L’arbitro Cruciani è colui che si troverà a mediare l’Atletico Pabarile (la squadra più scarsa della terza categoria sarda) e la fortissima squadra Montecrastu, guidata dall’arrogante fazendero Brai, abituato a vessare i peones dell’Atletico, in quanto padrone delle campagne. Ma sarà il ritorno in paese del giovane emigrato Matzutzi, interpretato da Jacopo Cullin, a rivoluzionare gli equilibri, consentendo l’ascesa alla vittoria del campionato all’Atletico Pabarile.
La VOCE ha intervistato in esclusiva il protagonista de L’Arbitro, Jacopo Cullin.
Com’è stato lavorare con Paolo Zucca?
È stata un’esperienza. Era il suo primo film, tratto da un cortometraggio, e visto che è molto meticoloso, facevamo tantissime “take” per ogni scena. Io ho avuto un problema perché al primo giorno di riprese, al terzo ciak della prima scena mi sono infortunato: ho avuto uno stiramento del legamento del ginocchio. Quindi ho fatto tutto il film con lo stiramento. Poi siamo riusciti a trovare degli escamotage cinematografici, anche se lui voleva fare sempre piani sequenza, quindi per me è stato un po’ difficile.
Com’è stata la creazione del personaggio?
La fase di pre-produzione è stata molto bella. Inizialmente non dovevo interpretare il protagonista, ma un giocatore del Pabarile, poi una volta che ho letto la sceneggiatura ho chiesto a Paolo di farmi un provino per il ruolo di Matzutzi. E quando ho fatto il provino gli sono piaciuto. Abbiamo elaborato assieme anche il look con il mullet e l’orecchino; gli mandavo le foto su WhatsApp dei giocatori degli anni 70. Poi ho lavorato sulla camminata e sulla parlata del dialetto. È stato bello avere la possibilità al cinema di avere così tanto tempo per preparare un personaggio, solitamente si viene chiamati una settimana prima di iniziare le riprese.
Quali calciatori ti hanno ispirato?
Naturalmente Maradona e Messi perché sono argentini (come il mio personaggio) e mancini (come me), non perché posso giocare minimamente come loro. E poi Daniel Fonseca, un giocatore di calcio del Cagliari degli anni 90 che aveva questo mullet orribile, e la figura è stata ispirata proprio a lui.
Qual è il tuo rapporto con il calcio, da giocatore e da tifoso?
Tifo per il Cagliari, la squadra della mia città. Ho giocato per undici anni a calcio, anche nelle giovanili, fino a diciassette anni, poi mi sono dedicato al teatro e alla recitazione. Però questo film è riuscito ad unire le mie due grandi passioni.
Com’è stato lavorare con Geppi Cucciari?
Geppi la conoscevo già, lei è di Macomer, abbiamo provato a casa sua. Io e lei improvvisavamo tanto, soprattutto nelle prove, e Paolo era entusiasta perché davamo un po’ più di verità e uno spunto comico ai personaggi. Proprio perché il film è molto estetico e la nostra storia è l’unica forse ad avere una dimensione narrativa. Tra l’altro lui ha voluto girare in bianco e nero perché aveva intenzione di astrarre la storia, voleva che fosse priva di una dimensione spazio-temporale.
Il film sta conquistando le platee dei festival in tutto il mondo…
Io e Paolo ci siamo divisi: lui è andato in Sud Corea, Dubai, in Francia (ha vinto cinque festival), io sono stato ad Istanbul, Londra, Guadalajara (in Messico), a Buenos Aires, adesso qui a New York, sarei dovuto andare a Bilbao, in Sud Africa. Il film è distribuito in Giappone. Proveremo anche in Brasile in occasione dei mondiali [ride].
Qui in America prediligono il football americano e il baseball; come pensi verrà accolto un film sul calcio italiano?
Non parlando solo di calcio, penso che la ricettività americana ai film europei, conquisterà proprio per la realtà raccontata nel film.
Che progetti hai in corso?
Sto lavorando al mio primo lungometraggio, finora ho diretto due cortometraggi. Il film sarà ambientato in Sardegna, si tratta di una storia corale sull’amore, vissuto da diverse fasce generazionali in questo periodo storico.
L’Arbitro viene proiettato al Walter Reade Theater martedì 10 giugno alle 4.00 pm e mercoledì 11 giugno alle 9.00 pm.