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June 10, 2019
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Preparatevi, lo sconosciuto candidato Andrew Yang sarà di colpo “presidenziale”

Avevate mai sentito parlare per la nomination democratica del 2020 di un candidato da New York di origini asiatiche? Lo conoscerete presto

Andrea ArlettibyAndrea Arletti
De Blasio for President? There’s Another New Yorker You Should Look Out For

1 May 2018; Andrew Yang, Democratic Presidential Candidate on centre stage during day one of Collision 2018 at Ernest N. Morial Convention Center in New Orleans. (Photo by Stephen McCarthy/Collision via Sportsfile)

Time: 4 mins read

Quando Bill De Blasio annunciò la sua corsa presidenziale lo scorso Maggio, fu accolto da scherno e risate. Quando Andrew Yang annunciò la sua corsa presidenziale più di un anno e mezzo fa, non fu proprio accolto. Il 44enne candidato democratico di discendenza asiatica, non pubblicò nessun video su Youtube, non tenne nessun evento inaugurale, e certamente non andò in giro per New York City cercando disperatamente dei turisti che urlassero per lui: “Yang for President!”. Andrew Yang lanciò silenziosamente la sua campagna elettorale nel Novembre 2017, nel mezzo dell’indifferenza totale.

Il movimento di Yang, o la “YangGang” – come la chiamerebbero i suoi supporter – incominciò a trarre interesse all’inizio del 2019, quando Yang si presentò su vari Podcast famosi, tra cui il Joe Rogan Experience e il Daily Wire. L’attenzione mediatica fu dovuta grazie alla sua proposta spregiudicata di dare ad ogni cittadino Americano 1000 dollari al mese. In termini più tecnici, Yang propone un reddito di cittadinanza – che lui chiama “Freedom Dividend” – per combattere l’inevitabile avvento dell’automazione. Seguendo il ragionamento di Yang, l’automazione dovrebbe rubare la maggior parte del lavoro all’Americano medio entro i prossimi 20 anni, e non esiste alcun modo per contrastare questo fenomeno. Si può, però, incominciare a prepararsi a questa “catastrofe”, dando ad ogni Americano abbastanza soldi per poter sopravvivere anche senza un lavoro. Un ragionamento abbastanza controverso per un paese che ha il concetto del lavoro cosi profondamente radicato nella propria cultura.

Non è sorprendente dunque, che la cosiddetta “YangGang” sia prevalentemente composta da studenti universitari e disoccupati. Ma Yang possiede anche un supporto significativo da parte di varie aziende tecnologiche, che vedono in lui il politico adatto per segnare la fine dei rapporti scomodi tra datore di lavoro e lavoratore: consentendo a più persone di stare a casa ad aspettare lo stipendio mensile sponsorizzato dal governo, le aziende tecnologiche potrebbero finalmente essere libere di automatizzare quanto vogliono, senza doversi più preoccupare di lasciare a casa i lavoratori, rendendo così più efficiente il processo di produzione e riducendo i costi interni.

In teoria, il piano di Yang può risultare appetibile alla parte radicale del Partito Democratico, ma è abbastanza convincente per trarre a se i sostenitori di Sanders o della Warren? Per dare una risposta a questa domanda bisogna prima capire cosa differenzia Yang da Sanders e dalla Warren. La differenza principale è che i due Senatori utilizzano ancora la retorica populista per trasmettere il loro messaggio, mentre Yang si astiene dal farlo. Per retorica populista intendo il concetto del “popolo contro l’elitè”: per la Warren è “il popolo contro le aziende tecnologiche” mentre per Sanders è “il popolo contro l’1%”; diverse sfaccettature dello stesso concetto. Per Yang, invece, non esiste popolo e non esiste elité, la colpa dev’essere addossata al sistema. Yang ammette che la parte della popolazione più colpita dall’automazione sarà il cittadino medio, ma non da la colpa alle elité e neanche alle aziende tecnologiche. Anziché, riconosce che le grandi aziende tecnologiche non spariranno presto, ed è molto più intelligente cercare di convivere con loro piuttosto che combatterle. Ecco perché è emersa l’idea di un reddito di cittadinanza.

Se Yang riuscirà a comunicare con successo cosa lo differenzia da Sanders e dalla Warren, avrà sicuramente l’occasione per aumentare il suo consenso. L’opportunità per iniziare a farlo sarà al dibattito delle primarie del Partito Democratico questo fine Giugno, per il quale Yang si è qualificato sorpassando la soglia dei 65 mila donatori. Sanders e la Warren sono politici con molti dibattiti alle spalle, ma Yang ha il vantaggio di essere poco conosciuto al di fuori di internet. Può, perciò, fare una buona prima impressione, senza troppe pressioni esterne. Mentre alcuni pensano che il suo tono di voce pacato sia uno svantaggio in un dibattito politico, io lo considero il suo punto di forza. Può diventare infatti, un’altro modo per sottolineare il suo distacco dalla comunicazione populista che ha ormai pervaso ogni classe politica; cosa che i democratici potrebbero apprezzare dopo aver sopportato quasi quattro anni di Donald Trump al governo.

Complessivamente, la vittoria di Yang per la nomination del Partito Democratico rimane improbabile, sopratutto per via della sua nicchia di sostenitori e zero esperienza politica alle spalle. Nonostante questo, il dibattito di questo fine Giugno può portare a Yang l’attenzione dei cosiddetti “mainstream media” che finora lo hanno poco considerato. Se, come previsto, Yang non riuscirà a conquistare la nomination, può almeno riuscire a portare sul tavolo della discussione la questione del reddito di cittadinanza. Se riuscirà a trarre ulteriore attenzione, i suoi voti potrebbero diventare indispensabili in un ipotetica sfida radicale tra Sanders e la Warren. A quel punto, Yang può diventare un potenziale vice di uno dei Senatori e aiutarli a prevalere sull’altro.

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Andrea Arletti

Andrea Arletti

Andrea si è laureato alla New York University, sede di Abu Dhabi, con un B.A. in Scienze Politiche e Studi Legali. Ha un forte interesse per tutto ciò che concerne la politica statunitense e la comunicazione politica del ventunesimo secolo. Andrea is an Italian student pursuing a Bachelor degree in Political Science and Legal Studies at New York University Abu Dhabi. His interests revolve around U.S. politics and political communication in the 21st century.

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