Ha abbandonato grigi tailleurs da alta finanza per il più simpatico toque blanche, il celebre cappello da chef. Computer e calcolatrici in cambio di coltelli e padelle.
Dopo anni al lavoro come account in società finanziarie, Barbara Seelig Brown, americana di origine italiana, decide che dalla cucina inizierà la sua seconda vita.
Cresciuta mangiando la pizza e la pasta della nonna di Avellino, ha sempre avuto il cibo nel suo DNA.Da semplice passione, è diventato oggi il suo lavoro.
Dopo aver lasciato gli uffici finanziari, Barbara comincia ad insegnare aerobica e a fare cooking show su come cucinare e mangiare healthy, salutare. Nel frattempo l’America e il suo popolo, cominciano ad interessarsi di concetti come farm-to table, slow-food, agli acquisti nei mercati dei contadini dal produttore al consumatore, complice anche una Michelle Obama in forma che ha prestato volto e testa a più campagne a favore del cibo salutare nelle mense scolastiche.
Barbara porta avanti il concetto di “stress-free cooking”, un modo di cucinare e di approcciarsi al cibo con consapevolezza e semplicità che nel frattempo è diventato anche uno show molto seguito , sul canale pubblico PBS.
Tra due settimane uscirà il suo prossimo libro Secrets of Healthy cooking, il quinto dell’autrice italo-americana che è anche come wine columnist su diverse testate.
Il suo rapporto con il cibo è memoria, storia ma anche cambiamento e consapevolezza. Che parte da un assioma fondamentale: siamo ciò che mangiamo.
Barbara, cosa significa “stress-free cooking”?
“Significa seguire alcuni consigli semplici. Prima di tutto, avere una casa con molte provviste alimentari. Ci sono ingredienti di base che non possono mancare, come olio, pasta, legumi. Poi, bisogna avere una ricetta sempre facile, a noi molto familiare, pronta ad essere eseguita. Cucinare non deve essere mai una lotta contro il tempo o contro le dispense della cucina”.
In che modo la tua cucina, da ricordi di infanzia è diventata professione e business?
“Sono cresciuta con una madre che era una cuoca eccezionale e una nonna fantastica che ogni domenica preparava la pizza e che ci ha fatto conoscere ogni tipo di pasta italiana. La cucina italiana, quella dell’emigrazione, ha accompagnato la mia vita. I primi viaggi in Italia, dove ora torno spesso, mi hanno trasmesso molta consapevolezza e fatto conoscere meglio la cucina regionale. Ho capito che il cibo è conoscenza oltre che esigenza. Per me parlarne è naturale”.
Come sta cambiando l’approccio degli americani rispetto al cibo?
“Negli ultimi dieci anni tantissimo. C’è molta consapevolezza, attenzione verso il cibo salutare. Si comincia a fare la spesa nei mercati dei contadini, si comprano molte verdure, si mangia meno carne. Il concetto del biologico e slow food sono quasi come un mantra”.
A proposito di biologico. I prezzi dei prodotti biologici sono alle stelle. Mangiare sano è un’esclusiva per pochi? Per quelli che hanno risorse economiche?
“Indubbiamente sì. Il prezzo di alcuni prodotti biologici a volte è ridicolo. Mangiare bene non significa necessariamente mangiare biologico”.
Non pensi che la consapevolezza a volte sia una moda? Se pensiamo a modi di mangiare e concetti a volte usati come slogan?
“Ho letto di recente un articolo a proposito del boom dei prodotti gluten-free. Ci sono quelli che sono costretti e quelli che mangiano gluten free perchè convinti che il glutine faccia male. Molti sono gli atteggiamenti modaioli”.
Parliamo di geografia americana del mangiare sano. Chi mangia meglio?
“Non è una questione solo geografica. Di sicuro, chi vive in stati come la California o la Florida, dove il clima è mite tutto l’anno e si hanno stili di vita diversi, ha accesso a cibi stagionali che a New York o nel New Jersey, dove sono cresciuta, è difficile ottenere. Detto questo, si tratta di una scelta individuale dettata da conoscenza, educazione al cibo e anche possibilità economiche”.
Quali sono le nuove tendenze in materia di cibo, negli Stati Uniti?
“Mangiare sempre più verdure”.
Gli americani mangiano meglio rispetto a prima e sono diventati i primi consumatori mondiali di vino. Anche nel vino, l’approccio è cambiato?
“Tantissimo. Oggi, si conosce di più il vino, le sue diversità regionali”.
Comfort food e cibo dell’anima. Il cibo che ti lega ai ricordi più belli?
“So che il piatto che sto per nominare in realtà è molto più legato alla tradizione italo-americana: gli spaghetti meat-balls, come quelli che cucinava mia nonna. Tra le mie provviste nel congelatore, le polpette di carne non devono mancare”.
Il cibo che hai scoperto in Italia per la prima volta.
“I tartufi. Un mondo meraviglioso fatto di sapori e di sottili profumi. Mi piace la cucina italiana, da Nord a Sud. Non saprei dire qual è la mia preferita perché ogni regione e ogni paese ha una sua specialità”.
Cosa pensi di Masterchef e di altri cooking show che l’Italia ha copiato dall’America?
“Penso che gli chef abbiano portato, grazie anche ad alcuni di questi cooking show, molta più consapevolezza nel parlare di cibo. Non vedo niente di negativo se non nel fatto di considerare lo chef una celebrità, un eroe. Gli eroi sono altri, non gli chef. Ma questo è accaduto perché gli Americani hanno un rapporto particolare con le celebrities. Pensiamo a Kim Kardashian o a chi come lei è diventata una star grazie e solo al pubblico più che alle capacità individuali”.