Stati Uniti e Gran Bretagna hanno colpito almeno 30 obiettivi Houthi nello Yemen. Un comunicato congiunto dei due Paesi precisa che “decine di obiettivi” Houthi sono stati colpiti, sottolineando che l’obiettivo degli attacchi è “ristabilire la pace e la stabilità”. Secondo la televisione Al-Massirah, “gli attacchi hanno preso di mira aree a sud della capitale” dello Yemen. In precedenza il Comando Centrale degli Stati Uniti aveva annunciato di aver intercettato e distrutto 6 missili anti-nave nelle aree sotto il controllo degli Houthi.
La notizia arriva a 24 ore dall’inizio degli attacchi statunitensi in Siria, Iraq e nello stesso Yemen come rappresaglia per l’attacco mortale a un avamposto militare americano in Giordania.
Le strutture colpite includevano operazioni di comando e controllo, centri, centri di intelligence, razzi e missili, depositi di veicoli aerei senza pilota, strutture logistiche e di fornitura di munizioni di gruppi di milizie e dei loro sponsor dell’IRGC che hanno facilitato attacchi contro le forze statunitensi e della coalizione. Si tratta di un attacco su larga scala: il bombardamento è avvenuto mentre tornavano le salme dei tre militari uccisi in Giordania e Biden le accoglieva alla Dover Air Force Base.
“Domenica scorsa – ha detto il presidente in un comunicato – tre soldati americani sono stati uccisi in Giordania da un drone lanciato da gruppi militanti sostenuti dal Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche iraniane (IRGC). Oggi ho assistito al dignitoso ritorno di questi coraggiosi americani alla base aeronautica di Dover e ho parlato con le loro famiglie. Questo pomeriggio, su mia indicazione, le forze militari statunitensi hanno colpito obiettivi in strutture in Iraq e Siria che l’IRGC e le milizie affiliate utilizzano per attaccare le forze statunitensi. La nostra risposta è iniziata oggi. Continuerà nei tempi e nei luoghi di nostra scelta”.
“Gli Stati Uniti – ha poi concluso Biden – non cercano il conflitto in Medio Oriente o in qualsiasi altra parte del mondo. Ma tutti coloro che potrebbero cercare di farci del male sanno questo: se fai del male a un americano, risponderemo”.
Tutto questo nella giornata in cui Hamas ha messo sul tavolo della trattativa con Israele la liberazione di Marwan Barghouti. La richiesta, accompagnata a quella di un cessate il fuoco permanente e al ritiro totale dell’esercito dalla Striscia in cambio del rilascio degli ostaggi, è stata avanzata in un’intervista ad una tv libanese dal rappresentante di Hamas a Beirut Osama Hamdan.
Barghouti è in carcere dal 2002 come leader della Seconda Intifada: è stato condannato a 5 ergastoli con l’accusa di aver progettato tre attentati che causarono la morte di 5 israeliani.
Secondo gli ultimi dati rilasciati da Hamas, i morti nella Striscia sono arrivati a 27.131. E la tensione resta alta anche nella regione: in un raid a Damasco, attributo a Israele, è stato ucciso un altro consigliere della Guardia rivoluzionaria iraniana, mentre l’Idf ha intercettato un missile terra-terra lanciato verso Israele dal Mar Rosso.