Ci vuole passione per raggiungere grandi obiettivi e portare avanti una carriera piena di soddisfazioni. Chiamatelo se volete American dream. Il suo, di sogno americano, Giuseppe Lama, lo ha già realizzato. Nato a Faenza dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza, Giuseppe ha già sin dall’inizio le idee chiare. Studia all’Istituto alberghiero e comincia a entrare subito nel mondo dell’accoglienza e ricezione in diverse strutture italiane ed europee.
Non si ferma, animato da molta curiosità e ambizione, fino ad arrivare al master in direzione alberghiera conseguito nella prestigiosa università di Oxford. Londra, Germania, ma anche l’Isola di Man e le Bermuda, dove inizia il capitolo “americano” di Lama che lo porta a lavorare negli Stati Uniti, nei migliori hotel e ristoranti di Boston, Cleveland, Rosemont (Illinois), Chicago, Detroit, San Francisco, Marina del Rey (California).
La consacrazione arriva quando si trasferisce al Resort Pelican Hill di Newport Beach, non lontano da Los Angeles, premiato da Forbes Travel Guide per il quinto anno consecutivo come una delle migliori strutture lussuose al mondo. Ispirata dallo stile italiano di Palladio, nel giro di pochi anni il Pelican Hill, che lui guida, diventa il miglior Resort statunitense e lui uno dei migliori general manager d’albergo del mondo.
Doppio passaporto (italiano e americano), una moglie di origine francese, (Caterine Benedicte Marie Gurret) e tre figli (Sofia Bianca, Chiara Giulia e Giampaolo Alessandro) che amano tornare a Faenza e girare in bici. Lui, sessant’anni e una passione per l’Ironman, dice: “Non avrei mai immaginato di arrivare così in alto. Ma non si finisce mai di imparare. Ogni giorno”.
Forbes Travel Guide ha assegnato quest’anno, per il quinto anno consecutivo, due importanti riconoscimenti al Resort Pelican Hill di cui lei è managing director. Cosa rappresenta per lei questo riconoscimento?
“Difatti sono due i riconoscimenti per l’anno 2016 ottenuti al Resort Pelican Hill e alla SPA (il centro benessere). Forbes Travel Guide ha un team di ispettori esperti che anonimamente valutano le proprietà con oltre 550 criteri individuali (con standard rigorosi e oggettivi), nel tentativo di fornire ai futuri clienti l’intuizione di fare un’ottima vacanza per il tempo libero. Dopo 30 anni di carriera, per me questo riconoscimento è importante perché significa che la passione, la costanza, la curiosità, sono stati ripagati. Il mio obiettivo, fin da quando ho iniziato a lavorare, è stato sempre quello di conseguire ottimi risultati, lavorare con passione e acquisire molta professionalità. È un obiettivo che premia il lavoro di squadra, in cui io credo molto. Ho un team di collaboratori che hanno le competenze e la cultura giusta per portare avanti un progetto importante come quello del Resort Pelican Hill. Importante capire che il 95% degli alberghi o resort nel mondo che hanno il Five Star sono strutture molto piccole, con 50 a 70 camere, mentre il Pelican Hill ha 332 bungalow e ville”.
Quanto c’è di italiano nella struttura che lei dirige?
“Il resort, costruito nel 2007 con uno stile tutto italiano, prende ispirazione dall’Architetto del XVI Andrea Palladio. È stato inaugurato nel 2008 a Newport Beach in California a circa 80 km a Sud di Los Angeles e occupa 75 ettari di terreno affacciati sull’Oceano Pacifico. Nel mio staff lavorano 90 manager oltre ai 1.000 dipendenti. Il proprietario si è innamorato di questo stile e ha voluto realizzare un’architettura simile, che riproponesse le caratteristiche palladiane. La bellezza del nostro resort sta nell’eleganza, nel servizio europeo, nel lusso ricercato e nella grande professionalità. Non è un edificio immenso con tanti piani, piuttosto una serie di ville che ci riportano alle atmosfere dei borghi toscani con stradine e percorsi. Tipico del resort, il nome delle vie in italiano e alcuni locali come il Ristorante Andrea, che serve giornalmente anche autentica cucina italiana, con a capo chef Marco Criscuolo (uno dei pochissimi altri italiani presenti). Altra particolarità è la piscina a forma circolare di oltre 40 metri con un nome, Coliseum Pool, che deriva dall’italiano Colosseo. Una delle tante novità che ho introdotto nel resort è una festa tutta italiana nel mese di ottobre con una rappresentazione delle varie regioni italiane dal punto di enogastronomico, e quindi pranzi, cene e aperitivi, con sbandieratori e musici dell’Emilia Romagna (Faenza, Ravenna) e del Piemonte, un negozio di ceramica faentina all’interno del resort e una promozione in vari centri commerciali e in alcuni complessi residenziali di lusso di proprietà della Irvine Company”.
Quali sono i fattori di successo che trasformano un resort come quello che gestisce lei in una struttura esclusiva?
“Un fattore di natura soggettiva, la passione, che ti spinge ad andare oltre, a perfezionarti, migliorarti, imparare. Trasforma in un lavoro piacevole un lavoro duro, fatto di moltissimi sacrifici. Gli altri due fattori, di natura oggettiva, sono la capacità di sviluppare un buon marketing e quella che qui si chiama operation, che tipo di programmi vogliamo attuare. Se non hai la passione che spinge tutto, è difficile però arrivare agli obiettivi”.
Quali sono le principali differenze tra la gestione e i servizi in una struttura ricettiva italiana e americana?
“La gestione del personale. In America il concetto diffuso, lo stesso che io attuo, è quello di una gestione manageriale ‘collegiale’, dove il manager responsabilizza tutti e coinvolge tutti nelle decisioni. Il personale è coinvolto e l’approccio non è mai autocratico come in Italia, dove i ruoli sono separati in maniera netta, il personale deve solo eseguire le direttive del capo. In Italia mi sembra tutto bloccato, rigido. Qui se ha passione e vuoi lavorare, riesci ad arrivare ad alti livelli. Io ho sempre adottato un metodo diverso, molto americano. Ho un forte dialogo con i miei dipendenti, li promuovo se raggiungono gli obiettivi, li incoraggio, li responsabilizzo. Tutto questo porta a dei risultati di grande qualità. Quanto al servizio, in Italia e in Europa, c’è sicuramente una grande cultura del servizio nell’ospitalità alberghiera e nell’accoglienza. Mentre i ragazzi americani dopo gli studi iniziano subito a lavorare e diventano manager giovanissimi, in Europa c’è molto tirocinio. E questo è un vantaggio”.
Lei è nato e cresciuto in Italia, dove ha studiato. Che rapporto ha con la sua terra oggi?
“Quelle sono le mie radici. Lì vive tutta la mia famiglia. Torno una volta l’anno a Faenza e sono sempre molto contento di rivedere la mia città e i luoghi dove sono cresciuto”.
Anche per lei vale la realizzazione del sogno Americano?
“Sicuramente. Ma non è tutto facile. Quando sono arrivato qui non ero proprio un ragazzino anche se avevo già molta esperienza alle spalle. Capire il sistema, capire questo paese, parlare la lingua, richiede uno sforzo e uno studio notevole. Se però hai voglia di fare, lavorare, qui puoi riuscire a realizzare il tuo sogno. Come è stato per me. Non avrei mai pensato di poter diventare un managing director in una struttura come quella che attualmente dirigo”.
Qual è il cliente tipo del resort?
“Il nostro cliente è uber luxury, cosmopolita, globale. Ama la cura e l’esclusività dei servizi. La nostra clientela viene da tutto il mondo. Dai paesi arabi, Asia, dall’Europa e sopratutto gli Stati Uniti”.
Ha parlato di paesi arabi, come quelli del Golfo dove moltissime sono le strutture lussuose. Secondo lei, il futuro del lusso nella ricezione alberghiera, è da quelle parti?
“Loro hanno di sicuro molte risorse finanziarie per realizzare le strutture, ma non hanno la cultura e la professionalità che abbiamo in Europa e in America. Per questo, a dirigere queste strutture sono spesso manager europei. Di certo è un mercato importante che noi stiamo tenendo in considerazione”.
Quali sono allora i suoi prossimi obiettivi?
“Non si arriva mai anche se abbiamo raggiunto risultati importanti. Ora punto a far diventare la nostra struttura sempre più global, cosmopolita”.
Quanto a lei, dove ama andare in vacanza?
“Amo girare il mondo: Europa, ma anche Asia e Paesi del Golfo. Sono uno sportivo appassionato di Ironman. Sono sempre allo scoperta di posti meravigliosi qui in America”.