Sull’Ambasciata del Sovrano Ordine di Malta, lo spettro di milioni di rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina si fa sentire. L’Ordine, fondato a Gerusalemme nell’undicesimo secolo, ha una lunga storia di assistenza ai vulnerabili e agli ammalati ed è proprio in crisi come queste che la sua struttura, ramificata in 11 Priorati, 48 Associazioni nazionali, 133 missioni diplomatiche, un’agenzia di soccorso internazionale, 33 corpi di soccorso, numerosi ospedali, centri medici e fondazioni specializzate, offre il suo fondamentale aiuto.
Abbiamo incontrato l’Ambasciatore Paul Beresford-Hill, che ci ha raccontato nel concreto come si stia muovendo l’Ordine per soccorrere gli uomini, le donne e i bambini che in questi giorni stanno cercando riparo in occidente dagli orrori dei combattimenti.
Ambasciatore, all’ONU negli ultimi tempi si usano termini diversi per definire questa situazione. Dal vostro punto di vista parliamo di invasione o di operazione militare speciale?
“Qualsiasi terminologia usiamo, il fatto è che milioni di cittadini sono colpiti da questa situazione. Ci sono 2 milioni di persone che si spostano attraverso il confine e che probabilmente saranno seguite da altre 2-3 milioni, se la situazione peggiora. Questo è un vero conflitto, o se vogliamo un’invasione: sì, possiamo chiamarla così. Sembra la parola che descrive questa situazione nel modo più adeguato”.

Qual è la preoccupazione maggiore in questo momento per l’Ordine di Malta?
“La nostra missione, come entità sovrana, è essere consapevoli dei bisogni di coloro che sono malati, poveri e in sofferenza. Quando le Nazioni Unite mi chiedono chi siano i miei cittadini, rispondo che sono tutti quelli lasciati indietro, gli ultimi. Il mio ruolo come Ambasciatore è fare tutto ciò che è nelle mie possibilità per attirare l’attenzione pubblica su coloro che non possono difendersi e di cui nessuno parla”.
Come vi state organizzando per gestire i milioni di profughi in fuga dall’Ucraina?
“Siamo molto fortunati ad avere una fortissima presenza ai confini dell’Ucraina: in Slovacchia, Ungheria e Polonia abbiamo forti gruppi dell’Ordine. Attualmente abbiamo mobilitato circa 5.000 persone per far fronte a questa tragedia, coordinate con altre agenzie come Save The Children e Unicef. Ci occupiamo di procurare loro il cibo, le case, le medicine e li aiutiamo a viaggiare in altri Stati per ricongiungersi con amici o parenti. Poi ci sono i volontari: ne contiamo circa 20.000. È essenziale, in crisi come questa, che le organizzazioni collaborino e coordino le loro attività. Non sarebbe utile se ad esempio tutti procurassero cibo e nessuno si occupasse di recuperare coperte o medicine”.

L’Ordine di Malta è convinto che questo conflitto si possa risolvere con la diplomazia?
“La speranza c’è. Abbiamo sempre pensato che la diplomazia fosse lo strumento giusto per procedere, anche se non è il nostro ruolo dire ai governi cosa dovrebbero o non dovrebbero fare. Noi siamo orgogliosi di essere indipendenti e liberi di giudizio. La settimana scorsa sono stato in Siria e ho avuto l’opportunità di visitare il campo profughi, che è assolutamente orribile. Le strutture e le organizzazioni non sono all’altezza, perchè hanno davvero poche risorse. Oltre 10.000 persone vivono lì, in quello squallido campo. Abbiamo parlato con alcune di loro, molti dei più anziani erano ad Aleppo quando è stato bombardata e distrutta, ora sono andati in quel campo e non hanno alcun futuro. Hanno figli e nipoti che ci sono corsi incontro entusiasti quando ci hanno visto, volevano sapere chi fossero gli estranei venuti a visitarli. Quando li ho visti ho provato molta tristezza, perchè mi sono chiesto che tipo di futuro avranno rimanendo in un ambiente del genere. Ho paura che le stesse cose possano ora ripetersi in Ucraina, se la Russia prenderà il controllo della nazione e chiuderà i confini”.
Che importanza hanno l’ONU e le sue organizzazioni nella gestione di questa crisi?
“L’UNHCR è assolutamente indispensabile, loro coordinano i rifugiati e si assicurano che tutti gli attori coinvolti lavorino insieme e facciano il meglio che possono per supportare queste persone”.

Quali sono le sue attività diplomatiche in questo momento? So che è appena tornato da un viaggio in Turchia.
“In Turchia mi sono occupato di due cose: ho parlato di educazione e istruzione ad alcune conferenze, raccontando le Nazioni Unite e il lavoro che lì viene portato avanti in particolare sul tema dello sostenibilità e dello sviluppo insieme agli studenti dei licei e delle università. Ho poi parlato dell’agenda dell’ONU, affrontando la questione dello sviluppo tecnologico. Ora internet sta diventato frammentato, Russia e Cina hanno stabilito il loro sistema di internet. Questi sono argomenti cruciali per le Nazioni Unite”.
È una guerra che si poteva prevenire?
“È possibile prevenire ogni guerra: le Guerre Mondiali, Hitler. Siamo stati vicino allo scoppio di un conflitto tante volte, ad esempio con Cuba nel 1962. Al punto in cui siamo oggi è un altro discorso e non posso fare nessun pronostico”.

C’è un appello che l’Ordine di Malta vuole lanciare alle Nazioni Unite e al mondo intero?
“La settimana scorsa abbiamo parlato alle Nazioni Unite, sottolineando il fatto che i rifugiati ucraini non siano gli unici rifugiati al mondo. I rifugiati sono parte della fabbrica dell’umanità e ciò che possiamo fare come organizzazione è tenere sempre alta l’attenzione delle persone, senza essere spaventati. C’è paura, e Angela Merkel in questo caso deve esser menzionata per essere stata in grado di superarla, nell’accogliere i rifugiati. La Merkel ne ha accolti milioni e ha affrontato le difficoltà, ma il suo gesto è stata la cosa migliore per l’umanità e ha dato un esempio al mondo intero”.
Pensa che i media, dando costante attenzione alla conflitto e diffondendo le immagini in tutto il mondo, possano aiutare i rifugiati?
“Non penso che le persone in Russia e Cina vedano tutto ciò che accade fuori dai loro confini. Farei una distinzione: i media, per i paesi che hanno un’informazione libera, sono fondamentali, perchè le persone sono toccate dall’umanità delle immagini che arrivano dalla guerra. Quando però i canali di informazione sono controllati dai governi, allora diventano uno strumento per rafforzare il loro potere”.