In Myanmar è una carneficina. Nella giornata dedicata alle forze armate, i militari golpisti si sono autocelebrarti con una grande parata nella capitale Naypyidaw e hanno ucciso in massa i manifestanti che provavano a sfidarli. I soldati hanno sparato alla schiena e alla testa dei civili senza distinzioni. Il bilancio delle vittime è di 107 morti accertati, tra cui anche donne e bambini di età compresa tra i 5 e 13 anni. Il 27 marzo si è rivelato così il giorno più sanguinoso dal colpo di stato del 1° febbraio.
Con una dichiarazione rilasciata dal suo vice portavoce, Farhan Haq, il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres ha condannato questa strage con la massima fermezza. “La continua repressione militare… è inaccettabile e richiede una risposta internazionale ferma, unificata e risoluta. È fondamentale trovare una soluzione urgente a questa crisi“. Ma a causa della resistenza di Russia e Cina, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non può intervenire. Non è un caso, infatti, che le delegazioni diplomatiche di entrambi i paesi abbiano partecipato alla parata. E nelle immagini mandate in onda in tv è presente anche Alexander Fomin, viceministro della Difesa della Federazione Russa. La debole unità del Consiglio di Sicurezza era emersa già quattro giorni dopo il golpe, quando la leader Aung San Suu Kyi è stata arrestata insieme ad altri esponenti del suo partito.
Non solo l’Onu, ma anche l’Ue e il Regno Unito hanno condannato fortemente la violenta repressione dei civili. Gli Stati Uniti si sono detti “inorriditi“, e Anthony Blinken, nuovo Segretario di Stato USA, ha paragonato il regime dei golpisti al “regno del terrore”.
Numerosi sono stati gli appelli alla comunità internazionale, che finora hanno però portato ben pochi risultati.