Sono terminate in Italia le riprese del film Cenere. La Roma più nascosta ed underground ha fatto da scenografia a due storie, quella di Erika, baby squillo diventata grande troppo presto, e di Julien un giovane artista di strada che da Parigi arriva a Roma per rincorrere il sogno della sua vita. Il fenomeno baby squillo, tanto discusso per gli innumerevoli e scandalosi fatti di cronaca, ora diventa lo sfondo di un film scritto e diretto dal regista ventiseienne Simone Petralia e, prodotto da Giuseppe Lepore per Bielle Re. Simone, che è stato premiato al Social World Film Festival, la rassegna del Cinema sociale che premia ogni anno a Vico Equense in Campania i giovani talenti, per il cortometraggio Emmanuel come migliore sceneggiatura, ora ci racconta la sua nuova sfida del suo lungometraggio. L’abbiamo raggiunto al telefono dopo i festeggiamenti, avvenuti in un noto locale romano, per brindare alla fine delle riprese.
Ha 26 anni e sangue siciliano: è testardo Simone Petralia. Il Social World Film Festival che ha riconosciuto il suo talento non è un punto di arrivo. Ogni cosa permette un passo successivo, le difficoltà vanno affrontate e superate grazie all’amore. Immenso quello per il cinema che nutre fin da bambino e motivo della sua scelta: lasciare la Sicilia per Roma. Una laurea in tasca conseguita a pieno voti all’University of Fine Arts, un diploma presso l'ACT Multimedia – Accademia del cinema e della televisione di Cinecittà e poi, le immagini che accompagnano le sue giornate per diventare cortometraggi che muovono l’anima grazie al suo modo semplice, ma vincente di raccontare il sociale. Riesce a fotografare i sentimenti, Simone Petralia, nei suoi corti gli attori vivono come se non ci fossero macchine da presa. Ancora un giorno di te, L'Ultimo Cielo, Solo un bacio, Buongiorno Viola saranno sempre i suoi primi amori, ma ora Simone è cresciuto e dopo le riprese del Film Cenere prodotto da Giuseppe Lepore, ci anticipa la sua prima storia cinematografica.
Cenere che cosa racconta?
Cenere racconta noi giovani, le circostanze che viviamo, le perplessità, i dubbi, la ricerca della strada giusta, le debolezze, gli errori che commettiamo nell’inseguire un sogno. E’ un film che mira a comunicare messaggi sociali.
Com’è nata l’idea di passare dai cortometraggi ad un vero e proprio film?
E’ nata per caso. Lascio sempre il giusto tempo alla storia che prende forma nella mia mente per capire come svilupparla, e soprattutto viverla, sentirla. Alla fine ci sono entrato troppo ed è diventata un film.
Che rapporto si è creato con il produttore del film?
Con Giuseppe Lepore è nata una grande amicizia, entrambi siamo appassionati e pensiamo a fare bene il nostro lavoro. Siamo riusciti a creare un bel team soprattutto grazie a Roberto Ruggiero che conosceva sia Lepore che sua moglie Simonetta Ingrosso, e un giorno ha pensato bene di creare una sinergia vincente e, così è stato. Ora siamo tutti entusiasti per Cenere.
Sappiamo che nel cast ci sono gli attori Cristiano Caccamo, Federica Zacchia, Maximilian Dirr, Ruggero Cecchi e Mattia Marcucci. Inoltre c'è stata la partecipazione straordinaria di Andrea Roncato e Roberta Scardola. Perché la scelta è caduta su di loro?
Sono attori che fanno il proprio lavoro con tanta passione e con la massima serietà, i loro volti raccontano l’essenza di Cenere, consentono agli spettatori di immedesimarsi nella storia pienamente.
Perché il nome Cenere?
Perché la cenere è tutto ciò che rimane dopo la forte passione.
In Cenere continui a puntare sul sociale, come mai?
E’ una domanda che mi pongo spesso anch’io (Ride). Mi piace stimolare il pensiero dello spettatore, creare la giusta immagine per consentirgli di scrutare ogni parte di sé, la sua relazione con tutto ciò che ci circonda, la sua indifferenza o meno.

Il regista con attori e troupe del film “Cenere”
Che cosa chiedi ai tuoi attori?
Di non recitare. Non voglio raccontare storie, ma soltanto le situazioni che il personaggio vive. Mi piace tirar fuori dagli attori che lavorano con me il loro sentire, le situazioni reali che vivono. Non devono mai uscire fuori da sé stessi, è l’errore più grande che possono fare.
Il Social World Film Festival ha premiato il corto Emmanuel come migliore sceneggiatura. Che cosa rappresenta questo premio per te?
E‘ una grande soddisfazione perché il corto Emmanuel rispecchia la mia sensibilità, l’essere riuscito con pochi mezzi, ma con grande passione a comunicare un qualcosa di buono in una generazione di crisi. In Emmanuel ci sono solo immagini, ed è stato proprio per questo un grande risultato. Ora si va avanti anche se il mondo cinematografico è sempre più difficile, ma noi ci proviamo.
Che cosa porti di bello con te dell’esperienza vissuta a Vico Equense?
Di aver visto con i miei occhi come lavorano 50 giovani professionisti, l’impegno quotidiano che mettono sotto le guida di un direttore in gamba come Giuseppe Alessio Nuzzo. Il Social World Film Festival è la rivincita dei giovani.
Che cos’è un film per te?
Se fatto bene un film non è un mezzo di intrattenimento, diventa esperienza, uno strumento di riflessione.
Secondo te che cosa manca ancora al cinema sociale italiano?
Allargare il singolo argomento con altre storie o tematiche anche non affini.
Cenere è una sfida?
Decisamente sì, a 26 anni mi ritrovo a dirigere un cast di attori fantastici, sono coinvolto in un progetto che forse è più grande di me. E’ una carta importantissima che ho voluto giocare, bisogna essere sicuri e padroni della situazione al di là del risultato.
Le immagini e la scrittura creano insieme dei capolavori. Chi vieni prima di chi?
Le immagini e la scrittura viaggiano insieme. Si cercano, si raccontano. Dietro un libro c’è sempre un’immagine, e dietro un’immagine una parola. Per un regista la scrittura è fondamentale, è lo scheletro di un progetto cinematografico.
C’è un libro che vorresti vedere come film?
Sì, il giovane Holden.