Aveva 100 anni, George P. Shultz, il grande Segretario di Stato con Ronald Reagan che è scomparso ieri sera nella sua casa all’interno del campus della Stanford University. Un vero titano del mondo politico, accademico e imprenditoriale, capace di condizionare gli andamenti della Guerra Fredda migliorando le relazioni con l’Unione Sovietica nel corso degli anni ’80. È suo il contributo fondamentale che nel 1987 ha portato alla firma con l’URSS del trattato per la riduzione degli armamenti nucleari, così come sono sue le azione di politica estera portate avanti per cercare di distendere i rapporti con il Medio Oriente.

Repubblicano dal primo all’ultimo dei suoi giorni, Shultz è stato l’unico a ricoprire incarichi di potere in quattro governi diversi. Due sotto la presidenza di Richard Nixon, nel quale fu segretario del lavoro e poi del tesoro e altri due con Reagan, dove divenne appunto il “grande” Segretario di Stato. Con Reagan alla Casa Bianca, Schultz si è guadagnato il rispetto e l’ammirazione di tutto il panorama politico mondiale, tanto da essere considerato quasi all’unanimità il più abile membro del gabinetto nella storia degli Stati Uniti.
Ma Schultz è stato un uomo di successo non solo nella diplomazia. Una sorta di “Re Mida”, perché d’oro diventava tutto ciò che gli capitasse sottomano. Professionista di successo nella politica, ma anche nel mondo accademico e aziendale, riuscì a guadagnarsi il rispetto di entrambe le fazioni politiche. I democratici non gli risparmiavano qualche critica, ma la sua competenza non è mai stata messa in discussione.

Famosi sono i negoziati che riuscì a portare avanti con l’Unione Sovietica, in cui si confrontava col ministro degli Esteri sovietico Shevardnadze nell’epoca della Perestrojka di Mikhail Gorbaciov. D’altronde, la diminuzione degli armamenti nucleari è stato un obiettivo che lo ha accompagnato per tutta la vita. Nel 2008, intervistato sulla questione, diceva “Ora che sappiamo così tanto di queste armi e del loro potere. Non le useremo, quindi penso che staremmo meglio senza di loro”. Questa battaglia purtroppo l’ha persa, essendo il comparto militare l’unico sul quale, ogni anno, gli Stati investono sempre di più.
Laureato nel 1942 in economia e affari internazionali a Princeton, si specializza con un dottorato di ricerca al MIT, dove poi, qualche anno più tardi, finisce per ricevere una cattedra. Grazie alle sue doti da innato statista viene inserito tra i consiglieri economici del Presidente Eisenhower e con Nixon diventa direttore dell’OMB, l’Ufficio per la gestione e il bilancio

L’ex Segretario di Stato Henry A. Kissinger, uno dei più conosciuti e influenti diplomatici del mondo, definì Shultz come “l’unico americano a cui affiderei il destino della nazione in una crisi”.
Nel 2016, dopo anni di vita politica vissuta da spettatore esterno, si è rifiutato di sostenere la candidatura di Donald Trump. Una scelta strana, per un repubblicano di ferro come lui, ma il commento che ha rilasciato dopo che un giornalista gli ha chiesto cosa ne pensasse dell’ipotesi Trump alla Casa Bianca lascia poco spazio ai dubbi. “God help us”, che Dio ci aiuti. Senza giri di parole.
Insignito nel 1989 della più alta onorificenza civile degli States, la Medaglia presidenziale della libertà, Schultz lascia dietro di sé il ricordo di un gigante della politica. Il potere di cui oggi godono gli States è, per buona parte, anche merito suo.
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