Un “on the road” d'autore sulle strade d'Europa, raccontato con lo sguardo asciutto e poetico del documentario. Branko, ex insegnante, lavora adesso come autista di camion. Tra piazzole di sosta, autogrill, magazzini di carico e scarico, telefonate notturne alla moglie e chiacchiere con il collega Maki, per mesi Branko vive letteralmente sulla strada, nella cabina del suo enorme camion, svelandoci così un modo che ci sfreccia accanto in autostrada ogni giorno e di cui non sappiamo quasi nulla.
Miglior film alla scorsa edizione del Festival di Roma, TIR è un film indipendente, assolutamente europeo, nel racconto e nello stile. E' il primo film di finzione del documentarista friulano Alberto Fasulo. Dopo un lungo e attento lavoro di sviluppo, con una regia rigorosa e un interprete straordinario (lo sloveno Branko Zavrsan, noto al grande pubblico per la splendida interpretazione di No Man's Land di Danis Tanovic), il film ha conquistato non solo il Marc'Aurelio d'oro, ma anche i festival e il pubblico europeo, e grazie ad Open Roads viene presentato ora anche a New York. Dopo un percorso come autore e produttore di documentari, che non ha tuttavia abbandonato – al momento sta lavorando a un documentario sulla figura genitoriale, sulla famiglia, e in particolare sul confronto tra genitori di figli disabili – Fasulo ha scelto ora il feature film.
“All'inizio pensavo di farne un documentario. Poi, ad un certo punto del percorso di sviluppo, ho sentito, nel documentario, un limite alla storia che stavo raccontando, e ho deciso quindi di farne un film di finzione per arrivare più in profondità alla storia e al personaggio. Ed è stato un percorso che mi ha fatto crescere”.
Qual è stato il percorso del film, dalla prima idea al montaggio finale? Perché è stato un percorso lungo e complesso…
Ci sono voluti cinque anni di lavoro, attraverso tutte le fasi necessarie allo sviluppo e alla produzione del film. A cominciare, con il soggetto che avevo scritto, dalla partecipazione a Euro Doc, dove ho capito che non poteva essere un documentario per la televisione. Poi c'è stato il pitching a Cracovia, quindi la riscrittura del progetto come film, con cui ho vinto il Premio Solinas nel 2010. Abbiamo poi ottenuto il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per lo sviluppo e la scrittura della sceneggiatura. Nel 2011 ho capito che dovevo farne un film di finzione, proprio per la materia narrata, c'è stata quindi la partecipazione di RAI Cinema e la chiusura del piano finanziario del film grazie al supporto e al contributo di quattro film commission. Nell'estate del 2013 ho finito di girare e montare il film, e poi c'è stata la partecipazione al Festival di Roma…
E la vittoria al Festival di Roma. Te l'aspettavi?
Per niente! In concorso c'erano dei mostri sacri del cinema internazionale, e vista anche la giuria, non me l'aspettavo proprio, non ci pensavo neanche.
Perfetta la scelta di Branko Zavrsan, nel ruolo del protagonista del film, come lo hai scelto e come hai lavorato con lui?
C'è stata una forte motivazione alla base, da parte mia e da parte sua. Arrivando dal documentario avevo paura di fare un film 'recitato', con una recitazione descrittiva intendo, volevo fare un film con una forte presenza dell'attore, e della realtà. A Branko ho detto che venivo da tre anni di ricerche per il documentario, e non volevo perdere il rapporto con quella realtà che avevo conquistato. Bisognava poi capire che da parte sua fosse tutto a posto, che ci fossero cioè le condizioni fisiche necessarie per guidare realmente un TIR (avevo sviluppato il film per due anni insieme alla ditta di autotrasporti), e avrebbe dovuto fare la patente, si trattava di un attore che doveva a tutti gli effetti diventare un autista di camion. E una delle prime cose che mi ha detto Branko è stata: 'bene, finalmente un film di ricerca!'. Ha fatto poi tre settimane di preparazione con Maki (co-protagonista del film), e per quasi tre mesi abbiamo discusso molto, sul film, sul personaggio, c'è stato un intenso confronto tra me e lui. Fino alle riprese, che sono durate quasi quattro mesi, da luglio a metà ottobre dell'anno scorso. In parte il film è stato girato con una troupe, ma in parte l'ho dovuto girare da solo, perché eravamo solo io e lui nella cabina del camion.
Il film è uscito nelle sale in Italia, sta per uscire in Francia e in Slovenia, ed è stato presentato con successo a numerosi festival internazionali. Quali sono state le reazioni del pubblico?
In generale c'è moltissimo interesse, per il mondo che racconto, per il personaggio… alle presentazioni ci sono sempre lunghe discussioni, confronti. Continuo a ricevere moltissime mail, anche molto lunghe e attente, da parte di chi ha visto il film, e mi fa veramente molto piacere. Diciamo che molti mi hanno detto che, dopo aver visto il film, vedono i camionisti in maniera diversa. E' questo è importante per me, è in sé un traguardo, perché sappiamo tutti che solitamente i camionisti vengono detestati!”
Oltre al documentario a cui sta lavorando adesso, ci sarà ancora spazio per la finzione nel tuo lavoro futuro?
Si, sto scrivendo proprio in questo periodo un film di finzione, una storia di cui mi sono innamorato… quello che posso dire è che è un film sul potere, sul controllo delle coscienze…
TIR sarà proiettato al festival open Roads sabato 7 giugno alle 13