Quarantanovesimo piano, quarantasettesima Strada tra seconda e terza Avenue, Missione Permanente Italiana alle Nazioni Unite. La Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, accompagnata dall’Ambasciatore italiano all’ONU Maurizio Massari, si presenta al Punto Stampa vestita di arancione. Non è un colore casuale. L’arancione, qui al Palazzo di Vetro, è il simbolo della Giornata Internazionale per la lotta a ogni forma di discriminazione e violenza contro le donne, istituita nel 1999 e celebrata ogni 25 novembre. Ma l’arancione, per gli ucraini, è anche il ricordo di quel movimento di protesta sorto all’indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004 e parte del più ampio fenomeno delle rivoluzioni colorate.
Dietro di lei quattro bandiere: ONU, Italia, Europa e Ucraina. Dopo i saluti di rito la Ministra, che si trova negli i Stati Uniti per partecipare, tra New York e Washington, ai lavori della 66ª sessione della Commissione sulla condizione delle donne (CSW66), inizia a parlare.

“Promuovere l’empowerment femminile a tutela dei diritti delle donne deve entrare nell’agenda globale e non può limitarsi all’azione dei singoli Stati. Mario Draghi ha messo questo tema al centro dell’azione di governo, dando seguito all’adozione della prima Strategia Nazionale Italiana per la Parità di Genere”.
Un pensiero, ovviamente, va anche all’Ucraina, con la Ministra che in mattinata, all’Assemblea Generale, ha incontrato ed espresso solidarietà alla Commissaria ucraina alla Parità di Genere Kateryna Levchenko. “Il governo italiano sta coordinando un tavolo operativo, che fa capo alla protezione civile, per implementare una rete di accoglienza a chi sta scappando dalla guerra, garantendo percorsi di integrazione per i bambini con un supporto linguistico e psicologico, oltre che un processo di accompagnamento temporaneo che sappia fornire le risorse per poter vivere nel nostro Paese”.
Come in pandemia, anche durante il conflitto sono infatti le donne e i bambini i soggetti più colpiti. “La crisi umanitaria – ricorda – ha fatto irruzione nella quotidianità politica dei paesi europei ed è perciò necessario dare seguito a un impegno internazionale che comprenda un’agenda condivisa. Il messaggio che vorrei lanciare è che le donne non sono vittime in quanto soggetti deboli, ma perchè impegnate in ruoli più fragili a livello lavorativo, sociale e per condizione di discriminazione di cui continuano a essere vittime”
Proprio su questo tema abbiamo fatto una domanda alla Ministra. Qualche anno fa, le Nazioni Unite avevano chiesto all’Italia un impegno maggiore nel contrasto alla parità salariale e alla violenza domestica di genere. Nel tempo, i proclami sono stati tanti, ma a livello pratico quali progressi sono stati fatti e qual è la strada da percorrere per arrivare a una vera e propria equità?
“I due temi sono strettamente collegati – ci ha risposto – e l’Italia ha fatto passi avanti significativi. Per quanto riguarda la trasparenza salariale, ci siamo dotati per legge di una strategia nazionale per la parità, che ha nel tema del reddito e del lavoro due degli assi principali di investimento e politiche attive. Abbiamo approvato una legge che impone trasparenza alle imprese in ambito salariale, ma soprattutto abbiamo introdotto elementi di forti boosting per le donne. Le imprese, ad esempio, vengono valutate anche in base alla loro capacita di garantire parità salariale, sulle carriere femminili e sugli incentivi di permanenza delle donne nel mondo del lavoro dopo la maternità. Grazie a questa certificazione, le imprese potranno ottenere benefici fiscali. Sto inoltre lavorando perché venga modificato il codice degli appalti, così che la certificazione venga inserita come strumento qualificante. Per quanto riguarda il tema del contrasto alla violenza di genere, l’Italia si muove nel solco della Convenzione di Istanbul – un trattato del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa – come governo abbiamo voluto a norma di legge un piano di contrasto della violenza maschile contro le donne e conseguentemente abbiamo definito finanziamenti per i centri antiviolenza e le case rifugio”.