Cosa ne pensa l’Onu di Fathi Bashagha neo primo ministro della Libia? Per ora, né bocciato né promosso. Rimane defilata la posizione delle Nazioni Unite, ma cambia l’atteggiamento rispetto al premier voluto dal parlamento di Tobruk che ha spodestato Abdulhameed Dbeibah dall’incarico ad interim. Nel fine settimana, la consigliera speciale del Segretario Generale, Stephanie Williams, ha incontrato entrambi i leader che si contendono il potere e ha ribadito l’importanza di mantenere la calma nell’interesse della stabilità del popolo libico e la necessità di andare avanti in modo inclusivo, trasparente e consensuale. L’Onu, dunque, attende che siano gli stessi libici a guidare il processo politico e il ruolo dell’organizzazione riprende improvvisamente quota nei colloqui di mediazione dopo il fallimento delle elezioni il 24 dicembre scorso.
Peccato che mentre sembra procedere il negoziato per il passaggio dei poteri, a Tripoli tiri una brutta aria. Dbeibah non ha alcuna intenzione di lasciare lo scettro fino a quando il popolo si recherà alle urne. I suoi difensori si sono già radunati nella capitale per sostenere la pretesa di legittimità di Dbeibah come capo del governo mentre sabato, le forze armate congiunte di Misurata, Khoms e Zlitan che lo sostengono sono confluite nella Piazza dei Martiri di Tripoli con circa 300 veicoli armati. In risposta, i collaboratori di Bashagha, ex ministro dell’Interno, ora designato nuovo leader dal parlamento, hanno annunciato l’arrivo di un convoglio di 3000 mezzi militari.
Uno scenario preoccupante che l’Onu non vuole tenere in considerazione. A farlo capire chiaramente in conferenza stampa dal Palazzo di Vetro di New York è Stephan Dujarric, portavoce del Segretario generale, che alla nostra domanda sulla possibilità che l’attuale premier venga estromesso dal potere con la forza, ha detto: “non ho intenzione di speculare sugli scenari che si elaborano. Ciò che è chiaro, da parte nostra, è che non dovrebbe esserci violenza… I leader libici devono mettere, prima di tutto, gli interessi del popolo libico”.