senza che nessuno senta, ognuno può dire ciò che vuole. Ma se mi rivolgo a qualcun altro e lo offendo, scatta il reato. Se legittimiamo il fatto per cui il pensiero possa elevarsi a reato come possiamo garantire la parità di trattamento davanti alla legge per tutti (omosessuali, eterosessuali, transgender, ecc.)? Il confine, così facendo, diventa un confino. E sappiamo a che serve quest’ultimo”.
Suor Anna, parlava del diritto di insegnamento. Che ruolo dovrebbe avere la scuola per combattere la discriminazione?
Anna Monia Alfieri: “Il ruolo della Scuola è fondamentale. Le discriminazioni nascono dall’ignoranza, dalla mancata considerazione del valore della persona umana e del rispetto che le si deve. Questi principi basilari, è vero, nascono nella famiglia – e se là non nascono è difficile che ciò avvenga altrove. La scuola, in ogni caso, è necessaria per fondarli razionalmente e criticamente, a partire dai primi anni di vita, con l’imprescindibile intervento di educatori e Maestri capaci. In un gruppo di bambini di 20 mesi e poco più, nel Nido di una grande città, uno aveva chiari segni di disagio cognitivo. Un compagno si rivolge all’Educatrice: “Mario non parla?”. “Parlerà, Luigi, parlerà. Non tutti i bimbi parlano insieme. Adesso giocate con lui”. La discriminazione è stata sconfitta. Se la Scuola perde la sua necessaria impronta educativa, basata sui principi della Costituzione e della Dichiarazione dei Diritti e veicolata in primis dall’esempio dei Maestri, sarà la fine: nessun tipo di cultura può colmare il gap di umanità che l’ideologia uccide con la sua stupidità. Solo una scuola formata da veri Maestri di vita e di cultura può bloccare il tracollo del riconoscimento della Persona in tutta la sua ricchezza e il suo mistero”.
Per l’approvazione del disegno di legge Zan, sarà decisivo il passaggio al Senato. Qualora venisse approvato, ciò basterà ad acquietare gli animi? O forse si alzerà ancora di più il livello dello scontro?
Angelo Lucarella: “Il problema principale non sarà più in Parlamento, ma si sposterà nella vita sociale e soprattutto giudiziaria. La politica ha diverse sfide a cui far fronte. Se approvato, il Ddl Zan sarà legge e, pertanto, andrà calato nel quotidiano. È chiaro che il Parlamento ha tutti gli strumenti per apportare dei correttivi nel tempo e con leggi di modifica. Lo snodo di fondo però è uno: quanti problemi nel frattempo potrebbero generarsi? Quanta gente potrebbe essere sottoposta a procedimento penale per il sol fatto di esprimere un proprio pensiero che potrebbe, a seconda della valutazione giudiziale, esser “pericolo” e non “reato”? Un fatto o è illecito oppure no. Una condotta o è legittima oppure no. Un atto o è discriminatorio oppure no. Una riflessione ultima: quante discriminazioni ci sono nel nostro Paese e, il più delle volte, provenienti dalle scelte pubbliche? Se dovessimo creare un reato di pericolo per tutto dove finiremmo? Non è difficile immaginarlo”. Se io offendo merito certamente una punizione, ma se la punizione punisce la mia intenzione, si stabilisce che vale il principio del delitto tentato (se configurabile e con tutte le sue connotazioni giuridiche) con la punizione incostituzionalmente determinata tanto quanto il fatto presupposto. Il titolo “Nessuno può definirci” vale proprio come inno alla vita ed all’uguaglianza. La politica dello scontro o della chiusura ideologica è, alla fine, sullo stesso piano di quella sorda a considerare l’umiltà della critica costruttiva”.