“Potete scegliere. Rilasciate tutti gli ostaggi ora, non più tardi, e restituite immediatamente tutti i cadaveri delle persone che avete assassinato, o per voi è FINITA. Solo le persone malate e contorte conservano i corpi, e voi siete malati e contorti!”.
L’ultimo tweet di Donald Trump, una minaccia chiara a Hamas, ai suoi dirigenti e militanti, è forse da condividere, ma sorprende il fatto che i consiglieri del presidente americano non lo abbiano bocciato sul nascere.
Quelli del Dipartimento di Stato sanno bene che Hamas e tutti i movimenti palestinesi hanno adottato quel comportamento “malato e contorto” proprio copiando da Israele. E non di recente. A fine anno scorso, un’organizzazione non governativa, la National Campaign to Retrieve Martyrs’ Bodies, aveva denunciato: “Le autorità di occupazione israeliane stanno trattenendo i corpi di 198 martiri documentati nel 2024”. La cifra costituisce un terzo degli almeno 641 corpi conservati nei cosiddetti “Cimiteri dei numeri” e negli obitori di Israele.
I “Cimiteri dei numeri” sono recinzioni militari, più volte fotografate e documentate da organizzazioni internazionali come la Croce Rossa Internazionale, piene di tombe senza nome recanti targhe di metallo con un numero al posto del nome del defunto. I numeri corrispondono ai singoli fascicoli conservati dalle autorità di sicurezza israeliane. Alcune delle tombe risalgono addirittura agli anni ’60 e ’70. Furono create dalle autorità israeliane per almeno due motivi: conservare i cadaveri come materia di scambio per un’eventuale trattativa con le organizzazioni palestinesi e, allo stesso tempo, impedire manifestazioni “nazionaliste” pubbliche ai funerali dei “martiri”.
Che Hamas abbia copiato da Israele non sorprende. Il movimento palestinese da sempre tenta di scimmiottare le azioni e le parole del suo avversario. “Sono duemila anni che gli ebrei hanno atteso per tornare a Gerusalemme e noi” – mi disse un anziano palestinese che incontrai durante una delle mie prime visite in Cisgiordania anni fa – “abbiamo pazienza e possiamo attendere come loro”. La pazienza non basta, fu la risposta indiretta di un dirigente israeliano. “Ci guardano, ci copiano forse, ma non abbastanza. Se avessero accettato quel tanto o poco che veniva loro concesso anche nelle trattative recenti, probabilmente avrebbero molto più di un piede saldo in Palestina”.
E ora? Hamas non rappresenta il popolo palestinese, ma le parole minacciose del presidente americano possono essere viste anche come una specie di apertura, soprattutto dopo che si è saputo che è in corso un negoziato segreto tra Usa e Hamas. Netanyahu si è detto sorpreso e ha fatto capire di esserne stato informato da “altre fonti”. Mossad o rete spionistica collegata? Il premier israeliano non vuole la fine della guerra. Spinge per la continuazione del massacro a Gaza e per l’allargamento del conflitto e l’annessione di tutta la Cisgiordania. Fino a quando c’è la guerra si sente sicuro. Troppi processi lo attendono quando si finirà di sparare.