Il massimo responsabile degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), Tom Fletcher, ha lanciato un avvertimento drammatico mercoledì: il sistema umanitario globale è al collasso. Con drastici tagli ai finanziamenti, le agenzie umanitarie sono costrette a scegliere chi salvare e chi lasciare al proprio destino. La crisi ha raggiunto un punto di rottura senza precedenti.
“Eravamo già sovraccarichi, sotto finanziati e letteralmente sotto attacco”, ha dichiarato Fletcher ai giornalisti nella sua prima conferenza stampa al Palazzo di Vetro dell’ONU a New York.
Il Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari, ha dichiarato che l’attuale crisi rappresenta la sfida più grave per il lavoro umanitario internazionale dalla Seconda Guerra Mondiale. “Eravamo già sovraccarichi, sottofinanziati e letteralmente sotto attacco, con lo scorso anno che è stato il più mortale mai registrato per gli operatori umanitari. Ma la situazione è ancora più dura per gli oltre 300 milioni di persone che serviamo,” ha affermato.
“La portata e la velocità dei tagli ai finanziamenti sono un colpo sismico per il settore… Molti moriranno perché gli aiuti si stanno esaurendo. In questo momento, i programmi stanno chiudendo, il personale viene licenziato e siamo costretti a scegliere quali vite salvare in via prioritaria”.
“L’anno scorso è stato il più mortale mai registrato per gli operatori umanitari. Ma la verità è che la situazione è ancora più dura per gli oltre 300 milioni di persone che dipendono da noi. La portata e la velocità di questi tagli ai finanziamenti sono un colpo sismico per il settore… Molti moriranno perché gli aiuti si stanno esaurendo”.
Proprio ora, programmi di emergenza vengono chiusi, il personale viene licenziato e l’assistenza umanitaria sta scomparendo, proprio mentre il bisogno globale non è mai stato così alto.
Guerre, collassi economici, disastri climatici—le crisi umanitarie stanno esplodendo ovunque nel mondo. Ma invece di aumentare gli aiuti, i governi stanno tagliando i loro contributi. E non è solo Donald Trump a creare questa “tempesta perfetta”, anzi. Fletcher ha sottolineato che non è solo il governo degli Stati Uniti a ridurre i propri impegni negli aiuti umanitari—anche tanti altri governi lo stanno facendo.
Fletcher non ha usato mezzi termini: “Per le persone che serviamo, questi tagli non sono semplici numeri di bilancio – sono una questione di sopravvivenza.”
Nel solo mese di febbraio, il 10% degli operatori delle ONG umanitarie è stato licenziato a causa della mancanza di fondi. Anche l’ONU è costretta a ridurre drasticamente le operazioni di soccorso in diversi paesi. E il peggio potrebbe ancora arrivare.
Durantela conferenza stampa, a chi gli chiedeva della situazione a Gaza, Fletcher ha risposto raccontando un episodio tanto drammatico quanto rivoltante: “Ha visto con i miei occhi l’estrema devastazione della regione, si va in auto per miglia senza vedere più una casa in piedi e le guide non si orientano più perché ci sono solo macerie e nessun punto di riferimento. Vedi cani randagi che si aggirano sfamandosi tra le macerie alla ricerca di cadaveri”.
Fletcher, che è anche presidente dell’Inter-Agency Standing Committee (IASC)—l’organo che coordina tutte le agenzie umanitarie mondiali—ha presentato un piano d’emergenza in 10 punti basato su due priorità fondamentali:
Riorganizzarsi—concentrare tutte le risorse su aiuti salvavita, tagliando i programmi che non possono più essere sostenuti con i finanziamenti attuali.
Rinnovarsi—riformare il sistema umanitario per migliorare l’efficienza, creare nuove partnership e trovare fonti di finanziamento alternative.
Fletcher ha chiesto un cambiamento radicale nel modo in cui vengono gestiti gli aiuti, dando maggiore potere alle organizzazioni locali nei paesi colpiti dalle crisi.

Fletcher ha ordinato che i fondi vengano prioritariamente assegnati alle ONG locali e alle organizzazioni nazionali, in modo che le comunità sul campo abbiano controllo diretto sulle risorse. “Dobbiamo trasferire il potere ai nostri leader umanitari sul territorio e, in definitiva, alle persone che serviamo,” ha dichiarato.
I prossimi passi saranno durissimi. Fletcher ha riconosciuto che alcuni programmi salvavita verranno tagliati, semplicemente perché non ci sono abbastanza fondi per mantenerli attivi. Ha chiesto al settore umanitario di essere “spietato nell’eliminare le inefficienze” e di concentrarsi solo sugli interventi più urgenti. Ogni coordinatore umanitario delle Nazioni Unite nei paesi in crisi ha una scadenza: entro venerdì, dovrà presentare una strategia aggiornata su:
Quali azioni di emergenza verranno mantenute.
Quali programmi verranno ridimensionati.
Quali missioni verranno completamente chiuse.
Ma non si tratterà solo di tagli. Bisogna trovare nuove fonti di finanziamento. L’intero sistema umanitario deve ripensare sé stesso e il modo in cui opera.
“La nostra missione resta chiara: salvare il maggior numero di vite possibile con le risorse che abbiamo – non con quelle che vorremmo avere,” ha concluso Fletcher.
Ma con il mondo che volta le spalle, quante saranno le vite che non si potranno più salvare?

Alla fine della conferenza stampa, abbiamo avvicinato Tom Fletcher, già ambasciatore britannico in Libano e preside ad Oxford, per chiedergli se ci fossero già paesi europei che hanno ridotto i loro contributi umanitari e il capo dell’OCHA ha confermato: “Il Regno Unito ha ridotto il budget per gli aiuti dallo 0,5% del PIL allo 0,3%. Anche la Svezia ha tagliato significativamente, e molti altri governi europei stanno seguendo questa strada”.
E per quanto riguarda l’Italia? Ha già avuto contatti con il governo italiano di Giorgia Meloni?
“Sì, ho avuto. Ieri sera ho incontrato l’Ambasciatore italiano (Maurizio Massari), esponendo la nostra causa. Tuttavia, non ho dati aggiornati sui finanziamenti dell’Italia”.
Ma è ottimista che l’Italia farà la sua parte?
“Devo restare ottimista. Devo essere sempre l’ultimo ottimista nella stanza, quindi sì, lo sono”.