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June 7, 2014
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Speciale Open Roads / Viva la libertà: Intervista al regista Roberto Andò

Chiara BarbobyChiara Barbo
Time: 5 mins read

Il classico scambio di persona per una commedia che racconta la politica e l'Italia di oggi. Un segretario di partito in discesa libera e in crisi vs il suo fratello gemello, un filosofo folle rintanatosi per anni dal mondo. Tra momenti esilaranti ed altri intimamente riflessivi, il film racconta uno scambio di identità a fini elettorali che porterà invece a fondamentali prese di coscienza: sulla politica, sulla vita, e su se stessi. Toni Servillo nel duplice ruolo del protagonista e del suo doppio.

Roberto Andò, scrittore, regista cinematografico e teatrale, è ospite a Open Roads per presentare il suo film e incontrare il pubblico. Tratto dal proprio romanzo Il trono vuoto, premiato con il Campiello nel 2012, Viva la libertà ha riscontrato alla sua uscita nelle sale un grande successo di pubblico, oltre ad aver ricevuto riconoscimenti fra i più prestigiosi – David di Donatello per la miglior sceneggiatura e per il miglior attore non protagonista a Valerio Mastandrea, Nastro d'argento per la miglior sceneggiatura e a Toni Servillo come miglior attore.

Impresa non facile quella di trarre un film da un proprio romanzo: due forme di racconto diverse, immaginari forse diversi: scrivendo il libro avevi già in mente di farne un film? E facendo il film hai dovuto o voluto rinunciare a qualcosa del romanzo?

Non avevo in mente di farne un film, mentre scrivevo Il trono vuoto, anche perché trovavo la materia del racconto congeniale alla forma del romanzo: la tecnica del monologo interiore per entrare nella testa di un politico di oggi. Sembra in effetti un azzardo fare un film da un proprio romanzo, e se ti poni delle domande, la verità è che le risposte le trovi dopo. Sicuramente nella storia era presente un tema molto cinematografico, che è l'esplorazione di un volto, e c'era quindi bisogno di un mediatore essenziale che è l'attore… Poi, nello scrivere la sceneggiatura, ho scoperto altre cose, per esempio sono arrivato a scrivere un finale molto diverso rispetto a quello del romanzo, e altre cose che ho scoperto e capito anche dai commenti che ricevevo sul Trono vuoto. Diciamo che si tratta di un viaggio diverso, un viaggio ulteriore nella materia del racconto, che porta verso un finale in cui i due fratelli, inizialmente così diversi per carattere e scelte di vita, alla fine si assomigliano, fino ad essere indistinguibili. 

Uno dei temi ma anche degli stati d'animo dominanti del film è lo smarrimento, sia quello dell'uomo politico che del 'folle' (suo fratello), ed è sia lo smarrimento della politica di questi anni che quello della vita di ogni giorno e del senso che le si vuole dare. Rispetto a questo sentimento dominante, e rispetto a quando ha scritto il romanzo e fatto il film, in Italia qualcosa è cambiato?

Direi di no… La politica è un pretesto per raccontare una dimensione della vita: da un lato racconto il fallimento della politica, e dall'altro la deriva della vita, che sfugge a se stessa. E questo è rimasto, e non solo in Italia. I luoghi del potere non sono interni alla politica ma si sono spostati altrove, la politica vive quindi un senso di fallimento profondo, e ha dovuto rendere più discreti i propri obiettivi. Il politico oggi è la maschera dell'angoscia. 

Alla base del film c'è anche una filosofia di stampo basagliano: i veri malati sono i sani, e viceversa. Se non fosse una commedia, come nel caso del film, sarebbe una tragedia. La scelta della commedia, sicuramente più efficace a raccontare a fondo questa materia, da cosa nasce?

Direi che si è dischiusa in me una leggerezza che ha anche accompagnato la scrittura, e ha fatto risalire in superficie cose profonde. La follia in sé sarebbe un argomento molto pesante, drammatico, ma qui c'è un folle che ci appare irresistibile. Il film è senz'altro una commedia, ma con delle virate verso un tono più intimo.

E' una commedia che come tale funziona non solo in Italia…

Infatti, presentando il film in giro per il mondo, ho visto che fa ridere ovunque, e quasi negli stessi punti! Penso perché il tema centrale, che è quello del conflitto fra maschera e volto, è un tema universale, e il pubblico di tutto il mondo si riconosce in questo eterno conflitto. 

Viva la libertà, oltre ad una scrittura impeccabile, ha un cast perfetto: Toni Servillo, straordinario come sempre, Valerio Mastandrea, bravissimo in un ruolo insolito per lui, e accanto a loro Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto… Com'è nata la scelta degli attori?

Per fortuna mi capita sempre che il cast si materializzi facilmente! Desideravo avere come protagonista Toni Servillo, era anzi la condizione per fare il film. Lui ha accettato subito in maniera entusiastica, se non fosse stato così non avrei fatto il film. Con Michela Cescon e Anna Bonaiuto avevo già lavorato in teatro, sono bravissime e sono delle amiche, quindi la scelta è stata naturale. E Valerio Mastandrea lo considero un attore bravissimo, sicuramente il più bravo della sua generazione. 

Questo film racconta con leggerezza profonda la politica italiana, i partiti e anche gli elettori. Come racconteresti la politica americana e gli elettori americani, pur con uno sguardo più esterno? Cosa in particolare ti interesserebbe raccontare?

Il cinema americano ha raccontato molto la politica: presidenti, campagne elettorali, quindi da una parte è un mondo che conosciamo, e dall'altra ne siamo estranei. Quello che vedo però, e che penso sia estremamente interessante da raccontare, è l'impotenza del potere. Come dicevo, la politica non ha più alcun potere, ma negli Stati Uniti è più che mai evidente. Obama, che è un innovatore, un uomo intelligente, non è riuscito a conseguire buona parte delle riforme che avrebbe voluto portare a termine. Anche nel suo caso ciò che è evidente è la distanza dalla possibilità reale, della politica, di avere degli effetti concreti, e parliamo di un paese dove non è che si passi il tempo a occuparsi di fatti virtuali (come accade spesso in Italia!), ma in America i fatti sono reali, precisi, fatti di economia, lobby, ipoteche sull'intera società. Sarebbe quindi interessante raccontare un personaggio come Obama, la lotta di chi, come lui, ha un forte sentimento della giustizia ma è impotente, la sua è una lotta impari.

Per concludere, una domanda di rito: nuovi progetti a cui stai lavorando?

Una pièce teatrale, ho interrotto le prove per tre giorni proprio per poter essere a New York. Si tratta di Good People, un testo di David Lindsay-Abaire, drammaturgo americano vincitore del premio Pulitzer (ndr nel 2007 per Rabbit Hole, da cui è stato tratto un film con Nicole Kidman e Aaron Eckhart.). Negli Stati Uniti è stato portato in scena da Frances McDormand, la mia protagonista sarà invece Michela Cescon (accanto a lei, Luca Lazzareschi). Lo trovo un testo molto bello, molto ben scritto, sui conflitti di oggi, soprattutto fra ricchezza e povertà. Debuttiamo a Napoli il 17 giugno.

A Roberto Andò abbiamo fatto successivamente, nel giardino del ristorante Barbetta a Manhattan, se nel suo film ci sono aspetti della politica che possono essere raffrontati con la situazione attuale italiana: 

 

Viva la libertà (Long live freedom) viene proiettato al Lincoln Center, per il festival Open Roads, sabato 7 giugno alle 21.00.

 

 

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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