C’erano molti “vice” ambasciatori alla riunione del Consiglio di Sicurezza di lunedì sera che doveva discutere dell’accordo in sospeso sul nucleare iraniano, eppure i temi in discussione erano da far tremare i polsi. La riunione avveniva dopo una visita in Iran degli ispettori dell’AIEA, l’agenzia nucleare dell’ONU. L’accordo con l’Iran è andato in crisi nel 2018 dopo che l’amministrazione Trump decise di tirar fuori gli USA e ripristinare le sanzioni. I tentativi di resuscitarlo non hanno avuto successo e gli iraniani e gli americani si accusano a vicenda di aver fatto fallire i colloqui.
Tra i temi in discussione, c’era anche la fornitura di droni iraniani alla Russia con cui poi Mosca avrebbe colpito l’Ucraina, missili che sono vietati dalle sanzioni che lo stesso Consiglio di Sicurezza ha inflitto in passato all’Iran. Qui c’è stato il colpo di scena del vice ambasciatore USA che ha accusato l’ONU di aver ceduto alle pressioni dei russi e di non aver mandato gli ispettori che avrebbe dovuto verificare la provenienza dei suddetti missili sparati dai russi in Ucraina.
All’inizio della riunione la parola è andata a Rosemary DiCarlo, Sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari politici e di costruzione della pace, che ha spiegato che non sono stati compiuti progressi nell’attuazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza del 2015 (2231), volta a garantire che gli impianti nucleari iraniani siano utilizzati solo per scopi pacifici, in cambio della revoca delle sanzioni.
DiCarlo ha affermato che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha riferito che l’Iran intende installare nuove centrifughe in uno dei suoi impianti di arricchimento del combustibile e prevede di produrre più uranio arricchito fino al 60% in un altro. L’agenzia, ha continuato DiCarlo, stima che il paese abbia ora una scorta totale di uranio arricchito di oltre diciotto volte la quantità consentita ai sensi del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l’accordo nucleare sviluppato sulla scia della risoluzione 2231, che include “quantità preoccupanti di uranio” arricchite fino al 60%.
La capacità dell’AIEA di monitorare efficacemente gli impianti nucleari iraniani e garantire che vengano utilizzati per scopi esclusivamente pacifici – un elemento centrale del JCPOA – è ora compromessa, ha enfatizzato Di Carlo, dalla decisione dell’Iran di rimuovere le apparecchiature di sorveglianza e monitoraggio dell’agenzia.
Restoring the JCPOA remains crucial to assure the international community of the peaceful nature of Iran’s nuclear programme. The gains achieved by the Plan after years of painstaking efforts should not be completely lost. My remarks to the Council today: https://t.co/1Lsyd8Tsn4 pic.twitter.com/L5XJzdhho5
— Rosemary A. DiCarlo (@DicarloRosemary) December 19, 2022
“In questo contesto, chiediamo ancora una volta all’Iran di invertire i passi compiuti dal luglio 2019 che non sono coerenti con i suoi impegni relativi al nucleare previsti dal Piano”, ha dichiarato Di Carlo, che ha anche invitato gli Stati Uniti a revocare le sue sanzioni come delineato nell’accordo e estendere le deroghe relative al commercio di petrolio con l’Iran.
Di Carlo si è quindi rivolta alle disposizioni del Piano relative ai missili balistici e, in particolare, a due test di volo di veicoli di lancio spaziale condotti dall’Iran a giugno e novembre di quest’anno, e a un nuovo missile balistico presentato dall’Iran a settembre.
Le informazioni ricevute dalle Nazioni Unite su questo hardware riflettevano “opinioni divergenti” tra alcuni Stati membri – Francia, Germania, Iran, Israele, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti – in merito all’incoerenza di tali lanci e altre attività con delibera 2231.
Di Carlo ha annunciato che le Nazioni Unite hanno ispezionato parti di missili da crociera, sequestrate dalla Royal Navy britannica in acque internazionali a sud dell’Iran, che hanno valutato essere di origine iraniana, che assomigliano a parti viste nei detriti di missili da crociera utilizzati in Yemen dagli Houthi contro l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti tra il 2019 e il 2022, e quelli sequestrati dagli Stati Uniti nel 2019.
Le Nazioni Unite, ha continuato DiCarlo, hanno anche ricevuto lettere da Ucraina, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, riguardanti presunti trasferimenti di veicoli aerei senza pilota (UAV), dall’Iran alla Federazione Russa, in modo incompatibile con la risoluzione 2231.
Tuttavia, il rappresentante permanente dell’Iran, ha affermato DiCarlo, ha negato che il suo paese abbia fornito UAV da utilizzare nel conflitto in Ucraina; mentre anche la Russia ha espresso serie preoccupazioni riguardo alle richieste di questi Stati membri.
Inoltre, ha continuato Di Carlo, Ucraina, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti hanno affermato che alcuni degli UAV trasferiti dall’Iran alla Russia, sarebbero stati fabbricati da un’entità inclusa in un elenco di persone ed entità che, ai sensi della delibera 2231, rientrano nelle sanzioni mirate.

Il capo politico e della costruzione della pace ha dichiarato che le Nazioni Unite stanno esaminando le informazioni disponibili e riferiranno al Consiglio, se del caso, a tempo debito. Ma non sembra che gli USA e i sui alleati vogliano concedere altro tempo all’ONU sulla questione dei doni iraniani che sarebbero stati usati dai russi.
Gli Stati Uniti, con il vice ambasciatore all’ONU Robert Wood, alla riunione di lunedì hanno accusato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di aver “apparentemente ceduto alle minacce russe” e di non aver inviato funzionari in Ucraina per ispezionare i droni usati dalla Russia che Washington e altri affermano essere stati forniti dall’Iran.
La Russia intanto continua a negare che le sue forze abbiano utilizzato droni iraniani in Ucraina e sostiene che non vi è alcun mandato per i funzionari delle Nazioni Unite di recarsi a Kiev per indagare sull’origine dei droni. L’Iran ha ammesso di aver fornito a Mosca i droni, ma ha affermato che sono stati inviati prima che la Russia invadesse il suo vicino a febbraio.
Gran Bretagna, Francia, Germania, Stati Uniti e Ucraina affermano che la fornitura di droni di fabbricazione iraniana alla Russia viola una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2015 che sancisce l’accordo nucleare iraniano. Vogliono che Guterres invii funzionari a Kiev per indagare.
“Siamo dispiaciuti che le Nazioni Unite non si siano mosse per svolgere una normale indagine su questa violazione segnalata”, ha detto lunedì il vice ambasciatore Wood e “siamo delusi dal fatto che il Segretariato, apparentemente cedendo alle minacce russe, non abbia svolto il mandato investigativo che questo consiglio gli ha conferito”.

In un rapporto al consiglio all’inizio di questo mese, Guterres aveva affermato che i funzionari delle Nazioni Unite stanno esaminando le informazioni disponibili e che qualsiasi risultato sarà riferito al consiglio a tempo debito. Lunedì, quando in conferenza stampa gli è stato chiesto della pressione che ha dovuto affrontare, Guterres ha detto ai giornalisti che l’accusa occidentale secondo cui l’Iran avrebbe fornito alla Russia droni usati in Ucraina è stata esaminata “nel quadro più ampio di tutto ciò che stiamo facendo nel contesto della guerra per determinare se e quando dovremmo” inviare funzionari a Kiev.
L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha detto lunedì al Consiglio di sicurezza che i funzionari delle Nazioni Unite “non dovrebbero piegarsi alle pressioni dei paesi occidentali” e che “qualsiasi risultato di questa pseudo indagine … è nullo”.
L’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, Amir Saeid Iravani, ha affermato che l’Iran non ha trasferito alla Russia alcun oggetto proibito dal Consiglio di sicurezza. Ha anche affermato che i droni iraniani forniti alla Russia prima di febbraio non sono stati vietati dal consiglio e “non sono stati trasferiti per essere utilizzati nel conflitto in corso in Ucraina”.

Ha descritto le accuse come prive di fondamento e le ha definite un tentativo “di distogliere l’attenzione dal trasferimento da parte degli Stati occidentali di enormi quantità di armi sofisticate avanzate in Ucraina al fine di prolungare il conflitto”.
Intanto nella stessa riunione la Cina ha esortato gli Stati Uniti a revocare le sanzioni contro l’Iran e a smettere di minacciare Teheran di rilanciare i negoziati in stallo sull’accordo nucleare del 2015. Il vice ambasciatore cinese Geng Shuang ha detto che una nuova risoluzione approvata dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) per spingere l’Iran a cooperare non farebbe altro che “intensificarsi il conflitto, minare la fiducia e gettare un’ombra sulle trattative”.
“Tutte le parti dovrebbero guardare alla situazione a lungo termine e generale ed evitare qualsiasi mossa che potrebbe aggravare la situazione e minare il processo di negoziazione”, ha detto Geng.
Geng ha affermato che la decisione degli Stati Uniti nel 2018 di ritirarsi dall’accordo, in base al quale l’Iran ha accettato di frenare il suo programma nucleare in cambio dell’allentamento delle sanzioni economiche, ha portato all’attuale situazione di stallo.
I colloqui per rilanciare l’accordo sono stati bloccati da agosto, con l’Iran e gli Stati Uniti che si incolpano a vicenda per l’impasse.
“La Cina chiede agli Stati Uniti di adempiere ai propri impegni ai sensi dell’accordo, revocare tutte le sanzioni unilaterali e le misure di “giurisdizione a braccio lungo” contro l’Iran e terze parti e smettere di minacciare l’uso della forza contro l’Iran”. Ha continuato esortando tutte le parti a “interpretare accuratamente” le risoluzioni del Consiglio di sicurezza in modo che questioni come i lanci spaziali iraniani e i trasferimenti di droni alla Russia possano essere gestiti “con cautela” per evitare un’ulteriore escalation delle tensioni.
Ma invece le tensioni tra l’Iran, gli USA e i sui alleati occidentali sono aumentate nelle ultime settimane a causa delle proteste antigovernative nella Repubblica islamica e delle accuse secondo cui l’Iran avrebbe fornito alla Russia droni per la sua guerra in Ucraina.
A differenza dell’Occidente, Pechino si è rifiutata di criticare la repressione delle proteste di Teheran, dicendo che si tratta di una questione interna.