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February 24, 2015
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Shylock riveduto e corretto. Intervista a Giorgio Albertazzi

Riproponiamo l'intervista di Laura Bercioux con Giorgio Albertazzi realizzata l'anno scorso in Sicilia

Laura BerciouxbyLaura Bercioux
Time: 6 mins read

Giorgio Albertazzi è in scena con il suo Mercante di Venezia al Teatro Massimo di Palermo, che si presenta con un bel cartellone producendo anche due operette per il Festival di Torino. Domina la scena in una versione teatrale tutta sua, molto corale e con bravissimi attori. Un Mercante diverso e un Giorgio Albertazzi in forma strepitosa, sdecretano un altro successo di critica e di pubblico per il grande attore italiano.

È lei l’autore della traduzione e dell’adattamento scenico di questa piéce?

“Sì. Ho buttato via il quinto atto perché nel Mercante originale troviamo uno Shakespeare nella Londra del ‘600 dove  la condizione degli ebrei era molto diversa rispetto a Venezia che era molto più permissiva perché Venezia era il porto del Mediterraneo, c’erano scambi con l’Oriente, era multietnica. Shakespeare mette tutti d’accordo con un happy ending terribile [ride] secondo me insopportabile: tutti felici! Il Mercante e Shylock sono due perdenti. Shylock ha perso tutto, soprattutto la figlia; Antonio, interpretato dal bravissimo Franco Castellano, invece ha perso l’amore: il Mercante è omosessuale e ama Bassanio. Ho fatto questo adattamento massiccio, ho riscritto il personaggio di Job, dove ci sono almeno 20 risate, interpretato dalla bravissima e talentuosa Cristina Chinaglia, personaggio che fece magistralmente anche un’attrice francese. Senza nulla togliere al talento, è scritto in una maniera che non può non avere successo”.

Chi è veramente Shylock?

Giorgio Albertazzi ne Il Mercante di Venezia

Giorgio Albertazzi ne Il Mercante di Venezia

“Mi sono attaccato ad una battuta del finale quando Shylock dice a Porzia, che fa l’avvocato: ‘Va tutto bene avvocato, ma io non sono come lei. Come voi avete detto, io sono un ebreo di Venezia’. Questo è importante perché è un ebreo della diaspora, è un signore pieno di dignità, certo quelli lo prendono in giro, soprattutto Antonio lo sberleffa ma adesso ha bisogno di lui. Lui gioca, Shylock gioca, non prenderebbe mai la libbra di carne, Porzia lo provoca fino alla fine. Potrebbe finire prima. Invece lei… ‘no… un momento’, questo perchè deve distruggere la famiglia, prendersi tutto. Quando Shylock butta via i soldi, quella è una mia invenzione”.

Una signora seduta accanto a me, durante lo spettacolo, mi ha detto: “Questo è l’Albertazzi che volevo vedere, è al top e mi ha ricordato Laurence Olivier”…

“Laurence Olivier l’ho visto fare il Mercante, eravamo amici, era notevole. Ma per me, nel mio ricordo il più grande Mercante che ho visto è quello di Benassi, l’attore Italiano della triade Benassi, Ricci Ruggeri, lui era straordinario e lo ha fatto anche in televisione con la Compagnia dei Giovani, pessima e insopportabile”.

Le è piaciuto il Mercante di Venezia di Al Pacino?

“Mi è piaciuto molto. Dovevo andare in America, con lui dovevo fare, per l’Università americana, la poesia di Montale: lui leggeva Montale in inglese, io in italiano. Ci ho parlato recentemente e gli ho detto: ‘Vieni tu qua’. E lui: ‘Ma non è la stessa cosa, ti voglio in America’”.

Porterebbe questo Mercante a New York?

“Questo Mercante no, semmai farei Montale  ma le università americane sono distanti l’una dall’altra, tre o quattro ore di aereo”.

La lingua italiana, in qualche modo, ha pregiudicato una carriera più internazionale a un grande attore come lei?

“No. Perché quando ho fatto Amleto a Londra – più di questo cosa si deve fare? – la critica londinese cosa ha scritto? ‘Correte londinesi, dormite all’addiaccio, ma un Amleto così non si vede da ottant’anni’. Grave è che non sono rimasto lì, ho sempre dei fatti sentimentali, ho sempre una donna nella mia vita. Come a Parigi, ho fatto un Amleto, abbiamo vinto il challenge, al Sarah Bernhardt, il direttore mi disse: ‘Resta qui, resta a Parigi, montiamo subito La vita è un sogno di Calderon de la Barca’, ma all’epoca avevo una donna. Che poi io non sono un passionale, sono un casto. So che nessuno ci crede ma è così”.

È dantesco?

“Dante è tutto sangue però con Beatrice non ci può arrivare”.

Lei ha fatto innamorare tante donne…

“E lo so, io sono affezionato alle donne. È mia la frase ‘Le cosce delle donne sono una prova dell’esistenza di Dio’, me l’hanno rubata questa frase”.

L’Italia appare stanca, impoverita e senza idee: pensa che ci possa essere una riscossa?

Con laura

Giorgio Albertazzi a fine spettacolo con la giornalista Laura Bercioux

“Adesso la faccio anche io la TV con una serie di special televisivi ma secondo me, è meno drammatica la situazione dell’Italia rispetto al resto del mondo da un punto di vista culturale. Un tipo di fermento c’è: non bisogna confondere l’aspetto museale della cultura con la produzione. Quando si va a Parigi o a Londra si vedono grandi mostre, però la produzione culturale vera è un’altra cosa. È molto più interna, meno appariscente e secondo me non è proprio un guaio questo Paese. Certo non valorizza se stesso, noi abbiamo un patrimonio culturale che non ha nessuno: basterebbe Firenze per fare tutto il mondo. Anche perché c’è una dimestichezza con la bellezza. Oggi sono furibondo con quello che accade nel mondo: ho fatto le Lezioni Americane di Calvino.  Lui aveva ragione, è stato profetico, come succede ai grandi scrittori. Il crollo, la volgarità nel mondo che diventa a questo punto insopportabile, fa accapponare la pelle”.

Il mondo sta crollando sotto le minacce dei terroristi, spietati e crudeli..

“Questa cosa sui bambini e sulle donne. Intanto c’è questa evoluzione della donna che acquista una certa indipendenza e non per tutte economica: cos’era la donna nella cultura occidentale? Prima era in famiglia dove è dipendente, passa da un’altra famiglia e fa la stessa cosa. Piano piano si rende autonoma e il maschio come reagisce? La uccide. Il femminicidio è pazzesco. Il maschio è un essere inferiore. Dio ha fatto prima l’uomo poi ha fatto la donna e gli è riuscita meglio. Io quelli lì che prendono i bimbi, gli tagliano le mani e gli sparano. Noi diciamo sono animali, bestie! Ma l’animale è superiore, l’animale ha fatto scelte diverse, è più vicino alla natura dove c’è uno scambio con la morte e con la vita diverso, invece l’uomo è terribile ha un’intelligenza che adopera. Si potrebbe rimediare con la cultura, la leggerezza e la poesia. Mi dirai come si fa a essere leggeri? Io sono completamente agnostico, però penso che tutti i conflitti hanno alla base un’origine religiosa non economica, quella viene dopo. Il conflitto nasce quando tu dici ‘il mio dio è più dio del tuo’. Noi siamo ancora all’età del Ferro che è l’età della guerra e della violenza e adoperiamo solo il 4 o 5% del nostro cervello ma non si va avanti. Il progresso della scienza è enorme, il progresso dell’etica no. Una scienza senza etica è contro l’uomo. Non c’è dubbio. Questa è la cosa terribile che stiamo vivendo. Io sono innamorato degli animali, non ho dimestichezza con loro perché non riesco a toccarli: ho 20 cavalli da corsa, tori e 12 cani. Gli uomini sono capaci di amore ma è un amore sempre legato al proprio interesse dei sentimenti e del sesso, gli animali sono diversi. Si dicono cose come ‘che animale è quello’ o ‘è bestiale’. È sbagliato. Bisognerebbe dire: è umano”.

Ci parli del suo rapporto con la Sicilia. 

“Amo moltissimo la Sicilia, è proprio bella questa terra sul Mediterraneo. Palermo è una città bellissima anche se in questi ultimi tempi mi sembra ci sia un po’ di degrado. Manca di brillantezza, di solarità, magari forse perché ho trovato tempo brutto, ma c’è qualcosa di diverso. Una città che assomiglia allo storico albergo che mi ha sempre ospitato dove si avverte una perdita di lucentezza, brillantezza”.

I suoi prossimi impegni?

“Questa estate riprendo Le memorie di Adriano a Castel Sant’Angelo, che è il suo Mausoleo, e poi vado a Milano all’Expo con l’Adriano. Ho fatto 870 repliche”.

E in America?

“L’America… Buenos Aires. A Buenos Aires, mi cercano, mi chiamano perché ci vada. Conoscevo bene Borges, adoro Borges. Adesso voglio fare un altro spettacolo su Borges con Mariangela D’Abbraccio, sul tango, su Piazzolla”.

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Laura Bercioux

Laura Bercioux

Il giornalismo è la mia passione dove vale la pena “consumare le suole delle scarpe”. Credo nella libertà di stampa e in un giornalismo indipendente. Il teatro e il cinema come la televisione fanno parte della mia vita professionale. Senza il teatro non sarei andata da nessuna parte. Essere giornalisti significa avere un occhio sul mondo, sui fatti e le persone. Amo Napoli e New York, le due città dove mi sento a casa. Il mio motto: Libera come il vento!

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