La situazione al confine tra Israele e Libano è ormai incandescente. Il 2024 è iniziato con l’uccisione a Beirut da parte di Israele di Saleh al-Arouri, con un bombardamento di precisione del palazzo dove si trovava il numero due di Hamas. Poi l’IDF ha colpito un altro comandante militare degli Hezbolah sciiti, Wissam al-Tawil, che si trovava non lontano dalla linea blu, la zona cuscinetto tra Israele e Libano, dove opera la missione dell’ONU che dovrebbe mantenere la pace.
Dopo il 7 ottobre, circa ottantamila israeliani che vivevano nei pressi del confine col Libano, hanno dovuto lasciare le loro case. Continuano infatti i lanci di razzi da parte di Hezbollah verso Israele (duemila lanci, secondo l’IDF, in tre mesi) mentre quest’ultima continua a colpire con la precisione di droni e della sua aviazione le basi degli militanti sciiti libanesi.
La United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), la missione dell’ONU che già dal lontano 1978 è presente in Libano e che nel 2006 è stata potenziata dal Consiglio di Sicurezza per gestire la cosiddetta “Blue Line”, attualmente conta più di diecimila caschi blu con ben 47 nazionalità (l’Italia è presente con uno dei maggiori contingenti, con oltre mille peacekeepers). In questa situazione, come può l’UNIFIL ancora svolgere la sua missione per il mantenimento della pace? In queste settimane, al briefing giornaliero al Palazzo di Vetro abbiamo chiesto più volte al portavoce del Segretario Generale Antonio Guterres se l’ONU si stia preparando a un piano di evacuazione in caso di sempre più probabile invasione israeliana e espansione del conflitto in Medio Oriente. Anche oggi Stephane Dujarric ci ha risposto così: “Non entrerò nel business delle ipotesi. Ciò che non vogliamo vedere è una guerra totale lungo la Linea Blu, che avrebbe un impatto devastante per i civili su entrambi i lati di quella linea e per non parlare della regione”.
Per capire meglio quanto grave sia la situazione al confine e quanti rischi stiano correndo i caschi blu dell’ONU, compresi i mille italiani, abbiamo contattato direttamente Andrea Tenenti, il portavoce dell’ UNIFIL, che dal sud del Libano ha cosi risposto alle nostre domande.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha appena dichiarato che le truppe israeliane entreranno “molto presto in azione” vicino al confine settentrionale del Paese con il Libano. Da 1 (minimo) a 10 (massimo) quanto siete preoccupati?
“La situazione nella nostra area operativa, dal fiume Litani alla Blue Line, rimane tesa sin dai primi di ottobre, con scontri a fuoco quotidiani che hanno accresciuto le preoccupazioni. Dopo quasi 4 mesi di conflitti armati, la possibilità di un’escalation e di un calcolo errato diventa sempre più probabile. Al contempo, tali scontri sono rimasti principalmente circoscritti, non oltre i 5-7 km dalla Blue Line su entrambi i fronti. Nei nostri colloqui con entrambe le parti, non riscontriamo un reale desiderio di un conflitto più esteso, anche se, come precedentemente menzionato, la possibilità di un calcolo errato è sempre in agguato. La missione, con più di 10,500 caschi blu da 47 paesi, continua ad essere operativa sul campo, con oltre 300 attività quotidiane tra pattugliamenti, assistenza alle comunità locali e azioni finalizzate a smorzare le tensioni”.
Se Israele dovesse invadere, quali sono le regole d’ingaggio dei caschi blu dell’UNIFIL? Cambia qualcosa?
“Attualmente, sia la missione che la comunità internazionale stanno compiendo sforzi considerevoli per prevenire qualsiasi escalation del conflitto. UNIFIL opera per monitorare la cessazione delle ostilità, fornire supporto alle Forze Armate Libanesi, impedire l’ingresso di armi nel sud del Libano e lavorare verso un cessate il fuoco permanente. Nonostante le sfide attuali, le principali tematiche della risoluzione 1701 mantengono la loro rilevanza e devono essere attuate. In assenza delle condizioni necessarie, dovute a conflitti o invasioni, la decisione spetterebbe al Consiglio di Sicurezza. UNIFIL è presente dal 1978, mantenendo la sua presenza durante vari conflitti, guerre civili e anche durante la guerra del 2006”.
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani la scorsa settimana era a Beirut, ma questa volta non è venuto nel Sud in visita ai soldati italiani dell’UNIFIL (ha fatto un collegamento via video). Perché? Troppo pericoloso?
“Questa è una questione da porre al Ministro Tajani. La nostra area operativa attraversa innegabilmente un periodo complesso con scontri quotidiani. Tuttavia, manteniamo la nostra operatività e abbiamo accolto diverse personalità politiche di rilievo a livello nazionale e internazionale anche in questo contesto”.
Come sono in questo momento i rapporti tra UNIFIL e Hezbollah rispetto a prima del 7 ottobre? Cambiato qualcosa? E con l’IDF?
“La missione non ha mai intrattenuto rapporti con Hizbullah, poiché ciò non rientra nel nostro mandato. Le nostre controparti sono le autorità libanesi, l’esercito libanese e l’IDF. Abbiamo sempre mantenuto relazioni positive, sia a livello logistico che operativo, con tutte queste entità. Va notato che UNIFIL è l’unica organizzazione che stabilisce comunicazioni con entrambe le parti coinvolte. In questo periodo, le mediazioni del Comandante Generale Aroldo Lázaro (Spagna, ndr) hanno rivestito un ruolo significativo nel mitigare le tensioni, mantenere un canale di comunicazione aperto con le parti e prevenire pericolosi fraintendimenti che avrebbero potenzialmente aumentato le tensioni tra i due paesi”.
In caso di allargamento del conflitto e di guerra aperta tra Israele e Hezbollah, si prevede un ritiro immediato dei caschi blu? Avete già i piani pronti? Sarà una ritirata via mare, via aria o via terra?
“Come anticipato precedentemente, la missione ha mantenuto la sua presenza anche in passato, persino durante conflitti. La determinazione sul futuro della missione spetta esclusivamente al Consiglio di Sicurezza. Contestualmente, tutte le missioni hanno a disposizione piani di contingenza pronti per affrontare eventualità impreviste”.
Ne ha parlato il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto (che ha visitato il Libano e UNIFIL qualche mese fa), che la forza di pace dell’ONU potrebbe essere impiegata per stabilizzare la situazione a Gaza. UNIFIL sarebbe già pronta a questa evenienza?
“La Missione UNIFIL opera in conformità con un mandato strettamente circoscritto, limitato al sud del Libano e basato sull’invito del governo libanese. Tutte le attività svolte sono strettamente correlate alla nostra area operativa e al supporto fornito alle forze armate libanesi. Ciascuna missione dell’ONU assume un ruolo e un mandato specifici, e qualsiasi futura missione deve essere approvata dal Consiglio di Sicurezza, in linea con la volontà degli Stati membri e dello stato ospitante, a meno che non rientri nelle missioni sotto il Capitolo 7 dell’ONU, finalizzate al ripristino della pace e stabilità anche mediante l’uso della forza. UNIFIL rientra nella categoria di una missione di peacekeeping sotto il Capitolo 6 dell’ONU”.
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