“La TAV va sabotata, è l’unico modo che c’è per fermarla. Il Procuratore Caselli esagera”. Erri De Luca, lo scrittore napoletano, dopo questo commento nell’intervista rilasciata all’Huffington Post nel 2013 alle parole di accusa che il procuratore Giancarlo Caselli lanciava nei confronti degli intellettuali di sinistra, è finito sotto processo perché per “istigazione alla violenza”.
Il noto scrittore, che si è schierato con i cittadini della Val di Susa del movimento No Tav, si batte contro il disastro ambientale che prevede la perforazione e la polverizzazione di giacimenti di amianto, perforazioni di montagne con giacimenti di pechblenda: un materiale radioattivo più concentrato dell’uranio impoverito, già responsabile dei tumori dei soldati italiani nella Guerra dei Balcani. Nel suo libro presentato martedì alla Feltrinelli di Palermo, La parola contraria, Erri De Luca scrive: “Rivendico il diritto di adoperare il verbo sabotare come pare e piace alla lingua italiana. Il suo impiego non è ristretto al significato di danneggiamento materiale, come pretendono i pubblici ministeri di questo caso. Per esempio: uno sciopero, specialmente a gatto selvaggio, senza preavviso, sabota la produzione di un impianto, di un servizio…”.
Un processo alla libertà di parola?
“Una storia che non ha precedenti. È la prima volta che uno scrittore viene incriminato per istigazione a commettere reati. In precedenza altri scrittori sono stati incriminati per oscenità perché con le loro opere spostavano il senso e il limite del pudore che è sempre un limite mobile: invece questa è la prima volta, ed è capitato a me, che sono stato incriminato non dalla Procura della Repubblica ma sono stato incriminato su denuncia della società costruttrice dell’opera Torino Lione. È una denuncia che è partita da una ditta privata e che ha trovato buona accoglienza nella Procura della Repubblica di Torino, la quale nel frattempo, negli ultimi anni, si è occupata di reprimere quel movimento di massa, fatturando circa mille incriminati per la partecipazione al movimento No TAV”.
Il movimento spontaneo e popolare che la sostiene con lo slogan “io sto con Erri” dimostra che la gente è stanca di subire scelte governative sbagliate: assistiamo a un imbavagliamento generale?

Erri De Luca con la giornalista Laura Bercioux alla Feltrinelli di Palermo
“Diciamo intanto che le grandi opere sono diventate tutte losche, sporche e tutte infiltrate. Sono tutte un miscuglio di costi pubblici e benefici privati di aziende che ricevono questi lavori perché sono legate ai partiti. Non solo, sono opere losche perché si immagina che uno Stato faccia un’autostrada ma non si immagina che sotto un’autostrada siano interrati dei rifiuti tossici, potrebbe succedere in un'opera privata ma non in un’opera pubblica: questo non dovrebbe succedere. E così non dovrebbe succedere che una grande ditta come l'ILVA a Taranto, dopo avere avvelenato quel quartiere e i quartieri limitrofi, e aver procurato numerose vittime, sia stata esentata dal pagare i rimborsi ai cittadini: non pagherà un solo centesimo, dunque esistono delle legalità di Stato che sono losche e contro le quali insorge una giustizia dal basso. Nel caso della Val di Susa si tratta di un’opera inutile e micidiale. La TAV è inutile perchè mente anche sul suo titolo “non è ad alta velocità”: risparmia su quella tratta, dopo avere bucato 57 chilometri di montagne, poco meno di un’ora tra Torino e Lione. Quindi non si tratta di alta velocità, si tratta di modesta velocità ma di alto interesse economico a spendere quel denaro pubblico”.
La parola contraria è un libro sulla sua vicenda processuale…
“L’ho scritto quando sono stato definitivamente rinviato a giudizio, a giugno, quando il giudice per l’udienza preliminare ha trasformato in processo quella procedura. Da quel momento mi sono messo a scrivere questa storia perché io credo che posso difendermi solo così, posso difendere il mio diritto di 'parola contraria' solamente demolendo l’impianto dell’accusa. La libertà di parola è qualcosa che non può essere estirpata e non è reprimibile. Anche nei peggiori regimi di oppressione comunque la parola sfugge alle censure e ai controlli. Proprio perché non si tratta della libertà della mia parola ma del diritto di 'parola contraria', ebbene questo diritto me lo difendo fuori dall’aula di tribunale, con gli incontri che faccio in giro, con la scrittura di questo libretto, sostenendo le ragioni di una vallata che da circa 25 anni è riuscita a sabotare quest’opera cioè ad impedirla, ritardarla, inguaiarla”.
Il primo emendamento della Costituzione Americana protegge la libertà di parola e di stampa: in America c’è più libertà di espressione rispetto all’Italia?
“Hanno una cultura della libertà di parola che permette anche al Ku Klux Clan di fare la sua libera propaganda, quindi hanno un diritto e una libertà di parola molto vasta e sono sensibili a questo argomento, e perciò gli americani hanno una stampa che ha la possibilità di essere critica nei confronti delle scelte pubbliche, cosa che da noi è ormai tramontata definitivamente. Oggi la nostra stampa, la grande stampa non è più formata da giornalisti, da professionisti dell’informazione ma da impiegati di un’azienda che rispondono di quel che scrivono al Consiglio di Amministrazione dell’azienda”.
De Luca raggiunge i lettori che lo aspettano in conferenza. Leggo la quarta di copertina del suo libro “Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell’aula e fuori, isolata è l’accusa”. Mi giro e dall’altra parte della sala, affollatissima, la gente accoglie De Luca con “Je suis Erri”. Libertà di parola contraria.