Immaginatevi il mondo tra una decina d’anni. Immaginatelo senza leoni e senza tigri. Senza elefanti e senza rinoceronti. Un po’ come all’indomani dell’estinzione dei mammut… Un altro mondo. È proprio quello che sta accadendo. Il ritmo vertiginoso con cui si sta assottigliando il numero di questi animali non dà spazio a speranze. Nel XIX secolo gli elefanti in Africa erano 27 milioni, nel 2013 400.000; 500.000 erano i rinoceronti all'inizio del XX secolo, oggi 29.000, o meno. I leoni in Africa negli ultimi 50 anni sono diminuiti da oltre 200.000 a meno di 20.000, con la situazione più drammatica nella parte occidentale del continente dove ne rimangono appena 250 esemplari. O giù di lì. Cento anni fa, le tigri in Asia erano circa 100.000. Oggi ne sono rimaste solo 3.200.
La causa? Il bracconaggio, l’uccisione sistematica e incontrollata di decine e decine di esemplari. Un crimine spesso protetto dagli Stati, controllato da gruppi terroristici o di cui si avvantaggiano aziende di import-export pienamente legali nella facciata. Un crimine di cui sono artecifici o complici personaggi insospettati. Anche compagnie aeree…
Associazioni, ONG, organizzazioni internazionali in questi anni non hanno mai smesso di lottare, ma a volte si brancola nel buio. A fronte dei piccoli successi – pesci piccoli assicurati alla giustizia, indagini sul campo che aiutano a monitorare il fenomeno – la fanno franca in molti. Troppi. Protetti dai soldi, dalla loro posizione importante. Dalla paura di chi non li chiamerebbe mai in ballo. Senza contare che spesso si lavora magari su progetti analoghi, ma ognuno per proprio conto.

La schermata per la segnalazione di reati ambientali su WildLeaks.org
Così è nato WildLeaks. Una piattaforma che mira a scovare, investigare, combattere i crimini contro la fauna selvatica e le foreste. Lo fa attraverso le segnalazioni anonime che giungono – in modo sicuro e protetto – sulla piattaforma online. Dietro ci sono esperti di giornalismo investigativo, di normative ambientaliste, intelligence e tecnologie avanzate nella gestione della sicurezza.
Ma soprattutto c’è Andrea Crosta, che l’ha pensata e fondata. A un certo punto ha deciso di mettere insieme le sue esperienze: progetti di conservazione, sicurezza, anti-terrorismo, investigazione, tecnologie avanzate. È lui che qualche tempo fa, insieme ad un collega, attraverso un'investigazione durata 18 mesi, ha scoperto il legame tra il commercio di avorio e il gruppo terrorista somalo al-Shabaab. Ora c’è WildLeaks e si spera di fare molto di più.
“Concretezza, innovazione, collaborazione: sono questi i principi chiave attorno a cui ruota l’attività di WildLeaks” – spiega Crosta a La VOCE di New York.
Crosta viene dall’esperienza di Elephant Action League (EAL), ONG californiana di cui è direttore esecutivo e co-fondatore, ma anche questa non bastava.
“Ci sono tante persone che sanno cose, ma per varie ragioni non parlano, non possono condividere le informazioni perché è pericoloso e lo sta diventando sempre di più. I crimini di cui si parla sono molto redditizi e ci girano intorno personaggi potenti, establishment governativi, forze di sicurezza…”.
L’anonimato – così come la navigazione e il passaggio sicuro di file attraverso Tor e altri sistemi criptati – rende più agevole la raccolta di informazioni su cui poi investigare. E i risultati non si sono fatti attendere.
Crosta, a cosa state lavorando in questi giorni?

Andrea Crosta, ideatore e fondatore di WildLeaks
Ad una soffiata arrivata pochi giorni fa dalla Nigeria che suggerisce il coinvolgimento di una linea aerea nel trasporto di prodotti animali illegali. Non posso ovviamente svelarne il nome, comunque non è europea, né africana. Certo non sarà coinvolto tutto il management, ma sicuramente qualcuno all’interno o un agente locale. Un’altra informazione su cui stiamo lavorando è il traffico di un particolare prodotto di origine animale, dall’Africa verso gli Stati Uniti, utilizzando i normali servizi di posta. Il leak conteneva addirittura i profili Facebook e di E-Bay delle persone apparentemente coinvolte.
Cosa si fa quando si ricevono le informazioni?
Seguiamo varie opzioni: cominciare a investigare con il nostro team; condividere il leak con altre organizzazioni ambientaliste più esperte su quelle tematiche o aree geografiche; condividerlo con le forze di sicurezza di cui ci fidiamo o con un media partner che condurrà con noi l’investigazione e avrà l’esclusiva della notizia. Nel caso del leak che chiama in ballo la compagnia aerea, si è scelta la condivisione con US Fish & Wildlife Service.
WildLeaks è entrato in scena a febbraio di quest’anno. Proviamo a fare un primo bilancio?
Ci aspettavamo una partenza progressiva. E invece no. Il primo leak ci è arrivato dagli Stati Uniti e le segnalazioni non si sono mai fermate, con una media di 4-5-6 a settimana che consideriamo buone. In totale, tra tutte quelle segnalate, una trentina di casi sono stati validati. Su queste, 3 investigazioni – tutte in Africa – sono in corso e ci sta lavorando il nostro team. Altre sono state condivise con altre organizzazioni ambientaliste come la Wildlife Conservation Society con sede a New York e altre ancora con le forze dell’ordine. Purtroppo molte sono sulla scrivania in attesa di avere fondi per procedere.
Ci parlava del metodo: concretezza, innovazione, collaborazione. Ma qual è il vostro obiettivo? Solo quello di fornire una piattaforma sicura dove inviare “soffiate” a persone che non si espongono per paura?
Il nostro target è chiaro. Vale a dire vogliamo arrivare ai livelli medio-alti, i funzionari, i businessmen, le aziende di import-export con la faccia pulita e gli affari illegali, i politici. WildLeaks non è alla ricerca di facili arresti, piccoli trafficanti o bracconieri – spesso persone povere, facile esca di chi davvero lucra su questi traffici. Questi arresti possono continuare per tutta la vita ma non cambierà mai nulla.
Mi diceva che la voce circa la vostra attività si sta spargendo velocemente. Nella stessa Africa…
Alcune fonti ci hanno detto che l’establishment di alcuni ministri africani sta mostrando nervosismo dopo il lancio di WildLeaks.
A proposito di Africa, a parte certi coinvolgimenti di cui ci diceva, avete trovato collaborazione in qualche Governo?
È assurdo quanto certi leader africani riescano a parlare con grande convinzione, a fare promesse e a coinvolgere l’opinione pubblica ma poi fare il contrario. O non fare niente. In realtà se fosse per loro non ci sarebbe neanche più un elefante. Comunque c’è l’eccezione del Botswana, il suo presidente si sta dimostrando una persona illuminata su questo fronte. I peggiori sono i Governi del Centrafrica, il buco nero del continente. Un’inchiesta dello scorso anno ha rivelato la diminuzione della popolazione degli elefanti del 62%. E poi ci sono il Kenya, la Tanzania, maestri nel far finta di fare.
E poi c’è la Cina, grande importatore di avorio ma anche di corna di rinoceronte, ossa di leone e di tigre dal presunto potere curativo…

La caccia all’avorio è una delle principali cause del bracconaggio. Foto: Environmental Investigation Agency (EIA)
Con la Cina c’è anche il problema che non rientra nella Convenzione Cites e lì il commercio e la vendita di avorio è legale. C’è una forte domanda da parte della crescente classe medio-alta per la quale un oggetto d’avorio, da possedere o regalare, rappresenta il simbolo del proprio status e posizione sociale. E, come diceva, ci sono i pregiudizi e le false credenze legate ai poteri di prodotti animali.
E l’Europa, l’Italia?
In Italia arriva tanto legname illegale, pelli di rettili che vanno a servire l’industria del pellame e poi c’è la caccia di frodo… quella al lupo ad esempio. Ci sarebbe molto da indagare.
Però anche la caccia autorizzata ha i suoi lati oscuri…
Sono molti quelli con licenza di caccia che cacciano dove non è concesso, che chiedono alle loro guide di attirare gli animali protetti fuori dai parchi, che esportano trofei di cui non hanno ottenuto il permesso. E via dicendo.
Un lavoro senza fine per WildLeaks… Crosta, differenze con WikiLeaks?
Non inseguiamo segreti di Stato o militari ma chi è corrotto anche a livello governativo nei crimini contro la fauna selvatica e le foreste. Non pubblichiamo e diffondiamo nulla in automatico ma valutiamo sempre prima di agire quello che abbiamo ricevuto. Non siamo solo sulle tracce dei piccoli trafficanti o bracconieri ma di quegli esponenti della middle e upper-class che sono dietro questi crimini e ci guadagnano una montagna di soldi.