Un monito per l’Iran e i suoi complici. Dal ‘Summit del Negev’, Israele, Usa, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi e Marocco hanno lanciato un messaggio chiaro a Teheran saldando sempre più un’alleanza nata con gli Accordi di Abramo dell’agosto del 2020 e sviluppatisi nel corso di questi anni. E che non intende restare un passaggio bensì diventare – come ha annunciato il ministro degli esteri Yair Lapid – un appuntamento fisso annuale.
Riunitosi nel giorno stesso del secondo mortale attacco in una settimana dell’Isis costato la vita a 6 israeliani, il Summit di Sde Boker – ad un passo dalla residenza e dalla tomba del padre della patria Ben Gurion e della moglie Paula – ha avuto subito un andamento chiaro. “Ciò che stiamo facendo qui è storico. Questa nuova architettura – ha spiegato Lapid – basata su progresso, tecnologia, tolleranza, sicurezza e cooperazione di intelligence, questa nuova architettura di capacità condivise che noi stiamo edificando, intimidisce e deterre i nostri nemici comuni”. “Il primo luogo l’Iran – ha aggiunto – e le forze che le sono vicine. Loro di certo hanno qualcosa di cui aver paura”. “Il summit – ha detto ancora Lapid – è il primo del suo genere, ma non sarà l’ultimo. Abbiamo deciso di farne un forum dedicato”. “Lavoreremo assieme – ha incalzato il segretario di stato Usa Antony Blinken – per confrontare le sfide straniere e le minacce di sicurezza, incluse quelle che provengono dall’Iran e dai suoi alleati. Solo pochi anni fa, questa riunione – ha aggiunto esaltando gli Accordi di Abramo come apripista della nuova fase – sarebbe stata impossibile da immaginare”.
Tutti i ministri presenti hanno espresso le condoglianze a Israele per gli attentati terroristici di questi giorni. Nasser Bourita, ministro degli esteri del Marocco, ha definito il summit “la migliore risposta a questi attacchi”. Se il fronte comune contro l’Iran – senza dimenticare l’approfondimento delle relazioni bilaterali e la situazione in Ucraina – era l’obiettivo dichiarato della riunione, questo non poteva ignorare la questione palestinese anche se avesse voluto. Quasi in contemporanea e a non molti chilometri da Sde Boker, a Ramallah in Cisgiordania (da dove mancava dal 2017) arrivava da Amman re Abdallah per incontrare il presidente Abu Mazen.
Una sorta di controvertice, anche se Israele aveva chiesto al ministro degli Esteri giordano di unirsi al Summit del Negev. Del resto lo stesso Blinken – che ieri ha visto Abu Mazen per ricostruire i rapporti con i Palestinesi, ibernati dalle scelte di Donald Trump – ha ammonito da Sde Boker che “gli accordi di pace regionali non sostituiscono il processo di pace con i palestinesi”. “Una delle questioni discusse oggi – ha aggiunto confermando la scelta degli Usa per la Soluzione a due Stati – è come i Paesi che partecipano a questo vertice possono aiutare i Palestinesi”. Palestinesi che hanno bollato il summit. “Le riunioni arabe di normalizzazione senza la fine dell’occupazione della Palestina – ha accusato il premier Mohammad Shtayyeh – sono solo un’illusione, un miraggio e una ricompensa gratuita per Israele”. “Israele – ha denunciato – ignora le cause del nostro popolo, metà del quale è sotto occupazione e l’altra metà nei campi profughi, in esilio, in diaspora”.