Il regista Mario Martone porta al Lido di Venezia un ritratto emozionante che cattura la grandezza e anche la dimensione umana di un poeta che travalica i secoli. La beltà di questo biopic su Giacomo Leopardi è che le poesie non fungono da sfondo letterario al racconto, bensì sono parte dell'azione del personaggio.
Elio Germano interpreta brillantemente il lungo percorso emotivo di una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché una delle principali del romanticismo letterario e del pensiero illuminista risorgimentale.
Regista e protagonista raccontano a La Voce di New York com’è stato portare Leopardi sul grande schermo:
Intervista all'attore Elio Germano
Elio, come ti sei preparato per la parte a livello fisico-emotivo?
Ho studiato molto i lavori di Leopardi, ho naturalmente dovuto fare una selezione, visto che il materiale è tantissimo. Per quanto riguarda la fisicità mi sono documentato a livello medico per capire meglio il morbo di Pott, che è una forma di tubercolosi ossea. Anche Gramsci ne era affetto.
Questo è il primo film su Giacomo Leopardi, credi sia un buon modo per avvicinarlo agli studenti nelle scuole?
Penso che il miglior modo per avvicinarsi ad un poeta sia leggendo quello che ha scritto. Credo che Leopardi sia molto attuale, racconta l'essere umano e le sue idee sono applicabili prima e dopo il suo periodo storico.
Come ti senti ad essere il primo ad aver incarnato Giacomo Leopardi al cinema?
Come attore per me l'unico modo di rappresentarlo era forzare l'immaginario collettivo, scegliendo una direzione, che sicuramente è una forma di violenza fatta all'autore ma anche l'unico modo di rappresentarlo. Penso che quando si interpreta un personaggio del genere sia importante sapere che si è destinati a fallire. [ride] Questo aiuta a liberarsi dalla paura e prendere delle scelte sull'interpretazione.
È il personaggio più difficile che hai interpretato finora?
Sicuramente quello per il quale ho dovuto studiare maggiormente: quattro mesi, come direbbe lui di "studio matto e disperatissimo". Anche dal punto di vista fisico mi sono dovuto esercitare con gli addominali, dal momento che stavo curvo tutto il giorno con una protesi e schiacciavo il diaframma. Alla fine delle riprese ho fatto un po' di fisioterapia [ride].

Mario Martone ed Elio Germano a Venezia
Intervista al regista Mario Martone
Mario, 'Il giovane favoloso' come 'Noi Credevamo' racconta il Risorgimento italiano, cosa ti lega a questo periodo storico?
È il periodo in cui nasce il nostro paese, sommerso da una retorica polverosa, che credo sia alla base di tutti i problemi di crescita che ha l'Italia. Mi è sembrato interessante andare a mettere le mani lì e tirare fuori questi personaggi dalla polvere, e ridare vita e rimetterli davanti agli occhi degli italiani, e spero anche agli stranieri, con la loro radicalità, con la loro determinazione a non piegare la testa.
Qualche hanno fa, hai adattato per il teatro le 'Operette Morali', è stata quella esperienza ad invogliarti a fare un film su Leopardi?
Quando ho proposto le 'Operette Morali' nessun teatro l'ha comprato in Italia, ma dopo che ha debuttato è stato un successo tale di pubblico che abbiamo fatto tre anni di tournée, siamo stati anche a Parigi e New York. Questo certamente mi ha dato fiducia che il pensiero e la parola di Leopardi potessero parlare ad un pubblico contemporaneo.
Quale Leopardi volevi raccontare?
La cosa che mi interessava era mostrare che mentre il suo corpo si rattrappisce, la sua mente si fa sempre più leggera e potente. In questo modo penso a Leopardi come ad un filosofo indiano: c'è un profondo rapporto tra Leopardi e il pensiero orientale, la visione della natura, dell'esistenza umana, del nulla e della vita da cogliere in ogni singolo elemento e momento.
Dal punto di vista della sceneggiatura come hai lavorato con Ippolita Di Majo nella scelta delle opere di Leopardi intersecate ai dialoghi ottocenteschi?
Con lei avevo già sperimentato in Noi Credevamo come si potesse utilizzare la lingua italiana dell'Ottocento per dialoghi vivi. Per Il giovane favoloso abbiamo lavorato alla drammaturgia di 'Operette Morali', che è stato un grande laboratorio e una fase di avvicinamento a Leopardi. Dopo abbiamo composto la sceneggiatura immaginandola come un viaggio: da Recanati a Napoli, attraversando Firenze e Roma.
Quali tematiche Leopardiane trattate nel film possono gettare una luce sull'attualità?
Leopardi ironizzava sugli idealismi del suo tempo, in 'La ginestra' parla della magnifiche sorti progressive, ed è impressionante per noi che abbiamo il novecento alle spalle, con tutte le sue macerie, causate da idealismi che sono trasformati in aberrazioni. È come se Leopardi da allora fosse riuscito a vedere l'oggi. È una figura profetica in qualche modo.