Non uno ma due viaggi l’hanno portata prima nella Sicilia delle miniere di zolfo e poi nella New York in espansione. Oggi in quella Sicilia torna ancora e a New York ha portato l’arte della sua Isola. Siculo-americana o globetrotter poco importa, Maria Rand Catalano è, senza dubbio, l’ambasciatrice della cultura siciliana in America.
Come Andrea Camilleri, scrittore che ama, nasce a Porto Empedocle (Agrigento) il 9 Marzo del 1947, da una famiglia che da Roma si trasferì in Sicilia nel 1848. Il padre fu direttore di una delle miniere di zolfo nell’agrigentino. Nel 1956, arrivò a New York con la famiglia dove ha conseguito il Master in Arte al Brooklyn College. Da sempre attiva nel mondo dell’arte, è sposata con Archie Rand, artista di fama internazionale da cui ha avuto due figli. Attualmente è direttrice e curatrice del Brooklyn College Art Gallery all’interno del Brooklyn College di New York. Il College fa parte della CUNY, City University of New York ed è considerato un tempio dell’arte, a livello formativo e creativo. Qualche anno fa, con il marito ha comprato una chiesa a Bushwick nel cuore di Brooklyn che è diventata la loro casa e il loro laboratorio artistico.
Il suo legame con la Sicilia non è solo dovuto alle sue origini ma anche ai suoi rapporti professionali.
Il mio amore per la Sicilia è innanzitutto amore per la sua storia, per la sua cultura millenaria, per la sua tradizione. Quando Gioacchino Lanza Tomasi di Lampedusa, anch’egli siciliano, era direttore all’Istituto italiano di cultura a New York, io lavoravo come consulente alla casa italiana della Columbia University. Il nostro amore per la Sicilia si è da subito trasformato in un grande sodalizio volto a promuovere oltreoceano la cultura e gli artisti siciliani come Enzo Sellerio o altri meno conosciuti. Così, ad esempio, è stato con l’artista di Sciacca Franco Accursio Gulino, le cui opere sono state in mostra al Brooklyn College di New York. La mostra è stata un grande successo per Accursio che è stato così conosciuto da un pubblico internazionale. La mia collaborazione con Tomasi di Lampedusa è continuata a New York nel segno della promozione dell’eccellenza siciliana, essendo sempre in contatto con intellettuali e artisti dell’Isola.
Molti artisti italiani sognano di esporre a New York, ma spesso incontrano difficoltà.
New York è, dagli anni Ottanta in poi, il punto di riferimento per molti artisti. Oggi però, a causa dell’eccessiva spinta del business e della globalizzazione l’arte viene vista come elitaria, venduta quasi come un pacchetto di azioni, inaccessibile a molti, accessibile solo ai più ricchi. Sembra che ci sia interesse a fare dell’arte solo ed esclusivamente per venderla. Così a New York molte delle storiche gallerie hanno chiuso i battenti e rimangono alcune gallerie indipendenti nel Lower East Side e a Brooklyn dove sembra fiorire un nuovo interesse verso l’arte. Gli artisti italiani di solito espongono a New York grazie all’intervento e al supporto delle istituzioni italiane, come l’Istituto italiano di Cultura, la Casa Italiana Zerilli Marimò e da altre associazioni italo-americane. Si può e si potrebbe fare di più anche perché ci sono molti grandi artisti siciliani che vorrebbero esporre.
A che livello il Brooklyn College contribuisce alla promozione della cultura italiana?
A tutti i livelli. L’obiettivo principale è appunto quello di promuovere la cultura italiana e gli esponenti che al meglio la rappresentano. Io personalmente, sono molto attenta alla scena artistica siciliana e sono molto sensibile agli artisti emergenti oltre che alla continua volontà di far perpetuare nel tempo i grandi personaggi del passato.
Qual è l’immagine della cultura siciliana nel panorama dell’arte contemporanea a New York?
Oggi i vecchi stereotipi sopravvivono solo a livello cinematografico e l’immagine della Sicilia come fotografia di un paese povero durante il secondo dopoguerra è solo un lontano ricordo. La mia generazione si è ben adattata e assimilata alla cultura americana, ma non ha dimenticato le proprie radici che cerca di far sopravvivere attraverso la conoscenza di un’idea moderna della Sicilia. La cultura siciliana ha grandi eccellenze che gli americani apprezzano. Scrittori come Pirandello, Sciascia, Camilleri, pittori come Guttuso, sono stimati esponenti della cultura siciliana vista come cultura universale.
Che rapporto ha lei personalmente con la cultura siciliana di ieri e di oggi?

Con il marito Archie Rand a casa di Enzo Sellerio
Amo gli scrittori siciliani, da Pirandello a Verga, da Sciascia a Elio Vittorini. Amo Rosa Balistreri. Essendo nata a Porto Empedocle, apprezzo anche Andrea Camilleri. Chiaramente adoro Il Gattopardo e il nostro caro amico Enzo Sellerio di cui sentiamo molto la mancanza. Io e mio marito Archie siamo stati ospitati dai nostri amici Gioacchino e Nicoletta Lanza Tomasi (che sono senza dubbio le persone più colte e piacevoli con cui conversare) nel loro palazzo storico a Palermo e i ricordi di quella visita rimangono per me sempre impressi nella memoria. Credo che la Sicilia e la sua cultura abbiano influenzato il mondo intero. Riconosco persino nei suoni jazz di New Orleans una chiara influenza delle bande siciliane.
Cosa la lega oggi alla Sicilia?

Maria Rand Catalano a Realmonte
Non tanto la famiglia (nessun familiare è rimasto a Porto Empedocle) quanto gli amici e l’amore in assoluto per questa terra. Amo Cefalù, Castellammare del Golfo, Sciacca e il suo ritmo ora urbano ora lento. Per non parlare della bellissima Palermo e di tutta l’area che va da Noto ad Avola. I miei sentimenti non sono di nostalgia e di ricordi, ma d’interesse e curiosità. Ritorno spesso in Sicilia e quello che maggiormente mi affascina è l’idea di modernità che continua ancora a convivere con un forte passato fatto di storia e tradizioni. C’è in Sicilia un tessuto storico che mi ricorda il Medioriente. Il processo di globalizzazione ha investito anche la Sicilia che, con equilibrio, ha saputo bilanciare l’impulso alla modernità e le solide radici nel passato. Riconosco nella Sicilia e nei suoi abitanti uno straordinario livello di energia e di creatività, di calore umano, che rende questa terra unica. Poi, a livello personale, amo essere siciliana. Fa parte di me. È nel mio sangue.
Cosa ama di New York?
La sua energia e la sua modernità. Quella spinta al cambiamento e quella vocazione naturale all’evoluzione. New York è unica.
Brooklyn è attraversata da un inarrestabile processo di gentrificazione. È sempre un bene?
Per certi versi sì perché rende molte aree più vivibili. Per altri no perché toglie anima e autenticità ai luoghi.
Lei ha comprato una chiesa intera in un quartiere ritenuto fino a non molto tempo fa non proprio sicuro.
Io e mio marito abbiamo intuito che Bushwick e tutta l’area limitrofa sarebbe diventato una sorta di Williamsburg. In effetti sta accadendo proprio così e gli artisti, stanchi di pagare prezzi assurdi in altre parti di Brooklyn già gentrificate, stanno venendo da queste parti.